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Urania - Asimov d'appendice
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I VERI DOMINATORI - Isaac Asimov
Titolo originale: The true rulers

Ho sempre pensato che la storia dell'antica Grecia sia un'autentica miniera d'oro di storie interessanti, e per qualche ragione le ricordo tutte quante.
Prendiamo per esempio un personaggio come Temistocle. Questi era il leader ateniese che aveva persuaso i suoi concittadini ad allestire una flotta mentre erano in attesa nell'attacco dei persiani. Nel 480 a. C. i persiani arrivarono, dilagando da nord, si impadronirono di Atene e la bruciarono. Gli ateniesi intanto erano fuggiti sulle isole, sotto la protezione della flotta ateniese, e ora proprio quella flotta (più altre navi inviate da altre città greche) stava aspettando al varco la flotta persiana nell'angusto stretto tra Atene e l'isola di Salamina.
Il comandante ufficiale della flotta era Euribiade di Sparta (che allora, tra le città greche, era la prima potenza militare). Ma gli spartani, che erano coraggiosissimi a terra, si sentivano piuttosto a disagio sul mare, così Euribiade era intenzionato a ritirarsi per proteggere Sparta, visto che Atene era già stata distrutta. Temistocle, invece, voleva rimanere per combattere e perorò la propria causa con tanta energia e insistenza che Euribiade, esasperato da quel torrente di eloquenza, sollevò minacciosamente il bastone simbolo del suo potere. Al che Temistocle allargò le braccia.
- Colpisci pure - gli disse - ma ascoltami.
Euribiade decise di rimanere. Temistocle, tanto per essere sicuro che quello non cambiasse idea, inviò un messaggero al re persiano Serse, consigliandogli di stazionare le sue navi alle due estremità dello stretto di Salamina per prendere in trappola la flotta greca.
Al mattino, le navi greche si trovarono così imprigionate e non ebbero altra scelta che combattere, riuscendo ad annientare i persiani. La battaglia di Salamina fu l'episodio risolutivo di quella guerra.
Dopo la battaglia, i comandanti delle navi greche si riunirono per votare chi avrebbe dovuto ricevere il premio per aver conseguito quella grande vittoria. Ogni comandante votò in primo luogo per se stesso, e in secondo luogo per Temistocle.
Si racconta poi che Temistocle, ormai al culmine della fama, sia stato deriso da un greco di una piccola cittadina di secondaria importanza, il quale gli disse: - Tu non avresti mai raggiunto la fama, se fossi nato nella mia piccola cittadina. - Al che Temistocle prontamente gli rispose, dicendo: - Neanche tu, se per ventura fossi nato ad Atene.
Ma la storia che preferisco riguardo Temistocle è quella in cui questi indicò il proprio figlio in fasce e disse: - Ecco il dominatore della Grecia.
- Quel bambino? - chiese qualcuno, stupito.
- Proprio così - disse Temistocle - perché Atene governa la Grecia, io governo Atene, mia moglie governa me e quel bambino governa mia moglie.
Perciò vediamo adesso chi è che governa la terra e permettetemi in proposito di fare ricorso a un articolo che ho scritto e pubblicato nel febbraio 1973, intitolato "Attraverso il microscopio". Intendo riprendere quell'argomento, primo, perché è stato scritto ben 17 anni fa e a qualcuno di voi potrebbe essere sfuggito, e in secondo luogo perché l'argomento è ora visto sotto una diversa angolazione.

Nella seconda metà del Seicento, c'era un olandese, Anton van Leeuwenhoek (1632-1723), che aveva l'hobby di molare piccole ed eccellenti lenti attraverso le quali riusciva a vedere gli oggetti ingranditi fino a duecento volte. Alcuni di questi non erano più grandi della capocchia di uno spillo, ma grazie a queste lenti, van Leeuwenhoek era in grado di vedere gli oggetti piccolissimi più chiaramente di qualsiasi altra persona del suo tempo. In cinquantanni molò un totale di 419 lenti e si occupò di questa attività fino alla fine della sua lunga vita.
