Science Fiction Project
Urania - Racconti d'appendice
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GIOCHI DI GRAVITÀ - Algis Budrys, Theodore Rose Cogswell, Ted Thomas
Titolo originale: Players at null-G

Fu un disastro incredibile. Un suono stridente, simile all'ultimo gemito di uno spirito in agonia, vibrava ancora nell'aria, e fece battere i denti a Nathaniel Wollard. Lui si tolse cautamente di dosso alcuni mattoni, la copertura di plastica del quadro di controllo, diverse schegge di vetro, qualche coperchio di plastica dei quadranti, un pezzo della sezione interna del calcolatore, e tanti piccoli rami provenienti da una quercia. Poi si tirò su a sedere.
Gli occhiali si erano rotti al centro della montatura, e le due lenti gli pendevano ai lati della faccia, appese alle orecchie. Le portò davanti agli occhi e si guardò attorno incredulo. Tutti gli edifici erano stati spianati. Sulla pista di servizio dell'unico hangar fino a poco prima ancora in funzione nel vecchio aeroporto McNeil non era rimasto un solo granello di polvere. L'hangar era ridotto a pezzi. Macerie di hangar e degli edifici ormai crollati che lo circondavano stavano ancora cadendo tutto attorno. Wallard inarcò le spalle e si portò le mani sulla testa, e gli occhiali caddero di nuovo. La sua presbiopia gli permise di vedere i pezzi di copertura del tetto e le pareti roteanti che volavano sopra la cima degli alberi.
Nathaniel Wollard, vincitore del Premio Enrico Fermi, della medaglia d'oro del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti, del Premio Morris N. Liebman, del Premio Benjamin Apthorp Gould, del Premio Irving Langmuir, e della medaglia per Eccezionali Meriti Scientifici della NASA, rimase seduto dov'era e si chiese cosa fosse successo. Poi si ricordò degli altri.
Si alzò in piedi di scatto e guardò le macerie che lo circondavano. - Joe, Frank, dove siete? - urlò.
A circa sei metri da lui, in un angolo dell'ex hangar, nel punto in cui avrebbe dovuto esserci la cabina di controllo, si agitavano due cumuli di macerie. Wollard raggiunse di corsa il più vicino e tolse un pezzo di soffitto in Celotex, qualche frammento di sedia pieghevole, una pinza che stringeva ancora un pezzo di cartone giallo, una tazza da caffè in Styrofoam con incastrata una graffetta, parecchie schegge di vetro, un fitto strato di polvere, e aiutò Joseph Barnett ad alzarsi. Barnett, vincitore della medaglia Rutherford, della medaglia e del Premio Guthrie, della Medaglia Nazionale per le Scienze, del Premio per Eccezionali Meriti Civili, della Medaglia TrentCrede, del Premio David Sarnoff, e del Premio Bertram Eugene Warren per la Fisica della Diffrazione, disse: - Cos'è successo?
- Non lo so - disse Wollard. - La macchina era a un paio di metri da terra, quindi lo schermo di gravità funzionava perfettamente. Poi...
- Esatto - disse Barnett. - Abbiamo fatto affluire energia per circa trenta secondi, e io non ho nemmeno avuto la possibilità di interromperla. Tutto è successo così rapidamente e poi è come... esploso. Cos'è stato quel rumore spaventoso?
- E quel vento? - Wollard guardò la pista di atterraggio che aveva fatto da schermo di gravità. La vecchia Buick c'era ancora, ma sembrava un grappolo d'uva schiacciato. - Avremmo dovuto ragionarci sopra ancora un po' - disse. - Avremmo dovuto pensarci che non conveniva fare l'esperimento solo perché qualcuno poteva batterci sul tempo. Avevo detto a Frank che... - All'improvviso si rese conto che erano soltanto in due, e cominciò a guardarsi attorno con occhi spiritati. - Frank!
