Science Fiction Project
Urania - Racconti d'appendice
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DOVE SE NE ANDAVA IL TEMPO - James Henry Schmitz
Titolo originale: Where the time went

Tutto cominciò a New York, null'ufficio di John D. Carew, della John D. Carew Literary Agency. Nella stanza c'erano John D. Carew e George Belk, uno dei suoi autori.
- George - stava dicendo Carew - vi prego di non fraintendermi. Quando, molto tempo fa, ho visto i vostri primi lavori, sono rimasto entusiasta. Mi sono detto che col tempo sareste diventato il nostro autore più prezioso. Credo ancora che siate potenzialmente valido. Ma dopo avervi rappresentato per otto anni comincio a preoccuparmi. La vostra produzione resta miseramente esigua.
George Belk sospirò.
- Lo so.
- Posso collocare quasi tutto quello che scrivete - continuò Carew - e anche a un prezzo relativamente buono. Ma in questi anni gli assegni incassati sono stati pochi e distanziati uno dall'altro. Di tanto in tanto dovreste pur provare uno stimolo per il guadagno.
- Mi viene - disse George, scoraggiato - ma di raro.
Carew lo guardò con comprensione.
- Se vi volete confidare con me, George... Qual è il vostro problema?
George tornò a sospirare.
- Vorrei che fosse un problema! E invece no. È solo che non riesco a trovare tempo per scrivere di più.
Carew inarcò per un attimo le sopracciglia.
- Siete impegnato in qualche altro lavoro? Dovete svolgere intense attività sociali?
- No. Né l'uno né l'altro. Scrivo e basta. Naturalmente ho dei domestici che mi tengono in ordine la casa. Io vado solo a fare le compere. Poi riservo mezz'ora della giornata per gli esercizi fisici.
Carew fece un cenno affermativo.
- Ottima cosa. Ci si dovrebbe sempre tenere in forma. Ma non fate altro, oltre che scrivere?
- No. Non faccio altro - disse George.
- Allora vi rimane gran parte della giornata da dedicare al lavoro...
- No - disse George. - Tenterò di spiegarmi, anche se, finora, non sono riuscito a spiegarlo neanche a me stesso. Potete anche non credermi, ma io sono un tipo metodico e ordinato. Tengo note e appunti. Così mi sono accorto di perdere una gran quantità di tempo.
- In che modo?
George aggrottò le sopracciglia.
- È proprio quello che vorrei sapere! Prendiamo, per esempio, la mezz'ora di ginnastica del mattino. Ho stabilito di farla dalle nove alle nove e mezzo. Alle otto mi rado, subito dopo colazione. Poi faccio la doccia, preparo il vestito da indossare, e sono le nove.
Carew rimase perplesso.
- Fare la barba, infilarvi sotto la doccia e togliere dall'armadio un vestito vi occupa per un'ora intera?
- Sembra impossibile, vero? - disse George. - Be', questo è soltanto un piccolissimo esempio. Dunque, sono le nove e faccio la mia ginnastica. Controllo il tempo... trenta minuti esatti. Ma prima di essermi rinfrescato e rivestito, ed essere pronto a uscire per le compere, solitamente sono quasi le undici.
Carew borbottò qualcosa e si grattò il mento.
- A che ora vi mettete a lavorare?
George si mosse sulla poltrona, imbarazzato.
- Ecco, verso la una e un quarto.
- Impiegate due ore per fare le compere?
- Sì. Per qualche strano motivo che mi sfugge, passano due ore. Devo sempre andare in diversi negozi. Nessun negozio ha mai tutto quello che mi serve.
- Capisco. Quindi lavorate tutto il pomeriggio...
- Grosso modo. A volte mi interrompo per riposare un attimo.
- E cosa fate?
- A volte uno spuntino... e naturalmente, poi, devo rilavare i piatti. Oppure rimetto in ordine la cucina, o cerco qualcosa che non riesco a trovare. Cose di questo genere, insomma.
- Capisco. E alla sera?
- Di solito lavoro. A volte guardo la televisione.
Carew si appoggiò allo schienale della poltrona.
