Science Fiction Project
Urania - Racconti d'appendice
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PREZ - Ron Goulart
Titolo originale: Prez

La deliziosa bionda lanciò il vestito di carta nel caminetto, si tirò indietro e restò a guardarlo bruciare, le mani appoggiate sul sedere perfetto.
- È molto intimo, vero? - disse da sopra le spalle. - C'è qualcosa di enormemente piacevole nel bruciare vestiti in una gelida giornata d'inverno, non trovi?
Si voltò di colpo, balzò sul folto tappeto bianco e afferrò i pantaloni che Norbert Penner si era appena tolto. Poi li appallottolò e li gettò tra le fiamme.
- Ehi, Benny - disse Penner, ancora mezzo coperto dalla biancheria intima per tutte le stagioni, - quelli non sono mica di carta.
La ragazza scrollò le spalle.
- Non ti abbandoni come si deve, Norby. No, niente smorfie. Io ti amo. Ma ci scommetto che stai pensando a quanto costava quel paio di calzoni.
- Cinquantadue dollari.
Penner era un giovanotto alto e snello di ventotto anni, coi capelli color della sabbia e una piccola fessura tra gli incisivi dell'arcata superiore.
Benny protese le mani verso il fuoco. - Rilassati, rilassati.
- Faranno fumo. - Penner si era tolto la biancheria intima. Con un calcio, la spinse in un angolo sicuro della grande stanza a travi. - Quando bruciano, i calzoni fanno un fumo del diavolo.
- Sei troppo pieno di preoccupazioni, Norby - disse la ragazza. - Sei mio ospite, no? Abbiamo questa casa tutta per noi. Sedici stanze e tre bagni. E là fuori ci sono novantasei acri di magnifico terreno della campagna del Connecticut. Siamo appena all'inizio dell'inverno e potrai restartene qui fino a primavera. Rilassati. Migliaia di persone fanno centinaia di chilometri solo per passare qualche giorno nel New England.
- Però nessuno gli brucia i pantaloni.
- Non si sa mai. Non è che tutti siano conservatori come te.
Benny tossi piano quando dal camino in pietra bianca cominciò a uscire lentamente il fumo.
- Visto?
Penner si avvicinò a una finestra di bosso e guardò i terreni ondulati che si stendevano tutt'intorno a loro.
Benny disse: - Ho il sospetto che tu non mi ami sul serio, Norby. Anzi, credo che in questo momento tu non abbia nemmeno voglia di fare l'amore con me. Non sei nello stato d'animo, eh?
- Ne avevo voglia prima che turni bruciassi i calzoni.
- È solo una scusa, vero? - La ragazza tese le braccia, gesto che lui colse con la coda degli occhi. - Lasciamo perdere l'incidente, Norby. Vuoi venire qui, per piacere?
Penner segui il volo sino a terra di una foglia d'acero. Poi si girò e raggiunse la ragazza.
- Sei bella.
- Sì. Grazie - ribatté Benny, facendogli scivolare una mano attorno al collo e l'altra sul lato sinistro del petto. - Però il mio corpo fisico non è bello nemmeno la metà del mio essere interiore. - La ragazza appoggiò la testa sul petto nudo di lui. - E quello che conta in una persona è l'essere interiore, non credi?
- Um.
- È quello che dice lo Spretato Vescovo Dix in "Mediatore dello spirito, ovvero come parlare ai defunti nell'era tecnologica". Lo so che tu non sei d'accordo al cento per cento con lo Spretato Vescovo Dix, però dovresti capire che quello che conta davvero è l'essere interiore di un individuo. Non ti pare?
- A me pare - disse Penner, spingendola dolcemente verso un divano con la stoffa a strisce, - che esistono momenti per parlare e momenti per stare zitti. - Sollevò dolcemente da terra Benny, che non parlava più, e la depositò sul lungo divano. S'inginocchiò sul tappeto morbido e si chinò a baciarle la mano destra, che era ferma sull'ombelico della ragazza. - Benny.
Un naso freddo gli si premette sulla natica destra, seguito da un'ondata di fiato caldo.
- Dov'è che hai nascosto la pappa, bifolco?
Penner balzò in aria, piroettò su se stesso, atterrò trovandosi faccia a faccia col cane.
- Vattene via. Sciò.
Il cane, un bastardo nero di dimensioni medie, col pelo arruffato, sbuffò.