L'altro cumulo di macerie si mosse di nuovo. Un pezzo di compensato rotolò da una parte, e la figura di un uomo magro arrancò per mettersi in piedi, togliendosi di dosso un pezzo di grondaia, un quadro di circuiti, uno schema Ozalid, il coperchio di un trasformatore, alcune schegge di vetro, e una vecchia scarpa da tennis.
Wollard e Barnett aiutarono McNeil ad alzarsi. Non aveva più né giacca né camicia, in compenso la cravatta gli penzolava, ancora annodata, sulla canottiera. Guardò incredulo i piloni crollati dell'alta tensione, la giardinetta rovesciata su un fianco, con pezzi di condotto d'alluminio infilzati nel fondo. - È un miracolo che nessuno sia rimasto ucciso - disse.
- Frank, hai qualche idea di cosa sia successo? - chiese Barnett.
Frank McNeil, insignito della medaglia d'Oro della Niels Bohr International, del Premio George Washington, del Premio Oliver E. Buckley per la Fisica, del Premio Nobel per la Fisica, del Premio Oppenheimer, e del Premio E. O. Lawrence, si grattò la testa, poi la scosse. - No. Anche se lo stato della macchina può far pensare che il campo si è invertito e l'ha colpita con una forza di cinquecento G, anziché zero. Il che - soggiunse subito, - non è soltanto teoricamente impossibile, ma non può nemmeno spiegare tutta questa distruzione.
- Allora - disse Barnett, - rivediamo di nuovo tutto. Ci siamo trovati qui per andare a caccia. Tre sere fa, dopo qualche birra, ci è venuta l'idea di una griglia che annullasse la forza di gravità. Era così semplice che l'abbiamo messa insieme e montata su una vecchia macchina per vedere cosa poteva succedere. Ed è successo questo. - Fece una pausa e guardò gli impianti demoliti del vecchio aeroporto. - Abbiamo speso soltanto mille e ottocento dollari per costruire lo schermo di gravità, ma guardate cos'ha combinato.
- Quello che vorrei sapere - disse Wollard, con impazienza, - è cosa diavolo è successo. Anche se nello schermo di gravità c'è stato un cattivo funzionamento, non è possibile che abbia provocato tutto questo guaio. Il suo raggio effettivo è solo di quindici metri.
Forse è saltato il serbatoio della benzina.
Wollard scosse la testa. - Non è saltato, basta guardarlo. È ancora tutto in un pezzo, si fa per dire. Non avremmo mai dovuto tentare di battere Charles Garnett sul tempo. In questi ultimi tre giorni avremmo dovuto pensare di più e costruire di meno.
- Ma sulla carta... - disse Barnett, fiaccamente.
- E poi non potevamo permettere che Charles Garnett arrivasse prima di noi disse McNeil. - Avrebbe tolta la panna all'intero concetto.
Bella panna - disse Wollard, con amarezza, indicando la Buick contorta. - Ma cominciamo da capo. Quando abbiamo inserito il campo di antigravità, la macchina si è trovata a zero G. Poi, all'improvviso, ci è crollato addosso il cielo. Deve essere intervenuta una forza esterna.
McNeil si succhiò una nocca spellata, poi indicò una nuvola di polvere che si stava avvicinando. - Ehi, fra poco avremo compagnia.
I tre si girarono a guardare il vecchio camioncino che arrancando in mezzo ai campi puntava verso di loro. I paraurti sbattevano visibilmente, e dal cassone saliva nell'aria una nuvola di piume di gallina.
- È il proprietario di questi terreni - mormorò McNeil. - Volete scommettere che dirà che questo era un aeroporto praticamente funzionante, prima che noi lo distruggessimo ciecamente?
Un attimo dopo il camioncino si arrestò oscillando accanto a loro, e la portiera si spalancò.
- State tutti bene? - Era Silas Whitemountain, con il suo cappello di paglia. - Da come ho visto tutto volare, ho temuto che foste in viaggio verso il Kansas insieme al resto.
