Red Alert Project
Utopia & Dystopia
* * Back * *

VALUTA LAVORO E DECADENZE - Ezra Pound

I / II / III / IV / V

Una nazione che non vuole indebitarsi fa rabbia agli usurai.
«Rassegna Monetaria» 1937 / «Meridiano di Roma» 1943

Capitolo I

L'antico Impero Romano cadde perché non difese la valuta lavoro, non difese la potenza d'acquisto del produttore di grano. La forza di Roma antica sorse con le leggi Liciniane e cominciò a decadere col «dumping» cioè con l'importazione del grano egiziano a basso prezzo. Il nome «romano» rimase fino a che un figlio di pastore bulgaro diventò imperatore. Oggi il nome «democrazia» è rimasto alle usurocrazie, o alle daneistocrazie, se preferite una parola accademicamente corretta, ma forse meno comprensibile, che significa: dominio dei prestatori di denaro. La guerra contro «das Leibkapital» fu proclamata da Hitler due anni dopo la marcia su Roma, ma in America si continuò ad adoperare una terminologia che non corrispondeva più ai fatti. Il sistema degli Stati Uniti concepito da John Adams ed i suoi colleghi fu un sistema statale.
Nella terra incolta non fu, e non è ancora, possibile un'organizzazione sviluppata al grado europeo. Quello che resta ancora incompreso in America come in Europa è che questo sistema statale americano sparì dopo l'assassinio di Lincoln. Non sparì in seguito ad una rivoluzione aperta ed onesta. Il sistema fu tradito e cadde. Tutto quanto era statale o rappresentativo si dissolse. La potenza fu assottigliata, il popolo fu beffato e gli Stati Uniti rimasero daneistocrazia, usurocrazia per opera delle manovre di Rothschild, Ikleheimer, Morton, Vandergould e altri usurai e del traditore J. Sherman, deputato dell'Ohio. Il tradimento si operò per mezzo del trucco bancario, buoni come basi bancarie, etc. - come ho indicato qualche settimana fa, citando Overholser (History of Money in the USA).
È tempo di finirla con certi feticismi. San Luigi re di Francia pagò la corona di spine una somma che nel 1897 Brooks Adams calcolò come equivalente ad un milione di dollari. La cifra in moneta contemporanea è nota. Dopo la battaglia di Tiberiade i Crociati non si fidarono più delle reliquie. Sorgeva la potenza marittima di Venezia. Roosevelt ai nostri giorni ha pagato miliardi di dollari per una sostanza quasi inutile. Certo una sostanza meno potente che non il plexiglas o il berillio. È tempo di finirla con la bestiale superstizione, la riverenza cieca per il talismano oro, feticcio piede di coniglio portafortuna. L'ecatombe dei soldati inglesi sarebbe l'ultimo tributo pagato alla bestiale superstizione, al rispetto per il metallo giallo.
Una nazione libera è una nazione che non rimette il controllo della sua propria potenza d'acquisto in mani altrui. L'Europa non produce l'oro e non ne ha bisogno. Questa «Europa» comprende l'Italia, la Germania e magari anche la Francia e le Isole Britanniche. Se volete liberarvi dai Beit, dagli ebrei padroni delle miniere d'oro in Africa, delle miniere sovietiche, bisogna aprirci gli occhi. L'oro non si mangia. Una nazione ha bisogno di grano, di lana, di cuoio, ma non di gingilli. Discutere i governi delle così dette democrazie: Inghilterra, Francia, Stati Uniti, è una semplice perdita di tempo, sino a che non si distingue tra teoria e fatto.
Questi tre paesi sono controllati dagli usurai, sono usurocrazie o daneistocrazie, ed è perfettamente inutile parlarne come se fossero controllati e governati dai loro popoli o dai delegati che rappresentano i loro popoli, o nell'interesse dei loro popoli. Bisogna domandare fino a qual grado ed in che percentuale dei casi un deputato o altro incaricato si prepara a diventare eleggibile, indebitandosi. Il debitore deputato, sarà servo obbediente del creditore suo, e se questo creditore è una banca o un trust questo creditore fa una gran parte del lavoro che crea il sopradetto delegato, deputato o sceriffo.
La stampa costa cara, diciamo dieci milioni di dollari per iniziare un quotidiano. Stampa libera? Affatto. Nel 1939 solamente cinque dei più noti quotidiani degli Stati Uniti si amministrano senza passivo. Un direttore diceva: «Non posso trovare un credito a lunga scadenza. Mi fanno dei prestiti per non più di tre mesi». Quindi controllo quasi immediato.
Gli umoristi dell'Asse mi accompagnano sul terreno «principii» ma hanno, omesso di pubblicare caricature dei direttori della Banca d'Inghilterra di cui l'alto patriottismo e la sete di vincere la guerra per le libertà democratiche, si dimostrò palesemente nella riunione del direttorio. Primo atto della mobilitazione fu di raddoppiare il proprio stipendio. Così si guadagna, la stima e la gloria. Essi sono così «umani». E poi così inglesi: Goschen, Niemeyer, Strakosch, Lefeaux, Lazard bei nomi anglosassoni, dinastia di famiglie W. H. Samuel, Kleinwort, Hambro bell'usuraio che scappò dalla Norvegia portando con se i quattrini ed esortando i Norvegesi a combattere in sua assenza.