- E quanto riuscite a produrre in una giornata tipo?
George abbassò la testa.
- Circa... cinquecento parole.
Carew lo guardò in silenzio.
- Meno di due cartelle - disse poi.
- È questa la cosa incredibile - disse George con rabbia.
- Ho controllato diverse volte. E ogni volta ho scoperto che posso scrivere una pagina più che decente in circa venti minuti. - Si protese in avanti, e picchiò un pugno sulla scrivania. - Ve l'ho detto! A volte mi sembra di diventare pazzo. Dove va a finire il resto del mio tempo?
- Non so - disse Carew aprendo un cassetto della scrivania - però credo che si possa trovare un rimedio al vostro problema. Sì, deve esserci senz'altro.
- Che tipo di rimedio? - domandò George pieno di speranza.
Carew frugò nel cassetto, prese un biglietto da visita, e lo diede a George.
- Quando sarete a casa, chiamate questo numero telefonico, e fatevi fissare un appuntamento. Intanto io avrò già telefonato per raccomandarvi.
George guardò il biglietto. C'era scritto: William W. Gordon, medico.
- Un momento! - disse George sospettoso. - Questo dottor Gordon non sarà per caso uno psichiatra, vero?
- No. Il dottor Gordon non è uno psichiatra. È laureato in medicina e psicologia, ma non pratica la professione. Lui fa soltanto lavori di ricerca.
- E voi pensate che possa fare delle ricerche su di me? - domandò George con tono battagliero.
- Non farà ricerche su di voi, George. Lui andrà alla ricerca del vostro problema.
- Non sono convinto - fece George. Guardò incerto il biglietto da visita, e lo fece girare tra le dita.
- George - disse Carew - voi dimostrate la tipica paura di chi non vuole finire nelle mani di uno psichiatra, e teme di venire chiuso in un manicomio. Vi posso assicurare che succederà esattamente quello che vi ho detto. Posso anche assicurarvi che il dottor Gordon ha già curato, con grande soddisfazione, numerosi pazienti, tra cui diversi casi molto simili al vostro.
- Potreste dirmi i nomi di queste persone? - domandò George, diffidente.
- Potrei, ma non voglio - disse Carew.
Il dottor Gordon, un tipo grande e grosso, sembrava riluttante a esprimere la sua opinione sul problema di George, anche in linea generale.
- Anzitutto, signor Belk, bisogna stabilire esattamente la natura del vostro guaio. Soltanto allora potremo cominciare a pensare in termini di procedure correttive - gli disse.
George dovette accontentarsi di questo. Rimase seduto rigido sulla poltrona e lasciò che il dottor Gordon gli mettesse in testa dei nastri metallici.
- A cosa servono? - chiese.
- Dovrebbero darmi alcune informazioni su quello che avviene dentro la vostra testa.
George si schiarì la voce.
- Carew mi ha detto che non siete uno psichiatra.
- Infatti, anche se ho cominciato la carriera esercitando quella professione. Consideratemi un esperto in elettronica, e non pensate alla vostra nevrosi e ai vostri problemi. A me non interessano. Adesso vediamo se riuscite a rilassarvi per cinque minuti.
I cinque minuti passarono, e George venne a sapere che poteva anche muoversi. Si girò sulla poltroncina, e vide il dottor Gordon che riponeva alcuni strumenti in un cassetto. Aveva la fronte aggrottata e l'aria pensosa.
- Cos'avete scoperto, dottore? - chiese.
Il dottor Gordon alzò la testa, e spianò le rughe.
- Oh, più o meno quello che mi aspettavo. - Si avvicinò alla poltroncina e cominciò a togliere i nastri metallici dalla testa di George.
- È una cosa grave?
- Ecco, è indubbiamente qualcosa che richiede una cura. Adesso, signor Belk, per il passo successivo ho bisogno della vostra collaborazione. State tranquillo, niente di impegnativo.
Il dottor Gordon si girò verso un armadietto e ne tolse un apparecchio che somigliava a una costosissima macchina fotografica, solo che non aveva obiettivo, né rotelle da girare o pulsanti da premere.