- Lasciami perdere, bifolco. Benny, in cucina non c'è più cibo per me. Se schiaccio il bottone della pappa, il robodispensiere fa un sacco di rumore e basta. Qualcuno si è dimenticato di riempirlo.
Il cane cacciò fuori la lingua azzurro-rossa e si mise ad ansare.
Benny si alzò, carezzò la testa del vecchio cane.
- Prez, non ti avevamo detto di lasciarci in pace?
- La porta era aperta - ribatté il cane. Il suo occhio sinistro s'illuminò un attimo. Era fatto di vinile. - Io rispetto l'intimità, persino quella dei bifolchi. Però la porta era aperta.
Penner lanciò un grugnito improvviso, scartò di lato, tirò un calcio al fianco dell'animale. Il cane emise un rumore metallico e Penner si mise a ululare.
- Ai... Ai...
- L'hai preso nella parte di metallo - disse Benny. - Andiamo, non voglio veder litigare le mie due persone preferite.
- Quello non è una persona - disse Penner. - È un cane bastardo.
- Bifolco - disse Prez.
- Tra un minuto ti tiro un calcio nella parte viva del sedere - disse Penner. Con una smorfia, andò a raccogliere la sua biancheria. - Mostro tecnologico che non sei altro.
Prez leccò il ginocchio di Benny.
- Ci metterai molto, Benny?

La ragazza sorrise al vecchio cane.
- Prez, torna nella tua cameretta dei giochi e tra un po' ti diamo da mangiare.
- Non usare quel tono condiscendente con me - la rimbeccò il cane. - Siete stati tu e i tuoi a trasformarmi in un miracolo della tecnica moderna. Avete finanziato l'operazione. Adesso io ho l'intelligenza del ragazzino medio di dieci anni.
- Miracolo - borbottò Penner, rivestendosi. - Tutte le vecchie signore annoiate di Westport hanno una bestia cibernetica. Che razza di sentimentalismi. Anziché lasciar morire di vecchiaia quei maledetti animali, sostituiscono con parti sintetiche tutto quello che è andato a male.
- Tu mi regaleresti a uno che pratica la vivisezione - disse il cane, mostrando i denti. Metà dei denti erano di plastica.
- No, a un robivecchi.
- Se non altro io mi guadagno da vivere. Non sono un disoccupato che vive a sbafo, io.
- Senti, io ho lavorato per sei maledetti anni a Manhattan - urlò Penner all'animale peloso. - E per quattro di quei fottuti anni sono stato caporedattore di Barnum & Figli. Sono stato io ad acquistare le carte di Lupoff e a rimetterle in sesto per la pubblicazione. E adesso al vecchio Lupoff hanno dato il premio Nobel. Per cui mi sono preso un attimo di respiro per ritrovare me stesso.
- Se vuoi ritrovare te stesso - disse il cane, - stai cercando nell'ambiente sbagliato. Qui di bifolchi ci sei soltanto tu, bifolco.
Penner s'infilò una scarpa e tirò un calcio a Prez. Il vecchio cane guaì. Penner disse: - Porca miseria, Benny, ma dovevate proprio farlo parlare?
- Costava solo cinquemila dollari in più - rispose Benny. - Quando gli hanno messo la laringe di vinile, papà ha detto che tanto valeva fare le cose in grande. - Sorrise dolcemente a Penner. - Norby, rilassati. Ti ho già raccontato di Prez. È una cosa tanto sentimentale, non trovi? È il mio cane da quando ero bambina.
- Avevi due anni e tre mesi - disse Prez. - Ed eri furba come una pulcettina.
- Dopo tutto, possiamo permetterci di mantenerlo - disse Benny. - Pensa un po', Norby. Prez ha più di vent'anni, sta benissimo ed è più intelligente che mai. Ed è con me da più di vent'anni. Fin da...
- Dall'agosto 1987 - intervenne il cane. - E vedrò la fine di questo decennio, puoi giurarci. Sarò ancora al mondo nei prossimi anni venti, bifolco.
- Tre anni sono già un bel periodo.
Penner s'infilò l'altra scarpa e sedette in una poltrona imbottita di pelle nera.
- Sarebbe una minaccia? - chiese il cane. - Lo so che ti piacerebbe farmi fuori, bifolco.
- Calmati, Prez - disse Benny.