I metodi dell'usurocrazia sono di quella materia che Dante trovò nel basso Inferno:
Al modo della nona bolgia sozzo,
Gli 800.000, più o meno, soldati di colore in Francia, per rimpiazzare gli europei sono stati assoldati per sostenere Lazard, Rothschild ed i loro strumenti Handel etc., perché gli usurai possono truffare questi poveracci più facilmente che non i contadini francesi. E così sarà sempre dove regnano gli usurai. L'usuraio distruggerà ogni ordine sociale, ogni decenza, ogni bellezza. La differenza etica fra divisione dei frutti, e la tassa fissa è fondamentale. Chi tiene l'ipoteca se ne infischia dell'andamento della fabbrica, della fattoria o dello stato. Se falliscono, lui resta il padrone.
Ogni nazione che tollera uno stato di usurai dentro lo stato ufficiale, decade. Chi non si interessa dei processi economici e monetari è un illetterato. A titolo di cronaca C. H. Douglas ha da tempo sostenuto che questa guerra mossa dall'internazionale usuraia è guerra contro gli Inglesi come contro i Tedeschi. Egli sostiene che è guerra contro tutta la popolazione bianca dell'Europa, a beneficio degli usurai internazionali. Sia giusta o no questa osservazione di Douglas, possiamo ritenere come assioma che gli usurai sono e saranno, fino a che non saranno cacciati nel più basso inferno, nemici di ogni popolo di alta cultura, contro ogni senso vivo della realtà e delle operazioni di una civilizzazione elevata, per la semplice ragione che più voi capite le leggi del meccanismo sociale e più sarà difficile truffarvi con la truffa oro, o con la truffa bancaria.

Credito sociale

Il credito è senza dubbio un prodotto sociale. La responsabilità personale è una delle componenti del credito concesso ad un individuo poiché in generale lo si concede fidando nella buona fede e nelle buone intenzioni del debitore cioè sulla sua volontà di restituire la somma ricevuta. Considerato però che questa restituzione dipende anche dalle condizioni dell'ambiente, dal mantenimento dell'ordine pubblico, si può affermare che il credito personale è un prodotto sociale.
Il credito si aumenta con l'organizzazione della nazione: infatti sin dall'origine è accresciuto dall'«incremento di cooperazione». Questo vuol dire, per esempio, che un milione d'individui, ciascuno lavorando per se stesso, non può costruire una corazzata, né una centrale elettrica. Così l'enorme credito che noi conosciamo oggi sorge dall'organizzazione sociale, dall'organizzazione statale. E lo stato non ha bisogno di prendere danaro in prestito dai privati. È libero d'obblighi morali e materiali di prendere danaro in prestito dai privati. È libero quindi di entrare in rapporti contrattuali coi privati per il pagamento dell'interesse, in quanto non è obbligato ad indebitarsi nel vecchio modo e secondo i superstiziosi dell'era Rotschildiana.
Questo non vuol dire che i Buoni Statali devono essere vietati. Io non sono contrario all'emissione dei Buoni di Stato. Che un governo riscuota largo credito presso i suoi cittadini, ciò dimostra la loro adesione alla politica, la loro fiducia. Testimoniando il popolo la fiducia nel governo e nello stato può anche dimostrare altri stati d'animo, altre passioni contingenti, ma non importa. Può indicare avarizia privata, scarsa confidenza nel mercato di domani, nelle condizioni della produzione etc. Ma, dal lato sano, dimostra una grande fiducia nel governo, e questo basta, fino a un certo punto.
Ma i Buoni servono a un secondo scopo, non riconosciuto dal volgo. I Buoni Statali possono servire a distribuire il dividendo di stato; cioè possono distribuire i profitti guadagnati dalla nazione totale. Per essere utile allo stato il potere d'acquisto della moneta deve essere sparso, cioè distribuito fra tutto il popolo, altrimenti si cade nell'elemosina, che è veleno antistatale, e che degenera il popolo in modo spaventevole.
Il credito è prodotto sociale, ed ogni cittadino contribuisce alla formazione del credito. Contribuisce coi suoi atteggiamenti, colle sue abitudini civili, i suoi modi di condursi. Ed ogni cittadino, ogni individuo, ha il diritto di partecipare ai guadagni dello Stato; e questo non implica nessuna necessità di prestare né di ricevere in prestito, quando la nazione ha veramente ricavato un profitto nell'anno o nel mese corrente. Il profitto, o guadagno materiale, di una nazione si può apprezzare senza grandi difficoltà cioè misurando i suoi beni alla fine d'ogni anno. Se alla fine dell'anno XX l'Italia possiede più scorte ed impianti che al principio del detto anno, questo sarebbe la misura del profitto di quell'anno; e per contro sarebbe equo distribuire questo profitto per mezzo di moneta ad un valore nominativo equivalente.
Essendo in guerra c'è ben poca probabilità che l'anno corrente sarà in questo senso «attivo», e quindi si è ricorso al credito. La forza del credito nazionale si dimostra validissima In questi giorni.