- Metteremo questo apparecchio in una scatola - disse, mettendolo appunto in una scatola - e voi lo terrete in casa vostra per due giorni. Avete detto di non essere sposato. Ricevete molte visite?
- Adesso, poche.
- Vivete solo?
- Sì. A parte un paio di gatti.
- I gatti non contano - disse il dottor Gordon. - Molto bene. Dovete mettere questo strumento, potete anche lasciarlo nella scatola, dovete metterlo, dicevo, in un punto che sia più o meno il centro della casa. Oggi è martedì. Tra oggi e le dieci di venerdì, dovrete annotare tutte le visite, o comunque la presenza di estranei in casa, anche se si tratta di qualcuno che si ferma sulla porta. Il portalettere, per esempio. Se ve ne dimenticate qualcuno non ha molta importanza, comunque cercate di ricordarvelo. Notate l'ora in cui arriva qualcuno, e per quanto tempo rimane con voi. Venite venerdì alle dieci. E riportate lo strumento.
George prese la scatola con una certa esitazione.
- Questa faccenda mi lascia alquanto perplesso.
- Non stento a crederlo - disse il dottor Gordon. - Comunque, signor Belk, ricordate che viviamo in un'era di grandi evoluzioni scientifiche. - Fece un sorriso rassicurante, e diede a George un piccolo colpo sulla spalla. - Fidatevi dell'elettronica.
Nei due giorni seguenti, George finì quasi per dimenticare di avere in casa l'apparecchio del dottor Gordon.Non appena rientrato nel suo appartamento aveva tolto lo strumento dalla scatola e l'aveva esaminato con attenzione. Non ci capì niente. Non c'erano né scale graduali, né pulsanti nascosti. Rimise l'apparecchio nella scatola, e lo depose su un tavolino che stava quasi nel centro dell'appartamento. Chiamò John Carew, gli raccontò com'era andata con il dottor Gordon, e gli descrisse il misterioso apparecchio.
- È una procedura normale? - chiese poi.
Carew gli disse che non conosceva affatto i metodi del dottor Gordon. Comunque giurò che Gordon sapeva esattamente quello che faceva, e consigliò a George di seguire le sue istruzioni.
Fu abbastanza facile. Il mercoledì e il giovedì venne soltanto il portalettere e lui segnò scrupolosamente le ore in cui si era presentato alla porta. Per tutto il resto, svolse le sue attività normali, domandandosi, di tanto in tanto, come diavolo facesse il tempo a sfuggirgli di mano tanto in fretta. Contrariamente alle assicurazioni di Carew, non riusciva a condividere la fiducia sui sistemi di cura del dottor Gordon.
Venerdì mattina, alle undici meno un quarto, suonò il telefono. George sollevò il ricevitore.
- Salve, signor Belk - disse la voce del dottor Gordon. - A quanto pare avete dimenticato il nostro appuntamento.
George, confuso, fu costretto ad ammettere di essersene proprio dimenticato.
- Non riesco a capire come sia successo - disse. - Avevo deciso di essere da voi alle dieci in punto. Mi è sembrato di guardare l'orologio un attimo fa, ed erano soltanto le nove e qualche minuto.
- Non mi stupisce - disse il dottor Gordon. - Venite non appena potete. E portate il drainometro.
- Cosa?
- L'apparecchio che vi ho dato - disse il dottor Gordon, e riappese.
Il fatto di sapere che l'apparecchio si chiamava drainometro non gli fu di molto aiuto. Lo prese e uscì, confuso. Nell'ufficio, il dottor Gordon lo fece accomodare in un salottino. gli diede qualche rivista da leggere, e sparì con il drainometro. Ricomparve dopo un quarto d'ora circa, si chiuse la porta alle spalle, e guardò George.
- È il caso più grave che mi sia mai capitato - disse, scuotendo la testa. - Molto peggio di quanto non avessi sospettato.
- Un caso grave di cosa? - domandò George allarmato.
- Di drenaggio del tempo. - Il dottor Gordon si sedette. - Cercherò di spiegarvi la situazione il meglio possibile, signor Belk, e capirete perché è stato necessario non dirvi niente fino a questo momento.