Il cane agitò un attimo la coda corta. Dal suo corpo usci una musica da carillon, una dolce ninna-nanna. - Te la ricordi, Benny?
- Ma certo. - La ragazza carezzò il cane, sorrise a Penner. - Nello stomaco ha duemila nastri registrati miniaturizzati.
- Lo so - disse Penner.
- Il mio nome è un tributo al famoso jazzista Lester Young - disse il cane. - Lo avevano soprannominato Prez, che poi sarebbe un diminutivo di "presidente", perché ai suoi tempi era il miglior suonatore di sassofono a giudizio di tutti i musicisti.
Benny raccolse da terra il cane e lo portò alla porta. Quando lo depositò sul parquet, Prez stava suonando "One O'Clock Jump".

Il mattino dopo, mentre Penner si trovava a quattrocento metri dalla casa a due piani, cominciò a nevicare. Penner se ne stava appoggiato alla cassetta della posta e guardava in cielo. D'improvviso l'aria si fece più fredda e fiocchi di neve gli colpirono le guance. Nello stesso momento, si udì il rombo dell'elicottero postale, che si stava alzando da villa Pfeiffer, a ottocento metri da lì. La strada che univa le case della zona si chiamava Maitland-Scott Lane, in onore del bisnonno di Benny, che aveva creato i maglifici di famiglia. L'elicottero si avvicinò e si abbassò.
Quando arrivò a una trentina di metri sopra la testa di Penner, saltò fuori un ragazzino sui dieci anni che, in tuta da paracadutista, scese dall'apparecchio su una scala di corda.
- Ci sono ventisei cents di tassa - disse il ragazzo.
- Per chi è il pacco?
- Per Prez, come al solito.
- Non lo vogliamo.
- Ma c'è scritto che è fragile. Viene da Algeri. - Il ragazzino scese tutta la scala, balzò a terra. Stringeva il pacchetto in una mano, e nell'altra un mucchio di lettere. - Certo che questo Prez ha un bel po' di amici di penna. Mio papà, Floyd Dell, quello che sta lassù, dice sempre che Prez dev'essere un cane eccezionale. Per avere tanti amici di penna un po' in tutto il mondo. Io l'anno scorso ho scritto a un ragazzo di Terranova, ma non mi ha mai risposto.
Penner prese le lettere.
- Il pacco rimandatelo ad Algeri.
- Ma siamo obbligati a consegnarlo.
- Oh, okay.
Penner infilò un dito nel taschino dove teneva la moneta e diede qualche spicciolo al ragazzo. Il ragazzo gli passò il pacco e si aggrappò alla scala che penzolava per aria.
- Questa neve... Prima stavamo in California. Ci siamo trasferiti qui da poco. È proprio neve. L'avevo vista soltanto sui libri. Papà dice che torneremo in California, anche se è piena di balordi. Si era dimenticato che nel Connecticut facesse tanto freddo. E voi come vi trovate? Siete nuovo di qui anche voi?
- New York non è poi molto diversa.
Penner diede una spinta allo stivale sinistro del ragazzo.
Il postino sporse la testa dalla cabina di guida.
- Voialtri avete proprio un cane svitato. Ho avuto a che fare con gente strana da una costa all'altra, ho visto un sacco di scemi e di balordi, ma il vostro cane dev'essere il principe degli svitati. Di cosa cavolo parla con tutti quelli che gli scrivono?
- Di jazz.
- Jazz? Oh, si, ricordo. È quella roba che suonavano i negri cinquant'anni fa.
Penner annui e s'incamminò verso casa. Ben presto si trovò in mezzo agli alberi: il terreno lì attorno era ricchissimo di aceri e pini. Adesso la neve scendeva fitta, martellante. Con gesto distratto, lanciò il pacco proveniente da Algeri fra i cespugli. Una ghiandaia alzò il capo da un ramo nudo.
Al suo arrivo, un braccio nudo e snello si protese dalla porta parzialmente aperta.
- Vieni a scaldarti.
Penner prese il rum caldo che Benny gli porgeva, e gettò la posta su un tavolino dell'ingresso con le gambe di metallo.
- Perché sei nuda?
- Non fare sempre l'inquisitore.
R- icordo benissimo che a colazione eri vestita.