Ma chi deve prestare?

L'individuo o lo Stato stesso? Lo Stato può prestare. Questo era già saputo dai romani antichi e dai greci. Non si dimentichi che la flotta che vinse a Salamina fu costruita coi danari prestati dallo Stato d'Atene agli armatori privati. In quel caso si trattava di moneta metallica. Abbiamo due verità affini e le dobbiamo distinguere scrupolosamente fra di loro.
Lo Stato può prestare danaro. Questo si apprende dalla storia. Lo Stato può anche concedere credito. Di fatti essendo il credito un prodotto sociale e non individuale chi ha maggior diritto di concedere credito: lo Stato, o l'individuo? Giovandosi del credito suo, cosa impedisce allo Stato di concederlo ai privati?

Distinguiamo

La moneta e il credito sono termini affini ma non identici. La moneta, anche aurea, fu dimostrazione insieme di sfiducia e di fiducia; la sfiducia si dimostrò nel componente materiale, la fiducia nell'accettare il conio, l'immagine incisa e l'iscrizione del valore. Ll'oro serviva anche a un altro scopo; e cioè ad impedire la falsificazione. Scoperto che la carta stampata e sigillata serviva ugualmente o meglio, ad impedire la falsificazione, ne consegue che la carta può funzionare da moneta. Questo si sapeva nella Cina già nel seicento prima del mille. Arrivando al concetto, ed oggi alla proclamazione ufficiale, della moneta-lavoro, non dobbiamo, e non possiamo più agganciarci alle superstizioni dell'epoca rothschildiana.

Gli usurai tramontano

L'accettazione della moneta-lavoro comporta non un beneficio solo, ma più benefici. L'oro scarseggia. L'oro fu sempre strumento di strozzinaggio. Da più secoli la cosiddetta base aurea serviva principalmente a mascherare la moneta non-aurea ma pseudo-aurea, cioè moneta finta, moneta sorta dalla contabilità confusionaria dei banchieri.
Il lavoro non scarseggia. Col fenomeno moneta-lavoro si può adoperare moneta dove prima si adoperava il credito. Dove, per mal costume, anche, lo Stato andava dagli usurai per pregarli di concedere credito allo Stato. Sì e magari allo Stato! Lo Stato pagava affitto agli usurai per lo stesso credito che apparteneva, di diritto, allo Stato stesso, essendo cresciuto dalla cooperazione di tutto il popolo, essendo prodotto sociale. Adoperando la moneta-lavoro, questa moneta si può emettete dal momento che il lavoro utile allo Stato viene effettuato.
Il problema della circolazione si può risolvere da sé. Il problema secolare della distribuzione della moneta fra tutto il popolo si risolve senza mettere il collo sotto il giogo, degli usurai. Lo Stato non è più costretto ad accettare l'onere immenso dei, pagamenti degli interessi sui nuovi debiti pubblici. Forse questo deve bastare per un articolo o discorso?