Intrecciò le dita.
- Non entrerò nei dettagli matematici della questione - disse - perché penso che la matematica scientifica non sia il vostro forte.
- Infatti - ammise George.
- Allora vi parlerò del tempo in modo più generale. Ci sono due tipi distinti di tempo. C'è il tempo tutto in lettere maiuscole, per così dire, e questo è il tempo che passa per tutti noi. Poi c'è il tempo individuale, o soggettivo.
George fece un cenno affermativo. Cominciava a interessarsi:
- Le teorie di Einstein avevano a che fare con queste cose, vero?
- Non esattamente. La scienza delle unità di tempo esula dagli studi di Einstein. Immaginate che ciascuno generi delle unità, o particelle di tempo, per uso personale. Diciamo, approssimativamente, che per cinquant'anni di tempo reale, o TEMPO, ciascuno generi, e usi, cinquanta milioni di particelle di tempo. Quando il processo funziona regolarmente, l'individuo rimane sincrono nel TEMPO. Consuma le sue particelle di tempo con un ritmo uniforme che lo tiene al passo con il trascorrere del TEMPO nel mondo. Comunque, possono sorgere dei problemi. Voi, signor Belk, non avete un solido contatto con il flusso delle vostre particelle di tempo. Si può dire che in voi c'è qualcosa che si ritrae, entro certi limiti, dal mondo e dal TEMPO esterni. Per sintetizzare, voi siete portato naturalmente a sprecare particelle di tempo. Per il momento non possiamo fare gran che. D'altra parte si tratta di una faccenda molto seria. Ho calcolato che voi perdete una particella di tempo su venti, una percentuale non molto significativa, in realtà.
- Non credo di avere capito molto - disse George.
- Non è necessario che afferriate tutto - assicurò il dottor Gordon. - A me basta che abbiate un'idea generale. Adesso vi spiego un altro aspetto della faccenda. La gente, come sapete, considera in modi assai diversi il valore del tempo. Certi non ne hanno mai a sufficienza. Hanno molte cose da fare, e molte altre che vorrebbero fare, ma senza riuscirci. Se potessero concentrare quarantotto ore in una giornata di lavoro, sarebbero gli esseri più felici.
«Poi ci sono quelli che, come abbiamo detto, hanno il tempo nelle mani. A volte ne hanno fin troppo. È una comodità di cui non sanno che uso fare. Se fosse possibile, sarebbero contenti di poterne cedere una parte.
«Oggi questo è possibile. Ecco il punto. Ci sono metodi che permettono di sviare il flusso delle particelle di tempo di un individuo verso il flusso di quelle di un altro, per integrarlo. Questa seconda persona ottiene di avere soggettivamente molto più tempo a disposizione di quanto non ne avesse prima, mentre la prima ne ha meno. In questa transazione, il perdente, se si tratta di un uomo che non dà valore al tempo, e ne ha parecchio da sprecare, può anche non accorgersi che gli sia successo qualcosa. Anzi, può sentirsi più a suo agio, meno annoiato, proprio per la perdita delle particelle di tempo che aveva a disposizione.
«Ma c'è il rovescio della medaglia. Quando la vittima è una persona affaccendata, una persona che ha bisogno di tutto il suo tempo, allora il problema si complica. Anche lui, naturalmente, non capisce cosa sia successo. Sa soltanto che gli occorre un'eternità per fare qualsiasi cosa. Gli sembra che i minuti e le ore gli scivolino dalle dita. E in effetti è così.»
George guardò Gordon, allibito.
- E a me è successo questo? - chiese.
- È proprio quello che vi è successo, signor Belk.
- Ma, è una cosa che dura da anni!- gridò George.
- Evidentemente.
- Come posso impedirlo? Voi avete detto...