Fu lui il primo a scoprire, nel 1673, gli organismi monocellulari, troppo piccoli per essere visibili senza microscopio, ma senza dubbio vivi quanto la più grossa delle balene. E, grazie alle sue lenti, gli fu possibile osservare i capillari, i globuli rossi del sangue, le cellule del lievito e gli spermatozoi.
La sua principale scoperta avvenne però nel 1683 quando osservò e disegnò l'aspetto delle cose più piccole che le sue migliori lenti gli mostravano. Non sapeva di che si trattasse e nessun altro le avrebbe riviste per un secolo ancora, ma, osservando i disegni da lui fatti, sappiamo che van Leeuwenhoek fu il primo uomo a vedere i batteri.
Naturalmente non è con questo nome che li chiamò van Leeuwenhoek, il quale definì tutti i minuscoli esseri viventi che vide "animalcules" (ossia "animaletti", in latino). Oggi noi li raggruppiamo sotto il nome di "microrganismi", che in greco vuol dire la stessa cosa.
La prima persona che cercò veramente di studiare i batteri fu un biologo danese, tale Otto Friedrich Muller (1730-1784), le cui osservazioni apparvero in un libro che fu pubblicato postumo nel 1786.
Questi fu il primo a cercare di classificare in generale i microrganismi in categorie, vale a dire in specie e generi, secondo l'inquadramento dato mezzo secolo prima dal naturalista svedese Carlo Linneo (1707-1778). Linneo però aveva lavorato su piante e animali facilmente visibili a occhio nudo e aveva potuto effettuare le classificazioni sulla base di differenze e analogie chiaramente visibili.
I microrganismi, invece, erano piccolissimi, e pochissimi erano i particolari che si potevano riscontrare su di essi Non si poteva fare molto, insomma oltre a giudicarli in base alle loro forme in generale, specialmente nel caso dei batteri. In parole povere, era come cercare di classificare piante e animali normali a seconda delle ombre che proiettano. Muller però notò che alcuni batteri avevano la forma di bastoncini mentre altri avevano una forma a cavatappi. Chiamò allora i primi "bacilli", "bacillus" al singolare (in latino "bacchette") e i secondi "spirilla", "spirillum" al singolare (che in latino vuol dire "spiraline"). In italiano moderno si utilizzano di solito i termini di bacillo/bacilli e di spirillo/spirilli.
Oggi quando si parla di spirilli ci si riferisce proprio al tipo di microrganismi a cavatappi, mentre bacilli, a volte, è sinonimo di batteri in generale.
Ai tempi di Muller non sembrava davvero probabile che si potesse mai riuscire a vedere i batteri più chiaramente di quanto fosse riuscito a Muller stesso. Le lenti utilizzate allora nei telescopi rifrangevano la luce in modo diverso a seconda del variare della lunghezza d'onda. Così si poteva mettere a fuoco una lunghezza d'onda, ma le altre rimanevano sfocate e apparivano come anelli scuri di colore attorno all'oggetto che si cercava di vedere.
Nel 1830, però, un fabbricante inglese di lenti, Joseph Jackson Lister (1786-1896), riuscì a produrre lenti per microscopio da due diversi tipi di vetro. Ognuno di questi rifletteva la luce in modo diverso rispetto alla lunghezza d'onda, e se venivano combinati nel modo giusto gli effetti cromatici dell'uno venivano annullati da quelli dell'altro. Era la "lente acromatica" (dal greco, e significa "nessun colore").
Utilizzando così "microscopi acromatici" si poteva ottenere una messa a fuoco nitida senza gli anelli oscuranti di colore, e solo allora fu possibile studiare in modo decisivo oggetti piccoli come i batteri.
Poi, dopo il 1860, il chimico francese Louis Pasteur (1822-1895) cominciò a sostenere che le malattie infettive erano la conseguenza della diffusione di specifici microrganismi da una persona all'altra. Si trattava della più grande scoperta medica di tutti i tempi e servì a richiamare l'attenzione sui microrganismi.