Concedetemi un'altra parola

I pagamenti d'interesse possono giovare ancora per decenni al buon ordine pubblico, possono giovare a conservare un alto livello di cultura, a premiare la prudenza ed il buon costume. Il totale di questi pagamenti non deve superare i profitti normali della nazione. Devono, cioè misurarsi in proporzione al profitti nazionali normali e prevedibili, e quando dico «non devono superare», io diminuisco la gravità del problema perché in realtà non devono uguagliare i profitti, potrebbero al più sanamente raggiungere una certa percentuale di questi profitti, e considerarsi un dividendo ai privilegiati, o ai premiati.
Insisto sulla parola «premiati». Direi che questi premi non devono raggiungere più di cento mila lire all'anno per qualsiasi individuo. Direi che il nostro scopo deve essere quello di erigere e sostenere lo Stato, e non di approfittare delle società anonime.

Di un sistema economico

Nell'anno XI, Era Fascista, mi posi dunque queste domande:
1. È un sistema economico quello che dà maggiori frutti a coloro che fanno cannoni per ammazzare la gente piuttosto che a coloro che coltivano il grano e fanno macchine utili?
2. Deve il credito della nazione funzionare per il beneficio della Nazione intera?
3. È alla base del Partito Fascista il senso della responsabilità che ognuno deve avere verso tutti? La Rivoluzione Fascista cominciò con la frase del Duce: «Siamo stufi d'un governo dove non c'è un responsabile con nome, cognome e indirizzo».
4. Se la moneta fosse considerata come certificato di lavoro compiuto le tasse sarebbero necessarie?
5. Marx trovò alla base di tutti i valori il lavoro. C. H. Douglas deriva i valori un po' dal lavoro ma molto più dalla eredità culturale, cioè dal complesso e somma delle invenzioni meccaniche e, magari, anche dai costumi, abitudini d'agire con ordine, etc. Quale concorda più con l'idea statale?
6. Il problema più immediato che preme in specie negli Stati Uniti e negli Stati parlamentari, è la distribuzione della potenza d'acquisto?
7, «Una fabbrica può considerarsi non solamente come macchina che distribuisce il potere d'acquisto», dice C. H. Douglas. Che commento si può fare a ciò? Con il sistema presente il potere d'acquisto diminuisce continuamente di fronte al prodotto materiale.
8. Dovremmo avere un biglietto per ogni pezzo di merce del valore corrispondente? O approssimativamente? O con una quantità di merce superflua, sufficiente per una riserva?
9. Non è la mobilizzazione dei crediti interni uno del più savi passi del Fascismo? Con la creazione di centrali elettriche e con le bonifiche, si è creata ricchezza vera. Il progresso immenso della meccanica non contribuisce di più al benessere sotto il Fascismo che sotto qualsiasi altro sistema esistente nell'anno XI?
10. Quello che il Duce ha detto a proposito dei giornali può dirsi anche dalle banche?
11. Per me, la quintessenza del Bolscevismo è nel decreto di Lenin (sottoscritto anche da altri): Banking is hereby declared a monopoly of the state: «L'esercizio bancario è dichiarato monopolio dello Stato».
12. Sarebbe la moneta perfetta un vero certificato della merce esistente? Od il comando di portare o di rilasciare questa merce. O un compromesso, cioè una finzione a proposito della relatività della merce a qualche sostanza o ad una volontà? Se ad una volontà alla volontà di chi?
13. R. Mckenna sostiene come, rimedio supremo l'«inflazione controllata». Non dipenderebbe allora da chi la controllerebbe e con quali motivi?
14. Se l'inflazione è accettata come rimedio, quali sono gli argomenti contrari a un'inflazione uguale, cioè distribuzione dei «dividendi dello Stato» a tutti?
15. Discutendo con un ufficiale bolscevico sul Fascismo, egli insisteva che lo Stato russo appartiene «a loro» cioè al popolo. Io non riesco ad afferrare il significato di questo «appartiene». L'Italia in regime fascista sarebbe mica un feudo?

Seguivano altre domande che non appartenevano strettamente alla questione economico-monetaria; per es.:
16. Fra bolscevismo e fascismo la differenza sta nel livello culturale. Si cambia una forma amministrativa e magari una teoria in sei giorni, ma una civiltà non si fa in sei anni.
17. Pregiudizi: forme verbali morte?
18. Il governo de facto di Jefferson rassomiglia più al fascismo d'oggi che all'attualità odierna americana. Non è vero?