- Ecco - disse la ragazza, sciogliendo il nastro rosso che le fermava i capelli, - tra un'ora devo partire e pensavo di trascorrere l'ultima ora qui con te, Norby. In modo romantico.
- Te ne vai?
- Mi ha telefonato papi.
- Tuo padre?
- Sì. Lo chiamiamo papi. Un tocco sentimentale.
- E cosa c'entra papi col fatto che devi partire?
- È in Svizzera.
- Sì, lo so. È per questo che abbiamo a disposizione per sei mesi questa casa.
- Si è verificata una piccola emergenza - disse Benny. - Devo andare a prendere qualcosa ad Amsterdam e portargliela in Svizzera.
- Vuoi partire da sola?
Benny si morse il labbro inferiore, scosse la testa. - È che ci sono costretta, Norby. Certi affari di papi vanno condotti con la massima riservatezza. Starò via solo tre o quattro giorni. Parto con un robojet dal Kennedy II alle cinque del pomeriggio.
- Hai già prenotato?
- Mentre mi spogliavo. Spicciati a finire il drink. Voglio fare l'amore.
Penner mise giù la coppa.
- Si è messo a nevicare.
- Allora faremo l'amore in casa.
- Stavo solo parlando del tempo. Non volevo lamentarmi.
Penner prese Benny per le spalle.
Dall'altro lato del corridoio, Prez chiese: - Dov'è la posta, bifolco?
- Qui. - Penner lasciò andare la ragazza, raccolse la posta, si avvicinò a Prez. - Adesso fili in cucina o nella stanza dei giochi e sbrighi la corrispondenza. Non venire a disturbarci per un'ora, se no ti faccio qualcosa di molto brutto.
- Ultimamente sei più esplicito nelle tue minacce, ma io sospettavo di te da un pezzo - disse il cane. - Per il momento, comunque, m'interessano solo i miei amici appassionati di jazz. Niente pacchi?
- No.
- Sono in ritardo. Ne aspetto diversi. Dovrò chiamare quei bifolchi dell'ufficio postale.
- Sì, chiamali. Vanno tutti pazzi per te.
Penner tornò da Benny e si chiuse con lei nella seconda stanza degli ospiti a pianterreno.

La sala da pranzo era completamente automatica. Solo, a un capo del lungo tavolo bianco, Penner si diede da fare coi pulsanti. Riusci a far accendere le sei candele, poi premette il bottone dell'aperitivo. Il foro alla sua sinistra si aprì e ne usci il Dubonnet. Sorseggiandolo, Penner accese lo schermo del menu, montato sulla parete.
Prez balzò sulla sedia vicina a quella di Penner.
- Ordina una bella bistecca magra - suggerì.
- Torna nelle tue stanze.
- Calma, bifolco. Hai sentito cos'ha detto Benny prima di partire? Devi badare alla casa e al vecchio Prez. Quindi, cerca di essere carino.
- Non hai il permesso di stare sulle sedie.
- Okay, okay. - Il bastardo nero saltò a terra, si mise a scodinzolare. - Ordina la pappa.
- Naa. Torna al tuo posto. Più tardi ti porterò qualche avanzo.
Prez sbuffò sdegnosamente.
- Sei tu che dovresti tornare a casa tua. Stavi a Brooklyn Heights, no? E per te era una cosa di classe.
Penner non ribatté.
- Mai visto niente del genere. Non con lo stipendio che ti pagavano Barnum & Figli.
- Guadagnavo venticinquemila dollari l'anno.
- Ventimila - disse il cane. - Ho controllato.
- Oh? E come hai fatto?
- Ho le mie fonti. Dispongo di amici - rispose Prez.
Il cane si sdraiò sul parquet, cominciò a mordicchiarsi un fianco.
- Pulci?
- No, mi prudono i fili. Questo tempo del cavolo mi fa prudere i fili. Ricordatene per quando sarai vecchio e si metteranno a trasformarti in cyborg.
- Peccato che il freddo ti dia fastidio, Prez.
Il cane rotolò su se stesso, si sfregò il dorso sul pavimento di legno.
- Ho telefonato all'ufficio postale. Dicono di aver già consegnato uno dei miei pacchi che si sono persi, bifolco.
- Ehi, hai proprio ragione. Mi ero scordato di parlartene - disse Penner. - Stamattina mi è caduto di mano un pacchetto. Avevo altro in mente.
- Ti è caduto dove?