McNeil guardò l'uomo canuto, in tuta, la cui fattoria confinava con l'aeroporto abbandonato. - Siamo stati fortunati - disse. Poi soggiunse rapidamente: - Qualsiasi cosa sia stata, vi ha dato un bell'aiuto nel ripulire il terreno. Oggi la pista è molto più simile a una vera pista di quanto non lo fosse ieri. Vi ha fatto risparmiare i quattrini che ci sarebbero voluti per rimuovere le macerie.
- Una piantagione di fagioli che sarebbe stata distrutta, vero? - disse il vecchio guardando il campo devastato. - Questi erano edifici di valore. Di grande valore. Con l'inflazione, e tutto il resto, per ricostruirlo ci vorranno almeno duecentomila dollari. Senza contare il valore storico. Questo è stato il primo aeroporto della Contea di Sugwash. Lindbergh è atterrato qui nel suo grande volo di ritorno da Parigi.
- Doveva essere uscito di rotta - borbottò McNeil.
- Ecco, a dire la verità, sì. Comunque, è sempre stato un mio progetto quello di metterci una bella lapide e di far pagare un biglietto d'ingresso ai visitatori. Bisogna dichiarare esattamente il valore dei danni quando si presenta domanda per risarcimento in seguito a un tornado, alla compagnia d'assicurazione.
- Assicurazione? - disse Wollard. Lui, McNeil e Barnett guardarono il vecchio come ipnotizzati. - Oh - disse ancora Wollard, - che tipo di assicurazione?
- Contro il tornado, no? È l'ultima cosa che mi sarei aspettato. Non ne ho mai visti in questa stagione, e dire che conosco bene il tempo di questa zona, dato che vivo qui da ottant'anni. Da casa mia l'ho visto perfettamente. Guardate. - Indicò verso l'alto. - Se ne può ancora vedere la coda.
I tre fisici guardarono insieme verso il cielo. Lontano, a nord-est, stava scomparendo una piccola nuvola bianca dall'aria innocua, con una coda a spirale. - Si sta allontanando - disse il contadino, abbassando il braccio ridotto a un fascio di tendini. - Certo, è durato poco, ma è stato un vero inferno. Ha fatto uno sfacelo dei vostri apparecchi. E anche il vostro aereo non è certo in condizioni migliori. È la prima volta che ho l'occasione di vederne uno da vicino. - Si avviò verso i resti della Buick, scostando col piede i rottami per farsi strada e scuotendo la testa.
McNeil guardò Wolland e Barnett. - Siamo fuori dai guai - disse, a voce bassa. - Lui è convinto veramente che sia stato un tornado.
Gli occhi di Wollard si spalancarono, e la sua faccia s'illuminò. - Lo era. Perdio, ecco cos'è stato. Noi abbiamo scatenato un tornado!
- Noi? - fece McNeil. - Com'è possibile? Ti rendi conto delle forze necessarie per scatenare un tornado? Noi abbiamo fatto soltanto in modo che una massa d'aria sollevasse a tre metri da terra una massa di due tonnellate.
Barnett si girò per guardare la nuvola con la coda a spirale che si stava dissolvendo, e scosse la testa. - L'aria non avrebbe mai potuto sostenere una massa di due tonnellate senza peso. Anche l'aria era senza peso. Non abbiamo mai smesso di pensare...
Questa volta fu McNeil ad afferrare il concetto. Diventò pallido quasi come Wollard. - Abbiamo interposto uno schermo tra la gravità della Terra e una colonna d'aria del diametro di trenta metri e alta quanto l'atmosfera. La gravità si propaga alla velocità della luce. Deve essere stata l'aria risucchiata a fracassare la macchina e a formare il tornado.
