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Urania - Racconti d'appendice
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IL TERZO MILLENNIO - Arnold Bookworm

Il computo degli anni, imposto con l'andar del tempo dalla civiltà cristiano-occidentale a tutta l'umanità, indica che stiamo per arrivare alla fine del secondo millennio.
Esistono però decine di calendari diversi elaborati dalle varie civiltà, che si basavano sempre sugli eventi che le caratterizzavano o che avevano dato loro principio. I Romani, per esempio, e come ricorda ogni studente oppresso dal latino, contavano gli anni a partire ab urbe condita, ovvero dalla presunta fondazione della città.
Gli ebrei contano gli anni a partire dalla creazione del mondo secondo calcoli desunti da un'attenta lettura del Vecchio Testamento, il che fa loro collocare l'inizio della storia a quello che per noi equivale al 3761 a. C.. Come dire che attualmente si vengono a trovare ben oltre il quinto millennio.
I musulmani, dal canto loro, fanno risalire la loro storia al 622 d. C., anno dell'Egira di Maometto. Dovranno così attendere ancora un bel po' prima di raggiungere il traguardo che in Occidente ci apprestiamo a festeggiare in una variegata quantità di modi, con speranza e ottimismo da parte di molti, con oscuri presentimenti da fine del mondo da parte di altri. Nel solco della tradizione laico-umanista affermatasi con l'espandersi del pensiero scientifico nella civiltà occidentale in quest'ultimo secolo, due scienziati scrittori si sono imbarcati nel non facile compito di illustrare il secolo prossimo venturo alla luce di quanto già oggi ci dà la tecnologia, e di quanto ci potrà dare prevedendone l'evoluzione secondo schemi possibilisti.
Scritto alla fine del terzo millennio, il libro che Mondadori ha appena distribuito nelle librerie (Il terzo millennio, Varia fantascienza, Lire 35000) ripercorre a ritroso la storia tornando alle proprie radici, quelle poste dalla nostra generazione sul finire di questo secolo.
Alle soglie dell'anno Mille - senza voler considerare le paure legate a una certa interpretazione del Vangelo (la famosa frase "Mille e non più mille", letta anche ora da molti catastrofisti come un annuncio della fine del mondo entro i prossimi tredici anni) - era praticamente impossibile dire come si sarebbe evoluta l'Umanità. La scienza era ancora qualcosa di là da venire, Stati e nazioni erano concetti inusuali e al di là dell'immaginazione, anche la più sfrenata, di qualsiasi essere umano. Quanto si poteva ragionevolmente prevedere era un lento miglioramento delle condizioni di vita comuni - più che altro si trattava di una speranza che non di qualcosa di pronosticabile con relativa sicurezza - ma la concettualità di base della maggioranza era ancora legata alle radici delle tradizioni greco-romane, estinte ormai da tempo, e ingabbiata da una religiosità vissuta e predicata più come spauracchio della morte che come atto d'amore.
Anche nei secoli successivi le grandi scoperte e le invenzioni destinate a cambiare la vita dell'umanità furono avvenimenti che incisero scarsamente sui contemporanei. I cambiamenti avvenivano col ritmo lento della civiltà contadina, legata alla terra e al mutare delle stagioni e non ancora in grado di intervenire sul processo naturale. È a partire dal secolo scorso che le invenzioni cominciano a cambiare l'esistenza dei contemporanei. Non occorre più attendere decenni, quando non addirittura secoli, perché l'idea fulminante dell'inventore possa incontrarsi con la tecnologia che le consenta di realizzarsi in tempi brevi.
Il meccanismo di Antikitera, basato sull'uso del differenziale in tempi in cui non ne era nemmeno stata teorizzata la possibilità, la cosiddetta "pila di Baghdad", che funzionava con mescolanze di succhi vegetali, sono invenzioni notevoli che l'umanità ha dovuto ripetere a distanza di molti secoli perché, al loro apparire, la tecnologia appropriata ancora non esisteva.
Brian Stableford, laureato in lettere e biologia, e David Langford, una laurea in fisica, tutt'e due con un background di autori di racconti e romanzi di fantascienza (il primo ha al suo attivo una trentina di romanzi, mai pubblicati in Italia) sono i due audaci scrittori che hanno tentato l'immane sforzo di raccontare i nostri prossimi mille anni, e l'hanno fatto alla luce degli orientamenti del pensiero scientifico attuale e tenendo conto delle tendenze possibili di storia, politica e sociologia.
Un'impresa che poteva essere ritenuta impossibile ancora una trentina di anni fa, ma che oggi, pur con tutte le incognite che si porta appresso un'elaborazione scientifica su un tempo così lungo, ha buone probabilità di poter centrare più di un bersaglio.
In bilico tra il saggio storico-scientifico e il romanzo di fantascienza, Il terzo millennio si presenta così come un vasto affresco possibilista di quello che l'umanità potrà attendersi nel futuro che le si stende innanzi. Futuro che non è più terra incognita, non è più un territorio inesplorabile, ma già da ora mostra quali linee di tendenza svilupperà.
Il 16 settembre s'è tenuto a Milano un convegno dal titolo umanistico-enigmistico Quo vadis, homo?, in cui esperti provenienti da tutto il mondo hanno cercato di fare il punto della situazione proiettando i dati oggi noti per illuminare il futuro prossimo.
La notazione più importante, quella per lo meno che più ci ha colpito fra le tante ascoltate, è che il Sistema può essere controllato mediante equazioni matematiche che, puntualmente, riescono a elaborare comportamenti e indirizzi della società. Da quanto è risultato dal convegno, che pur procedendo nella più completa estraneità al volume di Stableford e Langford ne completava, da un punto di vista realisticamente terra-terra, certa visionarietà, s'è per esempio appreso che la tecnologia, per intenderci, i computer, avrà un impatto inferiore sull'umanità di quanto ne ha avuto la diffusione, ora praticamente su scala mondiale, della tv, vale a dire che l'informazione parcellizzata, messa alla portata di tutti, è quanto di più dirompente l'uomo abbia mai avuto a sua disposizione. E un volume come Il terzo millennio, pur nella sua astrazione letteraria, potrà diventare una piccola ma importante pietra miliare nel cammino della conoscenza.

FINE