- A tre o quattro metri dalla vecchia pompa.
- Vallo a riprendere e ci passerò sopra.
- E dai, Prez, adesso qui ci siamo solo noi due. Fuori ci vai tu.
Il cane si rotolò sulla schiena tre o quattro volte, ringhiando sordamente.
- Okay, vado perché sono molto in ansia per quel pacco. Vicino alla pompa?
- Sì. Alla tua sinistra rispetto al cancello.
Prez trotterellò in corridoio. Penner lo segui, gli tenne aperta la porta. Il cane si lanciò sotto la neve che cadeva fitta. A terra si erano già accumulati una sessantina di centimetri di neve. Prez vi si tuffò, scavando profonde impronte scure.
Penner chiuse di colpo la porta d'ingresso, mise il catenaccio. Poi, correndo per la casa, chiuse tutte le porte, mise in funzione serrature elettriche di finestre e serrature di sicurezza.
Rientrato in sala da pranzo, ordinò una cena al curry.
La prima cosa che Prez fece fu grattare alla porta principale, poi alla porta sul retro. Abbaiò, ululò, urlò insulti. Dopo le dieci si alzò un vento fortissimo, e le grida dell'arrabbiatissimo cane lentamente si smorzarono, si persero nel nulla.
Quando Penner si coricò, la neve scendeva con una furia da tormenta. Prez non si sentiva più.
La radio del tavolino da prima colazione disse: - Le notizie disponibili al momento lasciano supporre che tutti i passeggeri del superjet autosonico della New World Airlines siano scomparsi quando l'aereo è precipitato nell'Atlantico agitato dalla tempesta. La lista dei passeggeri del volo della NWA comprendeva fra gli altri Asmund Crowden, celebre uomo d'affari, il cantante Merlo Benninger e Benny Maitland-Scott, la deliziosa figlia innamorata della campagna del magnate delle maglierie...
Penner mise giù la tazza di caffè, protese un braccio sul tavolo, alzò il volume.
La radio disse: - A quanto risulta, sull'aereo viaggiava anche l'ex campione dei pesi massimi Kid...
Ci fu una scarica, e la voce scomparve.
Penner colpì l'altoparlante col taglio della mano. La piccola radio emise un suono secco, venne sbalzata all'indietro dal posto che occupava sul tavolo e si fracassò a terra. Penner corse in soggiorno, mise in pre-accensione gli audiovisivi, premette un pulsante Sul pannello della parete. Lo schermo televisivo a parete si accese.
- Questo, ragazzi e ragazze, è un cacatua - spiegò l'uomo grasso, che indossava un'uniforme bandistica scarlatta e una parrucca dai riccioli rossi. - Non è meraviglioso, signor Crackerjacker?
- Direi proprio di si, capitano. Ops, si è mangiato un pezzettino del vostro pollice.
- Figlio di puttana - disse il capitano.
Penner premette un altro pulsante. Apparve il ministro della difesa.
Ritengo che fra noi sia possibile la massima onestà, signori. Ho un grande rispetto per il vostro comitato, e in tutta onestà posso assicurarvi che non sganceremmo mai una cosa del genere sulla popolazione civile.
Sul canale successivo, un nero in camiciotto da donna stava dicendo: - Salve. Qui è Rick Martin con le previsioni del tempo. Come potete vedere dalla carta che il nostro computer sta disegnando per noi, qui nel Connecticut dobbiamo aspettarci che la situazione non cambi. Cioè avremo ancora un sacco di neve. Questa bufera è certamente la peggiore che si sia mai vista dalla famosa tormenta del millenovecentosettantuno.
Alle spalle di Penner, una voce chiese: - Che cosa cavolo succede?
- Prez...
Il bastardo nero se ne stava pigramente sdraiato su una poltrona per l'amore a fiori.
- Non ce l'ho con te - disse il cane, grattandosi l'orecchio con la zampa posteriore. - Semplicemente non ti sarai accorto che ieri sera sono rimasto chiuso fuori, immagino. E di certo non potevi sentire i miei ululati con quella bufera.
- Come hai fatto a entrare?
- Conosco qualche trucchetto. Trucchetti elettronici, robetta semplice per aprire le serrature - spiegò il cane. - Ma tu hai un'aria sconvolta.
Penner disse: - Il notiziario. Hanno appena detto che il robojet di Benny è precipitato.
