Science Fiction Project
Urania - Racconti d'appendice
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UNA GITA AL MARE - Fabio Lombardi

Remo spalancò le imposte e respirò l'aria fresca del mattino. Gonfiò i polmoni. Una serranda venne sollevata con pigrizia nel palazzo di fronte e un volto assonnato si affacciò alla finestra. Un gatto giallo uscì lento da un cortile, sbadigliando. Remo guardò l'orologio. Sette e mezzo. Nessuna fretta, decise. Ci voleva solo un'ora per arrivare a Cervia. Potevano prendersela comoda. Preferiva passare diversamente la domenica, leggere, guardare la televisione, ma aveva promesso una gita al piccolo Gilberto e non voleva deluderlo. Una pioggia opportuna, qualche nuvola, avrebbero fornito un pretesto per escludere la gita al mare, invece, purtroppo, il tempo era magnifico. Valeria venne fuori dalla camera da letto mostrando un viso pesto e occhi intorpiditi dal sonnifero. Remo preparò la colazione. Abbassò la maniglia, senza far rumore, entrò nella stanza del bambino e si avvicinò al pigiama rosso che distingueva nella penombra. Esplose un lampo accecante. Vide il fuoco, le macerie, cadaveri lattiginosi, irrigiditi, allineati sull'asfalto come strisce pedonali. Si appoggiò al muro, barcollando. L'allucinazione era scomparsa, restava solo uno sciame di puntini luminosi. Gilberto accese la lampada sul comodino e guardò il padre.
- È già ora di alzarsi? - chiese.
Remo si staccò dal muro.
- La colazione è pronta - disse.
Quando Gilberto si convinse che non era il caso di portare giocattoli ingombranti, quando Valeria trovò l'olio abbronzante, finalmente Remo ingranò la marcia, strinse il volante della sua vecchia automobile e premette l'acceleratore. Valeria accese la prima sigaretta. Indossava pantaloni di cotone e una maglietta a righe. Una fascia raccoglieva i capelli neri. Il viso pallido, scarno, mostrava la stanchezza accumulata in troppe ore di lavoro e l'ansia di risolvere problemi tecnici pressanti.
- Rilassati - disse Remo. - Le scartoffie legali aspetteranno fino a domani.
Valeria scosse le spalle.
- Non potevo permettermi di buttare via un giorno intero. Ho un contratto difficile da stendere, e domani...
- Non pensarci.
- Quando arriviamo? - strillò Gilberto. - Voglio un gelato! Ho fame! Ho dimenticato le pinne, accidenti!
- Non imprecare - rispose Valeria, distrattamente.
Si fermarono sull'autostrada per un caffè e per acquistare i giornali. Sul Resto del Carlino, in prima pagina, un articolo commentava l'aggravarsi della situazione politica. Tutti i diplomatici russi erano stati espulsi dagli Stati Uniti. Aerei sovietici volavano a bassa quota sulla flotta americana che incrociava nel Mediterraneo. Un missile di provenienza ignota aveva colpito una base militare in Spagna. Remo buttò via il giornale.
- Non voglio sapere nulla - decise.
Trovarono un ingorgo all'uscita dell'autostrada. Le macchine serrate in doppia fila procedevano con lentezza esasperante. Ci volle mezz'ora per superare l'intasamento. Un agente della polizia stradale divideva il traffico deviando le automobili sulla corsia opposta, a intervalli, come una valvola che alternasse il passaggio di corrente in un circuito elettrico. Una motocicletta era accartocciata sull'asfalto. Remo aprì lo sportello.
- Ci sono feriti? - chiese. - Se posso essere utile... Sono un medico.
Il poliziotto rispose con rabbia.
- Si allontani! - disse.
All'improvviso, per un istante, Remo non vide più alberi sul ciglio della strada, solo mozziconi neri, carbonizzati. Un deserto azzurro bruciava dove prima erano campi coltivati. Il cielo mandava lampi freddi, violacei.
- Sposti la sua macchina! - ruggì il poliziotto. - Sta bloccando il traffico! Non mi ha sentito?
Remo chiuse lo sportello.
Quando si furono allontanati dall'ingorgo, Valeria sorrise.
- Sei un vigliacco - disse. - Non dovevi permettere che ti parlasse così, quel poliziotto.
Gilberto era molto eccitato.
- Ho visto il sangue! Cera un morto, vero?
- Non lo so - rispose Remo. - Forse non è morto nessuno.
Raggiunsero la spiaggia verso l'ora di pranzo. Era settembre, il sole non si diffondeva più così abbagliante come in agosto e l'aria iniziava a raffreddarsi. La sabbia aveva un colore giallo intenso. Gilberto afferrò la paletta, corrugò la fronte e cominciò a scavare un buco, con determinazione. Valeria distese il suo lungo corpo snello su un telo di spugna e si slacciò il reggiseno del costume, per abbronzare la schiena. Remo aprì una lattina di birra. Guardò i riflessi argentati che increspavano il mare e provò un dolore intenso.
"Non devo dimenticare che non esiste, questo mondo", pensò, "non devo dimenticare che Valeria e Gilberto sono morti e sopravvivono solo pochi insetti capaci di resistere alla pioggia radioattiva e forse meno di mille esseri umani, rintanati nei rifugi atomici".
Ricordò quando erano caduti i missili... la luce azzurra, gli alberi carbonizzati... e tutti quei cadaveri bianchi, come se il sangue fosse diventato latte... Nel rifugio atomico c'era un apparecchio Roses-Klein per ordinare i ricordi del passato e costruire un mondo illusorio. Remo aveva collegato il suo corpo all'apparecchio e stava ricevendo impulsi per stimolare i centri della percezione nel cervello: scariche elettriche per simulare la vista, il tatto, l'udito, il gusto, l'olfatto... Valeria posò la guancia sul palmo della mano e sorrise.
- Vieni a fare il bagno? - propose.
Remo scosse la testa. "Questa vita è un'illusione e non resta nulla... Forse anch'io sono morto" pensò, "sono morto senza accorgermene, e questo è l'inferno".

FINE