Capitolo II

Foglio di disciplina civica

Finché non hai chiarito il tuo pensiero dentro di te stesso, non puoi comunicarlo ad altri. Finché non hai messo de l'ordine dentro di te stesso, non puoi essere elemento d'ordine nel partito. Il fatto militare dipende dall'onestà del regime.

La moda dell'utopia

Il dieci Settembre scorso passai lungo la Via Salaria oltre Fara Sabina e dopo un certo tempo entrai nella repubblica dell'Utopia, un paese placido giacente fuori della geografia presente. Trovando gli abitanti piuttosto allegri, io domandai la causa della loro serenità e mi fu risposto che essa era dovuta alle loro leggi e al sistema d'istruzione ricevuta fin dai primi anni di scuola. Dicono che le nostre conoscenze generali derivano dalle conoscenze particolari, e che il pensiero s'impernia sulle definizioni delle parole.
Per insegnare ai piccoli ad osservare i particolari si fa una specie di gioco, tenendo nella mano chiusa un numero di piccoli oggetti, come per esempio tre chicchi di orzo, un soldino, un bottoncino azzurro, un grano di caffè ovvero un chicco d'orzo, tre bottoni diversi ecc. poi si apre la mano un istante, e rinchiudendola subito, si domanda al bambino cosa abbia veduto. Poi per i ragazzi si fanno cose più complicate, e finalmente ognuno sa come vengono fatte le proprie scarpe o il cappello. E mi fu detto che, definendo le parole, questa gente è arrivata a definire, la loro terminologia economica, col risultato che diverse iniquità della borsa e della finanza sono scomparse dal paese perché nessuno ci si lascia più abbindolare.
E attribuiscono la loro prosperità ad un semplice modo di raccogliere le tasse, o meglio, la loro unica tassa, che cade sulla moneta stessa. Perché su ogni biglietto del valore di cento, sono costretti ad affiggere una marca del valore di uno, il primo giorno d'ogni mese. E il governo, pagando le sue spese con moneta nuova, non ha mai bisogno di imporre imposte, e nessuno può tesorizzare questa moneta perché dopo cento mesi essa non avrebbe alcun valore. E così è risolto il problema della circolazione. E così la moneta, non godendo poteri di durabilità maggiori di quelli posseduti da genere come le patate, le messi e i tessuti, il popolo è arrivato a giudicare i valori della vita in modo più sano. Non adora la moneta come un dio, e non lecca le scarpe dei panciuti della borsa e del mercato.
E, naturalmente, non sono minacciati d'inflazione monetaria, e non sono costretti a fare delle guerre a piacer degli usurai. Di fatto questa professione, o attività criminale, è estinta nel paese dell'Utopia, dove nessuno ha obbligo di lavorare più di cinque ore al giorno, perché molte attività burocratiche sono eliminate dal sistema di vita. Il commercio ha poche restrizioni. Scambiano i loro tessuti di lana e di seta contro arachidi e caffè dalla loro Africa, e i loro bovini sono così numerosi che il problema dei concimi si risolve quasi da sé. Hanno una legge molto severa che esclude ogni surrogato da tutta la loro repubblica.
Il popolo s'educa quasi ridendo, e senza professori superflui. Dicono che è impossibile eliminare libri idioti, ma che ne è facile distribuire l'antidoto, e questo fanno con un regolamento molto semplice. Ogni libraio è costretto a tenere in vendita i libri migliori; ed alcuni di valore eccelso, egli deve tenerli esposti in vetrina per qualche mese dell'anno. E così potendo conoscere i libri migliori, poco a poco le «nouvelle revue française» e le selezioni del «London Times» sono sparite dalle tavole.
Stimano la perizia nelle opere agricole come nella mia gioventù io stimai la perizia del tennis o del calcio. Di fatto fanno la gara dell'aratro, per saper chi può fare il solco con maggior precisione. Per questo mi sentii troppo vecchio, ricordando un giovane amico, preso anch'egli da questa passione arcaica, che mi scrisse del suo primo iugero: «pareva come se un maiale fosse passato sradicando».
Dopo aver ricevuto la spiegazione tanto semplice della felicità di questo popolo, io m'addormentai sotto le stelle sabine, meditando sugli effetti stupendi di queste modificazione, in apparenza così piccine, e meravigliandomi della distanza trascorsa fra il mondo del novecento e quello della serenità.
Sopra il portone del loro Campidoglio si legge: "Il tesoro d'una nazione è la sua onestà".