Prez usci in un guaito di dolore.
- Benny? Noo. Sei sicuro che fosse sull'aereo?
- Sì. Hanno fatto il suo nome.
- Potrebbe esserci un errore.
- Hai ragione, Prez. Chiamerò quella maledetta compagnia aerea. - Penner raggiunse il telefono sul tavolino da caffè di marmo, alzò il ricevitore. - Porca miseria.
- Cosa c'è?
- Non mi dà la linea.
- Con le bufere, succede. Non siamo mica a Manhattan e nemmeno in una città di periferia. Qui in campagna non abbiamo ancora tutti i cavi sottoterra. Gli alberi cadono e mandano a pallino le linee telefoniche.
Penner era già nell'atrio. Nemmeno lì il telefono funzionava. Fece il giro della grande casa e provò tutti gli apparecchi. Tornò nell'atrio e aprì l'armadio. Aveva messo le mani su una sciarpa di lana a quadretti quando Benny lo chiamò.
- Norby. Norby, tesoro, dove sei?
Indietreggiando di tre passi, lasciando correre le dita sulla sciarpa, Penner chiese piano: - Benny?
- Mi senti? Oh, Norby, riesci a sentirmi a tanta distanza?
La voce sembrava provenire dal soggiorno. Penner entrò nella stanza.
- Benny, dove sei?
- Non ne sono sicura, Norby. È tutto molto strano, vero? Comunque è una sorpresa piacevole scoprire che lo Spretato Vescovo Dix ha ragione.
La voce della ragazza usciva dal cane.
Le braccia di Penner si alzarono da sole, le sue mani si agitarono debolmente. Lasciò cadere la sciarpa e si mise a respirare con la bocca.
- Benny, come diavolo hai fatto a entrare in quel maledetto cane?
Gli occhi di Prez erano serrati, la bocca appena socchiusa.
- Mi trovo in... in quella che lo Spretato Vescovo Dix chiama l'Altra Realtà, Norby.
- Non sei andata in Svizzera?
- Oh, Norby, tesoro, sei un po' lento di comprendonio, eh? Norby, sono morta.
- Morta? No...
- Sì. Adesso sono nell'Altra Realtà. Però ogni tanto riuscirò a parlarti. È molto bello, no?
Penner strizzò gli occhi, scosse la testa, raccolse il cane dal pavimento.
- Benny, cosa stai dicendo?
- Norby, comunico da qui con te attraverso i canali dello spirito. Non chiedermi come o perché, tesoro, ma a quanto pare il mezzo migliore per comunicare con te sono le parti elettroniche del povero vecchio Prez.
- Sì, ma... - disse Penner.
- Resta lì, se no non posso parlarti, Norby. Qui è così strano e non conosco ancora nessuno. A parte qualche passeggero dell'aereo. Non muoverti dalla casa finché papi non farà qualcosa. Ah, Norby, ormai posso dirti tranquillamente che mi sono ricordata di te nel mio testamento.
Penner era faccia a faccia col vecchio bastardo.
- Che senso ha un testamento per una ragazza di ventidue anni?
- Be', è tornato comodo, no? Adesso che sono morta e tutto il resto. Desidero solo tu sappia che per il futuro non avrai problemi economici. Né tu né il povero caro Prez.
- Non voglio parlare di queste cose, Benny.
- Mezzo milione è tutto quello che ho potuto lasciarti, Norby. Vanno bene?
Penner lasciò cadere a terra il cane.
- Mezzo milione di dollari?
Prez disse: - Aia. È forse un'altra delle tue idee balorde, bifolco?
- Benny - disse Penner.
- Sei ancora in crisi? - chiese Prez.
- Benny mi stava parlando. Attraverso di te. Non l'hai sentita?
- No. - Il cane saltò sulla poltrona per l'amore, si acciambellò per bene. - In un certo senso è meraviglioso. Allora il Vescovo Hix aveva ragione, eh?
- Il Vescovo Dix. Lo Spretato Vescovo Dix. Ha abbandonato la chiesa.
- Mi pare logico, con tutte quelle idee bislacche.
- Ma funzionano, Prez. Benny riesce a parlarmi da... dal posto in cui si trova.
Il bastardo nero si grattò l'orecchia.
- Uscirò a dare qualche fiutatina agli alberi.
Penner disse: - No. Tu resti qui.