Ispirato dall'opera di Pasteur, il botanico tedesco Ferdinand Julius Cohn (1828-1898) fu il primo scienziato a dedicare tutta la sua vita a ricerche sui batteri. Nel 1872 pubblicò un trattato in tre volumi sui batteri, col quale si può dire che siano state gettate le fondamenta della scienza batteriologica, la batteriologia. Cohn proseguì anche nella classificazione dei batteri, e fu il primo a descrivere le spore batteriche e la loro resistenza perfino alla bollitura.
Mantenne la divisione dei batteri in bacilli e spirilli fatta da Muller, ma andò oltre. Notò per esempio che alcuni dei batteri a bastoncino erano più lunghi degli altri e a essi riservò la parola "bacilli", mentre per quelli più corti fu il primo a utilizzare il termine di "bacteria" ("bacterium" al singolare, che in latino vuol sempre dire "bastoncini"), ossia, in italiano, batteri.
Per qualche ragione, in seguito il termine di batteri sarebbe diventato quello di uso più comune per indicare i microrganismi in generale, anche se furono impiegati altri termini. Così, il patologo tedesco Christian A. T. Billroth (1829-1894) definì "cocci" (singolare "coccus", "bacca", in greco), i batteri aventi la forma di minuscole sfere. Alcune varietà di cocci, sono lo "streptococco", lo "stafilococco" e il "pneumococco".
Poi ci fu il biologo francese Charles Sedillot che introdusse il termine di "microbo" ("piccola vita", in greco) per indicare tutti i minuscoli organismi che provocano malattie, putrefazione o fermentazione. Anche la parola microbo viene a volte riferita a tutti i batteri in generale.
Un termine ancora più generico, che entrò nell'uso all'inizio del XIX secolo, è quello che risulta meno applicabile ai batteri, ma che viene spesso impiegato in tal senso dai profani. Si tratta del termine "germe" (che viene dal latino e significa "germoglio") e può essere impiegato per indicare qualsiasi oggetto piccolissimo da cui può originarsi la vita.
Così, la porzione di un seme che contiene il materiale vivente vero e proprio può essere considerato il germe, tanto che si parla di "germe di grano". La vita ha origine dall'incontro degli spermatozoi con gli ovuli, per cui questi microrganismi sono chiamati "cellule germinali". Nell'embrione in via di sviluppo, il gruppo originario di cellule da cui si sviluppano alla fine gli organi sono detti "strati germinali".
C'è da notare che la teoria espressa da Pasteur sulle malattie infettive è in genere definita "la teoria germica della malattia", il che in effetti è esatto, in quanto i batteri non sono i soli organismi patogeni esistenti. Le malattie possono anche essere provocate da virus, muffe, protozoi, vermi parassiti e così via.

La proprietà più appariscente che distingue i batteri dalle altre cellule è data dalle dimensioni. Gli organismi monocellulari che non sono batteri possono essere abbastanza grandi da risultare appena visibili all'occhio nudo. Ed è ovvio che debbano essere di grosse dimensioni in quanto devono contenere in un'unica cellula tantissime funzioni. Un'ameba, per esempio, ha un diametro di circa 200 micron (1/5 di millimetro).
Le cellule che costituiscono i microrganismi multicellulari sono più piccole di questa, in quanto non devono trasportare con sé tutto il carico di materiale genetico necessario per la vita indipendente. La cellula del fegato umano, per esempio, ha un diametro di circa 12 micron. In un'ameba ci starebbero quindi ben 2400 cellule epatiche umane.
Un batterio tipico, comunque, ha in generale un diametro di soli 2 micron. I batteri sono i più piccoli esseri viventi indipendenti esistenti sulla terra, o forse addirittura i più piccoli che possano esistere. 1 batteri più piccoli a noi noti hanno un diametro di 0.02 micron. Per occupare lo spazio di una cellula di ameba ne occorrerebbero duecento milioni (ci sono anche oggetti viventi, detti virus, più piccoli dei batteri, ma nessuno di loro vive in modo indipendente, in quanto possono crescere e riprodursi solo all'interno di una cellula vivente).