Barnett approvò con grandi cenni. - Esatto. Noi abbiamo creato una colonna d'aria senza peso. L'aria circostante è affluita in questo spazio, è diventata a sua volta senza peso, ha seguito 1'aria originale incanalandosi nella colonna, e altra aria le si è precipitata dietro. L'energia Coriolis ha fatto poi succedere quello che è successo. È stata una fortuna che l'afflusso di energia si sia interrotto, altrimenti ci saremmo trovati in guai seri, come il resto del mondo. Oddio! - S'interruppe e si diede una manata sulla testa. - Se avessimo lasciato inserito a lungo lo schermo di gravità avremmo potuto pompare nello spazio tutta l'atmosfera terrestre.
Wollard spalancò la bocca, poi si mise a pigiare sui tasti del suo calcolatore tascabile SR-11. Dopo un attimo disse: - Pfua!, per far defluire tutta l'atmosfera dalla Terra, ammessa una pressione costante, ci sarebbe voluto qualcosa come tredici milioni di anni.
Già - disse Barnett - ma la maggior parte della vita sarebbe scomparsa molto tempo prima. Per insufficienza di aria, capito?
A questo punto Wollard prese un'aria atterrita, e si mise di nuovo a premere i tasti dell'SR-11.
- C'è ancora qualche cosa, Nat? - chiese McNeil.
- Abbiamo liberato nello spazio un impulso cilindrico antigravitazionale del valore di trenta secondi. Cosa succederà se colpisce il Sole. All'inizio del nostro esperimento l'avevamo proprio dritto sopra la testa.
Guardarono tutti e tre verso l'alto, a bocca aperta. Barnett diede un occhiata all'orologio, poi, facendosi schermo con una mano, guardò verso il bagliore del sole di mezzogiorno. - Adesso avremo la prova empirica. Cinquecento secondi per arrivare lassù, e cinquecento secondi di attesa per vedere gli effetti, se ce ne saranno. Sedici minuti e mezzo. Dovrebbe essere da un momento all'altro. - Trattennero il fiato. I minuti passarono, lentamente. Il tempo limite calcolato in modo approssimato passò, e poi passò anche un certo margine di sicurezza. Barnett si strinse nelle spalle, e si girò verso gli altri due. - Visto? Non è successo niente.
- Abbiamo mancato il Sole, ecco tutto - disse Wollard. - Ma la colonna sta ancora viaggiando.
McNeil fece un cenno affermativo. - E cosa può succedere se colpisce un'altra stella? O supponiamo che colpisca un pianeta abitato. - S'interruppe e scosse la testa. - Potrebbero essere in grado, questi altri esseri intelligenti, di capire che proviene da qui? Ci potrebbero scoprire? - Guardò gli altri due. - La considererebbero un'arma puntata contro di loro?
Wollard disse: - Ci conviene mettere subito gli astronomi al lavoro per vedere se sulla traiettoria del raggio c'è qualche corpo celeste. Oddio, cosa abbiamo fatto!
Silas Whitemountain, col suo cappello di paglia in testa, li raggiunse di nuovo. - Certo che si è comportato in modo strano. Quel turbine ha strappato nette le ali al vostro apparecchio, e adesso i rottami sembrano proprio quelli di un'automobile.
Per un attimo i tre lo guardarono accigliati, poi McNeil si scosse di colpo. - Ali. Ma certo - disse a voce bassa. - Possiamo sistemare lo schermo di gravità sul fondo piano portante di un razzo, mettendogli le ali, se vogliamo farlo salire fino al limite dell'atmosfera, e poi togliere lo schermo. Così elimineremmo i problemi del tornado e della perdita di aria.
- Perfetto - disse Barnett - e la nostra compagnia di assicurazione ci aiuterebbe a risarcire tutti questi guai - e indicò i rottami sparsi tutt'attorno.
- Già - disse Wollard, piano. - E a noi resterebbe un unico problema.
Guardò in alto nella direzione presa dalla colonna d'aria.
Anche gli altri due alzarono la testa guardando nella stessa direzione, perplessi.

FINE