- Devo andare al cesso - disse il cane.
- Ti preparerò qualcosa nella stanza dei giochi. D'ora in poi devi restare in casa. Non posso rischiare di esporti alla tormenta. Benny cercherà di rimettersi in comunicazione.
- Okay, collaborerò. - Il cane fiutò vistosamente. - Ho fame. Ricordi la bistecca magra di cui ti parlavo ieri sera?
- Ma sicuro. Adesso vado a prenderti una bella bistecchina e te la metto sul tuo piatto.
- Una bisteccona, bifolco. E me la mangio qui.
Dopo un momento, Penner disse: - Okay, Prez.

Alzando gli occhi dalla macchina da scrivere elettrica, Penner guardò la neve che scendeva volteggiando dietro le finestre della serra. La neve era alta un metro e venti, e il vento ruggiva e ululava. - Credevo che per la tua corrispondenza avessi una voce-scrivente - disse Penner a Prez.
Prez era sdraiato su un divano in pelle bianca. Stava spolpando un osso.
Si interruppe per rispondere: - Non sono nello stato d'animo adatto. Dettare a te è più divertente. Anche Benny ogni tanto mi dava una mano. Col brutto tempo è fantastico. Adesso rimettiti a scrivere.
- Sì, fantastico... Fare il segretario personale di un cane bastardo - disse Penner.
- Cosa c'è, bifolco?
- Niente. - Dal giorno prima, Penner era riuscito a parlare con Benny altre due volte. Aveva deciso che valesse la pena di sopportare Prez, se attraverso lui poteva restare in contatto con la ragazza. - Andiamo avanti.
- Dov'ero rimasto?
- I musicisti di quella particolare session, mio caro Derik, erano Dicky Wells, Benny Carter, Wayman Carver, Leon "Chu" Berry... A quanta gente scrivi, Prez?
- Più di cento. - Il cane bloccò l'osso con le zampe anteriori. - Sono in contatto con più di cento appassionati di jazz del mondo intero. Ci scambiamo lettere, dischi, nastri e altre cosucce, a volte un pochino più esotiche.
- Esotiche?
- Spesso le poste sono molto permissive. Ci spediamo qualche pasticca, e ogni tanto un po' di roba da fiutare.
- Sei drogato?
- No. Semplicemente ho un certo tipo di curiosità scientifica - ribatté il cane. - Torniamo alla lettera che stavamo scrivendo.
Quando Penner ebbe battuto altre tre lettere, le infilò nelle buste e disse: - Per oggi basta.
- Imbucale subito.
- Non credo che oggi passeranno a raccogliere la corrispondenza.
- L'ufficio postale sarà aperto lo stesso.
- Ma è a tre chilometri da qui, e c'è ancora bufera.
Penner depositò le tre lettere sul coperchio della macchina da scrivere.
- Aspetto anche un altro paio di pacchi - disse il cane.
- Uscirò solo quando la neve sarà scomparsa.
- Oggi.
- Non diventare arrogante, Prez.
- Allora vado io.
Il cane balzò a terra.
- No, tu non esci.
- Allora vai tu.
Penner inspirò ed espirò lentamente.
- Okay, ci proverò. Tu resta qui, e se Benny cerca di mettersi in contatto con me spiegale perché sono uscito.
- Già che ci sei, prendimi anche un foglio di francobolli da venti cents.
Prez trotterellò via.

Penner si lanciò contro la porta della casa, l'apri, precipitò in avanti. Cadde sul tappeto dell'atrio, andando a sbattere di faccia sul tavolino per la posta. Perse per strada due lettere, una rivista e tre pacchi. Aveva il viso congelato, di un bel rosso acceso. Rotolando su un fianco, riusci a mettersi a sedere. Con dita congelate nonostante i guanti di lana si tolse la sciarpa, che era fredda e fradicia d'acqua.
- Norby, tesoro? Oh, dolcezza mia, dove sei? - disse la voce di Benny.
- Un minuto, un minuto - urlò lui in risposta. - Tieni duro, arrivo subito.
Penner grugnì, si tolse gli stivali. Anche quelli erano tutti bagnati, e gli insudiciarono di marrone le maniche della giacca. Poi rotolò fuori dalla giacca a vento.
- Norby, stai bene? Ti prego, parlami. Diventa sempre più difficile mettermi in contatto con te. È necessario uno sforzo tremendo.