Dove si collocano allora i batteri nella gerarchia della vita? Quando ero giovane avevo appreso che tutte le forme di vita rientravano in "due regni", quello vegetale e quello animale. E avevo sentito che i batteri venivano collocati, seppure a fatica, nel regno vegetale. Secondo un altro tipo di suddivisione, si potevano inserire nel regno vegetale e in quello animale solo le forme di vita multicellulare, mentre le forme di vita monocellulare rientravano in un terzo regno chiamato "Protisti" (dal greco "protos", primo).
Per comprendere l'attuale punto di vista, dobbiamo risalire al 1831, quando il botanico inglese Robert Brown (1773-1858) fu il primo a notare che all'interno delle normali cellule esistevano delle piccolissime strutture. Queste furono chiamate "nuclei", singolare "nucleus" (che in latino significa "nocciola"), e in italiano "nuclei", perché erano stati trovati all'interno della cellula, proprio come una noce dentro il suo guscio.
Come si scoprì poi, è proprio il nucleo di una cellula quello che contiene il materiale genetico che sovrintende alla riproduzione cellulare. Il materiale genetico si duplica durante la divisione cellulare e si trasmette in copia più o meno fedele dalla cellula madre alla cellula figlia e, in senso lato, dall'organismo genitore, all'organismo figlio.
Ogni cellula completa di tutti gli organismi multicellulari contiene un nucleo, sia che si tratti di organismi vegetali sia animali (per la precisione esistono anche cellule incomplete come i globuli rossi che non contengono nuclei, ma questi hanno vita breve e non crescono né si dividono).
Gli animali e i vegetali multicellulari, perciò, possono essere raggruppati insieme, in quanto costituiti da cellule nucleate o "eucarioti" (in greco "vere cellule"). Inoltre, sono eucarioti le cellule monocellulari e le cellule vegetali monocellulari come le "alghe". In altre parole, vegetali e animali, comprese tutte le forme multicellulari, e le forme monocellulari di maggiori dimensioni, possono essere considerati appartenenti ad un "superregno" di "eucarioti".
Le cellule dei batteri, invece, non sono munite di nucleo. Contengono però materiale genetico, che è assolutamente indispensabile perché possano crescere e moltiplicarsi. In questo caso tale materiale genetico, invece di essere racchiuso in un nucleo, è distribuito per tutto il batterio. Oppure, si potrebbe anche dire che la cellula batterica è in pratica un nucleo cellulare vivente indipendente, e appunto per questo è così piccolo (la cellula batterica, tuttavia, contiene anche strutture che, negli eucarioti, sono presenti all'esterno del nucleo).
Le cellule batteriche (e anzi, qualsiasi cellula) che non contengono un nucleo ben delimitato, ma il cui materiale genetico è distribuito per tutta la cellula, sono dette "procarioti" (che in greco significa "prima del nucleo") e potrebbero essere considerate come facenti parti del superregno dei "Procarioti". In pratica, tutte le forme di vita verrebbero suddivise in due categorie: i batteri e tutte le altre.
La parola procariota implica che i batteri sono più primitivi degli eucarioti e quindi che potrebbero essere esistiti ed essersi evoluti prima degli eucarioti.
Se riandiamo a esaminare le testimonianze fossili, troviamo che abbiamo a che fare con i superstiti di esseri multicellulari di complessità più o meno pari alla nostra, e molti dei quali sono di dimensioni piuttosto grandi. Dalla somiglianza che tutti questi fossili presentano con gli esseri viventi attuali, è evidente che si tratta di eucarioti.
I più vecchi fossili reperibili risalgono a circa seicento milioni di anni fa e non possono rappresentare le più vecchie forme di vita, perché perfino i fossili più vecchi sono di struttura piuttosto complessa e devono avere già avuto una lunga storia evolutiva. Inoltre la terra deve avere un'età di circa 4,6 miliardi di anni, di modo che i normali resti fossili occupano solo poco più dell'ultimo ottavo della storia planetaria e resta ancora parecchio tempo a disposizione per una precedente evoluzione.