- Ho detto che il vostro problema può essere risolto - disse il dottor Gordon. - E lo risolveremo. Vedete, è sorta un'organizzazione che si dedica al trasferimento del tempo soggettivo tra gli individui. Queste transazioni sono perfettamente legali, dome ho detto, molta gente ha più tempo a disposizione di quanto non sia loro necessario. Tempo di cui non sanno che farsene. La gente che ha bisogno di più tempo, può attingere dal tempo di questi altri, e paga un compenso. Dato che la nostra organizzazione opera con la massima segretezza, molte volte il donatore non sa della transazione. Comunque, viene sempre compensato. Su di lui scende la fortuna. Può trovare un lavoro migliore, più congeniale e altre cose del genere. Insomma, entrambe le parti ottengono un beneficio.
- Perché tanta segretezza? - domandò George. - Se tutti sapessero...
- Se tutti sapessero, la situazione ci sfuggirebbe completamente di mano. Come ho detto, il processo di estrarre particelle di tempo da una persona è molto semplice. Non vogliamo che lo sappia più gente di quella che possiamo aiutare.
- Capisco - disse George. - Allora voi... questa organizzazione... può impedire alla persona che mi ha rubato il tempo, di farlo ancora?
Il dottor Gordon sorrise.
- Possiamo fare di meglio. Molto meglio. Il drainometro mi ha indicato che in certi periodi di questi due giorni vi hanno tolto nove particelle su dieci del vostro tempo. È un crimine spaventoso. Il fatto che voi date molto valore al vostro tempo, vi ha reso una vittima vulnerabile. Adesso quelli che ne hanno ricavato un profitto vi dovranno compensare. Oggi vi darò un altro strumento da portare a casa. Al prossimo tentativo di cambiare il flusso delle vostre particelle di tempo, noi sapremo chi è il colpevole. Con tutta probabilità scopriremo che non si tratta di un solo individuo, ma di una banda organizzata.
- Una banda?
- Esattamente. Come vi ho detto, signor Belk, il tempo ha un valore. Per certi, addirittura un valore incalcolabile. Tra questi c'è sempre qualcuno che non si preoccupa di ottenere il beneficio in modo etico e legale. A loro basta avere quello che vogliono. Non dimentichiamo che esistono disonesti disposti a fornire qualsiasi cosa dietro compenso. Noi siamo sempre alla ricerca di qualche traccia che ci porti alla loro identificazione.
- E voi potete farmi ottenere un compenso per quello che mi hanno fatto?
- Certamente - disse il dottor Gordon. - L'organizzazione ha mezzi efficaci per combattere tanto i criminali che commerciano quanto quelli che ne traggono un profitto. Noi dobbiamo stabilire con esattezza quanto tempo vi hanno tolto in questi anni, e chi è stato. I colpevoli vi dovranno ripagare fino all'ultima particella di tempo. L'organizzazione intanto metterà a vostra disposizione un credito di tempo da cui potrete attingere a vostro piacimento. In altre parole, se volete lavorare per un certo periodo di tempo sulla base di quarantotto ore al giorno, o anche di cento, potrete farlo.
George rimase un attimo in silenzio.
- Non so come ringraziare l'organizzazione, e voi - disse alla fine. - Dovrò pure ripagarvi in qualche modo. Dite come.
- Ecco, per dire la verità si usa pagare una parcella. Il compenso non viene a me, ma va all'organizzazione. Facciamo il dieci per cento del tempo che riuscite a recuperare? Vi sembra un prezzo onesto?
- Onestissimo - disse George.

Il giorno dopo chiamò Carew per dirgli com'erano andate le cose con Gordon.
- Proprio come pensavo - disse Carew con evidente soddisfazione.
- Dunque sapevate questa faccenda del drenaggio?
- Certo - disse Carew. - Molto tempo fa mi sono trovato in una situazione assai simile alla vostra. Una persona mi ha indirizzato all'organizzazione, e loro hanno risolto il mio caso in modo soddisfacente. Oggi, a volte, uso ancora una giornata lavorativa di cinquanta ore, come penso che farete qualche volta anche voi. Comunque, adesso una giornata di lavoro normale è già più che sufficiente.
- Sono convinto che abbiate ragione - disse George. - Però voglio vivere qualche mese sfruttando al massimo il mio credito di tempo.
- Molto bene - disse John Carew. - In questo caso diciamo che voglio un vostro libro entro... be', entro due settimane.
E l'ebbe.

FINE