- Arrivo, arrivo. Ho anch'io i miei problemi, Benny.
Si liberò dello strato esterno di vestiti ed entrò, barcollando, in soggiorno. Prez era sdraiato a terra accanto al portariviste, a zampe in su.
- Norby, c'è qualcosa che non va?
- No, sto bene. - Poi, accoccolandosi vicino al cane, Penner aggiunse: - A volte vorrei che tu avessi trovato un modo migliore per comunicare.
- Non ho molta scelta. Senti, Norby, mi faresti un grosso piacere se riuscissi a...
- Se riuscissi a cosa?
Prez aprì gli occhi.
- Dov'è la posta?
Penner spinse giù di nuovo il cane.
- Benny, cosa vuoi?
- Lasciami andare - disse il cane.
Penner ubbidì.

La mano calda si posò sul suo petto nudo, aperta come una stella di mare. Penner si rizzò a sedere nel grande letto e disse: - Yow.
- Norby, rilassati. Sei proprio nervoso, eh?
Penner afferrò il filo della lampada, trovò l'interruttore. Quando si accese la luce, gli apparve Benny.
Era seduta sull'orlo del letto, in impermeabile marrone e foulard nero.
La prese per il gomito. L'impermeabile era gelido, ancora bagnato di neve.
- E questo; come gli riesce al Vescovo Dix?
- Cosa? Non volevo svegliarti di soprassalto, Norby. Lo so che mi aspettavi solo tra qualche giorno. Quando ho saputo che il volo era annullato, ho trascorso la notte a New York. La mattina dopo ti ho chiamato subito, ma la linea telefonica era caduta. Così ho deciso di tornare da te a tutti i costi, e finalmente eccomi qui.
La ragazza si chinò a baciarlo.
- Allora non sei precipitata nelle acque dell'Atlantico in tempesta?
- Il nostro volo è stato annullato - rispose la deliziosa bionda. - Ho telefonato a papi e lui mi ha detto che si sarebbe arrangiato in qualche altro modo. Ho noleggiato una macchina e sono rimasta bloccata a Port Chester per un bel po' di tempo... Ma adesso sono qui.
Penner la toccò di nuovo.
- Benny, e Prez...?
- Sta bene? A volte il freddo gli dà fastidio.
- Sta benissimo. È capace di cambiare voce? Insomma, che tu sappia, Benny, l'ha mai fatto?
Benny scoppiò a ridere.
- Ti ha preso in giro? Sì, è bravissimo nelle imitazioni. È un'altra delle doti che ha incorporate.
Penner disse: - Tu resta qui. Io torno tra un paio di minuti. Mi è venuta in mente una cosa.
- E non può aspettare?
- No.
- Intanto mi spoglio.
- Okay, spogliati. Penner prese una vestaglia, s'infilò le ciabatte. Usci dalla camera da letto, scese di corsa le scale. Prez non si trovava più sulla poltrona per l'amore che aveva scelto come cuccia. Penner afferrò l'attizzatoio più robusto fra tutti quelli appesi attorno al caminetto. Fece il giro della casa buia. Trovò il cane sotto una vecchia scrivania, nella sua stanza dei giochi.
- Esci di lì, bastardo.
Il cane si raggomitolò in un mucchio di carta da pacco. Un francobollo svedese gli si era attaccato all'orecchia sinistra.
- Adesso cosa c'è, bifolco?
Penner disse: - Come ci siamo divertiti! Tu e il tuo maledetto scherzo. Be', come senz'altro saprai, Benny è tornata. D'ora in poi comando io.
- Sai che bellezza.
Penner infilò sotto la scrivania la mano libera e afferrò il cane.
- Stai attento...
Prez ringhiò, poi morse la mano di Penner.
- Porca miseria. - Penner ritirò la mano sanguinante. - Adesso hai chiuso sul serio, Prez.
- Oh, no - disse il cane. - Hai chiuso tu.
- Cosa?
- Ti sei appena beccato la rabbia.
Penner guardò prima la mano ferita, poi il cane nascosto sotto la scrivania.
- Basta con gli scherzi, Prez. Lo so benissimo che da queste parti non si verifica un caso di rabbia da dieci anni.
- Lo so anch'io - disse il cane. - È per questo che il virus ho dovuto farmelo spedire per pacco postale.

FINE