In effetti i fossili che studiamo di solito sono soprattutto quegli organismi multicellulari che sono riusciti a sviluppare strutture resistenti: gusci, ossa, denti, che si fossilizzano con facilità. Prima di essi devono esserci stati organismi multicellulari privi di parti dure, i cui primi esemplari potrebbero risalire a ottocento milioni di anni fa.
Ma possiamo andare ancora più indietro. Il paleontologo americano Elso Sterrenberg Barghoorn (1915-1984) ha iniziato a lavorare, a partire dal 1954, su rocce molto vecchie nell'Ontario meridionale. Ne ha tagliato sottili fette e le ha studiate al microscopio, individuandovi strutture circolari di dimensioni paragonabili a quelle dei protozoi. Inoltre, all'interno di questi campioni, c'erano tracce di strutture più piccole assomiglianti al tipo di strutture contenute all'interno delle cellule.
Sembrava chiaro che queste strutture fossero fossili di organismi monocellulari e i più vecchi di questi sembrano risalire a 1,4 miliardi di anni fa. Un'età quasi doppia di quella dei più antichi organismi multicellulari, ma anche così la storia degli eucarioti sembra ricoprire solo poco più dell'ultimo terzo dell'esistenza della terra. Inoltre gli eucarioti sono sufficientemente complessi, perfino nella loro forma monocellulare, da richiedere una lunga storia evolutiva.
Di sicuro Barghoorn e i suoi colleghi individuarono strutture estremamente minute in rocce che erano assolutamente troppo vecchie per contenere eucarioti. Ora sembra che la comparsa dei procarioti sia avvenuta moltissimo tempo prima di quella degli eucarioti. I più vecchi esemplari di procarioti finora trovati sono stati reperiti in rocce che risalirebbero a 3,5 miliardi di anni fa.
Questo significa che i procarioti sono comparsi sulla terra quando il nostro pianeta aveva al più 1 miliardo di anni, rimanendo in seguito l'unica forma di vita per più di 2 miliardi di anni. Per tutto questo periodo di tempo sono rimasti le forme di vita dominanti, i veri signori della terra.

Una volta sviluppatisi gli eucarioti questi sembrano avere assunto il dominio del pianeta, prima sotto la loro forma di piante e animali monocellulari e poi come animali di vario genere. Gli organismi predominanti di mare (pesci) e quelli di terra (anfibi, poi rettili, quindi animali e infine in particolare l'uomo) sono tutti eucarioti.
Ma che cosa significa "dominare"? La massa della vita vegetale sulla terra è dieci volte quella della vita animale e gli animali possono vivere solo come parassiti del regno vegetale. Se tutte le piante dovessero scomparire, tutta la vita animale le seguirebbe presto sulla strada dell'annientamento. Se invece tutti gli animali dovessero scomparire, gran parte del mondo vegetale continuerebbe a sopravvivere.
Ad un osservatore extraterrestre veramente obiettivo, la terra potrebbe sembrare un mondo di vegetali, in cui sono dominanti alcune specie avanzate di alberi, con la presenza ingombrante e non necessaria di parassiti mobili indipendenti. (Dopo tutto, gli esseri umani sono composti di migliaia di miliardi di cellule umane, che vivono infestati dalla presenza ingombrante e non necessaria di parassiti presenti sulla pelle e nell'intestino. Ma, tali parassiti, pur vivendo su di noi, non per questo sono i nostri dominatori.)
Guardiamo allora il problema da un altro punto di vista. Come si sono sviluppati gli eucarioti? Secondo alcuni, gli eucarioti avrebbero avuto origine attraverso la cooperazione e l'eventuale amalgama di procarioti di vario tipo.
Così, i procarioti dotati di ben sviluppati meccanismi genetici si sono combinati con altri procarioti dotati di sistemi ben sviluppati in grado di gestire l'ossigeno libero. In combinazione, gli eucarioti primitivi si sono sviluppati con un nucleo che si è ben adattato al funzionamento genetico, e all'esterno con mitocondri bene adattatisi a gestire l'ossigeno. Altre parti ancora della cellula hanno avuto origine da procarioti specializzati.
In breve, gli eucarioti potrebbero essere semplicemente combinazioni di procarioti, esattamente come le piante e gli animali multicellulari sono combinazioni di eucarioti. Questo punto di vista è sostenuto a spada tratta dal biologo americano Lynn Margulis (n. 1938).
Potremmo quindi considerare tutte le forme di vita della terra suddivise in tre classi: 1) procarioti, come i batteri; 2) combinazioni di procarioti, come le amebe; e 3) combinazioni di combinazioni di procarioti, come gli esseri umani.
Per fare un paragone, questa struttura è analoga a quella degli Stati Uniti, in cui uno Stato è dato da una associazione di persone e il governo federale è dato da un'associazione di Stati, (cioè, una combinazione di combinazioni di persone).
Un buon governo efficiente umano è in grado di fornire al suo popolo una qualità di vita superiore a quella di cui godrebbe ogni individuo se vivesse assolutamente isolato e dipendesse unicamente dalle proprie risorse, ma fondamentali per il buon governo sono pur sempre gli individui. Dopo tutto, gli individui potrebbero esistere ugualmente, sia pure allo stato selvaggio e impoveriti, anche senza governo, ma il governo non può esistere senza gli individui.
Ecco allora la tentazione di dire che sono i procarioti a governare ancora oggi la terra.
Ma vediamo il problema da un altro punto di vista. Sebbene gli eucarioti abbiano avuto origine 1,4 miliardi di anni fa, e i primi organismi multicellulari forse ottocento milioni di anni fa, i procarioti esistono ancora e ancora prosperano.
Anzi esistono in tal numero e si moltiplicano così rapidamente che si evolvono a ritmo molto più rapido di quello degli eucarioti, sia mono che multicellulari. La conseguenza è stata che i procarioti si sono evoluti in nicchie ambientali che gli eucarioti non sono in grado di gestire. Per esempio, sopravvivono a temperature e a concentrazioni saline che ucciderebbero qualsiasi eucariota. Vivono su composti inorganici che non riuscirebbero a supportare altre forme di vita. Sotto forma di spore, sono in grado di sopravvivere a condizioni estremamente disagevoli per tempi più lunghi di qualsiasi altra forma di vita. Quando mettiamo a punto sostanze chimiche capaci di ucciderli, riescono ad adattarvisi in modo graduale di modo che se vogliamo tenerli sotto controllo siamo costretti a cercare nuovi veleni. Sono ultraresistenti e quando arriverà il momento in cui una distruzione cosmica o umana annienterà la vita in generale, i procarioti saranno gli ultimi a sparire, e magari riusciranno a sopravvivere anche se spariranno tutte le altre forme di vita.
Chi sono, dunque, i veri signori della terra, se riflettiamo senza pregiudizi e senza lasciarci accecare dalla stima che abbiano per noi stessi?

Rimane a questo punto ancora aperta la questione della classificazione dei batteri. I primi batteriologi, come Muller e Cohn, cercarono di suddividerli in base al solo aspetto e ci siamo ritrovati alla fine con una sfilza di nomi che non ci spiegano qual è la relazione che intercorre tra le diverse specie.
Alla fine, col migliorare delle tecniche biochimiche, a mano a mano che i batteriologi imparavano a studiare la natura chimica dei costituenti le cellule, i geni da esse posseduti, i tipi di reazioni chimiche provocate, sono migliorate le possibilità di mettere in luce le relazioni e l'evoluzione dei procarioti.
Un recente sistema messo a punto per giudicare le relazioni batteriche si basa sui "ribosomi", che sono piccoli oggetti presenti all'interno di tutte le cellule, sia eucarioti sia procarioti, e che prendono parte alla produzione di proteine. Poiché il carattere distintivo di ogni cellula è determinato dalle reazioni chimiche che avvengono in essa e poiché queste reazioni chimiche dipendono dalla natura delle proteine formatesi, sembrerebbe che i ribosomi possano cambiare nel tempo solo con lentezza (non hanno molta possibilità di manovra nel formare i vari tipi di proteine). Perciò, l'entità della differenza tra ribosomi potrebbe misurare con una certa precisione la distanza evolutiva tra due specie di organismi.
In base al metro ribosomico, si vede che i batteri rientrano in due gruppi distinti. Ci sono i batteri ordinari in cui ci imbattiamo più di frequente, le cui reazioni chimiche sono molto simili a quelle delle cellule in generale e questi sono gli "eubatteri" (dal greco "veri batteri").
Ma ci sono anche batteri che sembrano assolutamente diversi sotto il profilo ribosomico e che presentano come del resto è logico reazioni chimiche e meccanismi vitali molto insoliti. Questi sono gli "archeobatteri" (dal greco "vecchi batteri").
Gli archeobatteri e gli eubatteri differiscono tra di loro per chimica ribosomica quanto ognuno di loro differisce dagli eucarioti. Ciò significa che oggi possiamo suddividere tutti gli organismi viventi sulla terra (e di cui siamo a conoscenza) in tre superregni: eucarioti, eubatteri e archeobatteri.
È presumibile che gli archeobatteri siano tra i più vecchi e più primitivi degli organismi viventi autonomi da noi conosciuti, e si suddividono in tre gruppi noti. Ci sono i batteri che non possono utilizzare l'ossigeno e hanno una chimica che termina nella produzione di metano e non di biossido di carbonio: sono i "metanogeni" (dal greco "produttori di metano"). Poi ci sono i batteri che prosperano in acque calde e acide e questi sono i "termoacidofili" (dal greco "amanti dell'acqua calda"). Infine ci sono quelli che preferiscono l'acqua molto salata e sono gli "alobatteri" (dal greco "batteri del sale").
Queste tre varietà note di archeobatteri hanno avuto presumibilmente origine da un antenato comune che ci è tuttora ignoto, o perché non esiste più, o perché non l'abbiamo ancora scoperto. Un nome che vedo impiegare per questo gruppo assai primitivo di cellule è "progenoti" (che in greco significa "prima della nascita").
Può darsi che proprio da questi archeobatteri abbiano avuto origine gli eubatteri e gli eucarioti. Non sappiamo però se abbiano avuto origine separatamente da gruppi diversi di archeobatteri. Un'ipotesi vuole che i primi eubatteri si siano evoluti dai termoacidofili e i primi eucarioti dai metanogeni, ma non ne sono del tutto convinto.
Secondo me hanno avuto origine per primi gli eubatteri da un gruppo di archeobatteri, e poi si sono sviluppati gli eucarioti da combinazioni di eubatteri. Questa ipotesi non è suffragata da prove, ma mi sembra logica.
Gli eubatteri si suddividono in numerosi sottogruppi, tra i quali è particolarmente interessante un gruppo che contiene clorofilla. Dal momento che i più noti organismi monocellulari contenenti clorofilla sono le alghe, questi batteri sono stati a lungo chiamati "alghe verdazzurre" per il loro colore.
In realtà non si tratta affatto di alghe. Le alghe sono eucarioti e le cosiddette "alghe verdazzurre" sono procarioti. Le due forme appartengono a regni diversi.
Per questa ragione le "alghe verdazzurre" sono state inizialmente chiamate "verdazzurre", poi "cianobatteri" (dal greco "batteri azzurri").
I cianobatteri potrebbero essersi quindi combinati con altri eubatteri, formando quelli che oggi sono chiamati "cloroplasti", cioè le strutture contenenti clorofilla presenti nelle cellule vegetali.
I cianobatteri hanno anche prodotto ossigeno nei due miliardi di anni in cui forse sono stati gli unici fotosintetizzatori esistenti sulla terra. È appunto a loro che noi dobbiamo gli stadi iniziali della formazione dell'atmosfera a base d'ossigeno che ci mantiene tutti in vita.

FINE