Precisioni del reato

È inutile mettere insieme una macchina se una parte manca o è difettosa. È necessario prima d'avere tutte le parti essenziali della macchina. Per capir bene le origini di questa guerra, giova sapere che: Il Banco d'Inghilterra, una associazione che pratica l'usura al 60%, fu fondato nell'anno 1694. Paterson, l'ideatore della banca dichiarò chiaramente il vantaggio della sua trovata: la banca trae beneficio dell'interesse su tutto il danaro che crea dal niente. Nell'anno 1750 veniva soppressa la carta moneta nella colonia di Pennsylvania. Ciò significava che nel contempo l'associazione degli strozzini, non contenta del suo 60%, ovvero dell'interesse sul danaro creato dal niente, era divenuta tanto forte che ha potuto mettere in moto il governo inglese per sopprimere illegalmente una concorrenza che, con un sano sistema monetario, aveva portato la prosperità alla detta colonia.
Dopo 26 anni, cioè nel I776, le colonie americane si ribellavano contro l'Inghilterra. Erano 13 organismi separati, pervasi da dissidi, ma favoriti dalla geografia e dalle discordie europee. Vinsero l'Inghilterra, il nemico eterno, ma la loro rivoluzione veniva tradita dai nemici interni. Le loro difficoltà potrebbero servire a stimolare gli Italiani d'oggi; e i problemi d'allora potrebbero forse suggerire soluzioni all'Italia d'oggi. L'imperfezione del sistema elettivo americano si dimostrò subito nella frode commessa dai deputati che speculavano sulle cambiali o «certificati di paga dovuta» emesse dalle singole colonie a favore dei veterani. Il trucco era semplice, antico, ed equivalente al variare il valore dell'unità monetaria. Ventinove deputati, in combriccola coi loro amici comprarono i certificati al 20% del nominale; poi la nazione, ormai costituita in unità amministrativa «assunse» la responsabilità di pagare i detti certificati. al 100% del nominale.
La lotta fra finanza e popolo si rinnovò nella battaglia fra Jefferson ed Hamilton, e più chiaramente quando il popolo fu capeggiato da Jackson e Van Buren. La decade 1830-40 è quasi sparita dal libri di scuola. I fattori economici dietro la guerra americana «Civile» sono interessanti. Dopo le guerre napoleoniche, dopo quella «Civile», dopo Versaglia gli stessi fenomeni si sono verificati. L'usurocrazia fa le guerre a serie. Le fa secondo un sistema prestabilito, con l'intenzione di creare debiti. Ogni debito creato in moneta che vale un quintale di grano viene presentato, per il pagamento in moneta che vale cinque o più quintali. Si parla di svalorizzazione, inflazione, rivalorizzazione, deflazione e del ritorno all'oro.
Tornando all'oro Churchill fece pagare dal contadino indiano due staia di grano per soddisfare tasse e interessi che poco prima aveva soddisfatto con uno staio solo. C. H. Douglas, Arthur Kitson, Montagu Webb raccontano particolari. Gli Stati Uniti furono venduti ai Rothschild nel 1863. Gli Americani hanno impiegato ottant'anni per scoprire fatti che sono ancora ignorati dal pubblico europeo. Il padre di Lindberg ne rivelò alcuni al Congresso americano, che furono più tardi raccolti dall'Overholser nella sua «History of Money in the USA». Una lettera dei Rothschild alla ditta Ikleheiner in data del 26 giugno 1863 contiene le parole di fuoco: «Pochi comprenderanno questo sistema, coloro che lo comprendono saranno occupati nello sfruttarlo, e il pubblico forse non capirà mai che il sistema è contrario ai suoi interessi».
I giochi prediletti dell'usurocrazia sono semplici e la parola «moneta» non si definisce nel manuale per impiegati emesso dai Rothschild né nel vocabolario ufficiale «Sinonimi ed omonimi della terminologia bancaria». I giochi sono semplici: raccogliere usura all'equivalente del 60 % in su, e variare il valore dell'unità monetaria nei momenti comodi agli usurai.

L'ignoranza

L'ignoranza dei giochi non è prodotta dalla natura, anzi dall'arte. È stata aiutata dal silenzio della stampa, in Italia come altrove. Inoltre quest'ignoranza è stata pazientemente elaborata. La base vera del credito si rese nota già all'inizio del seicento ai fondatori del Monte dei Paschi di Siena. Questa base fu, ed è l'abbondanza, o produttività della natura congiunta alla responsabilità di tutto il popolo. Banche e banchieri hanno funzioni utili e potenzialmente onesti. Chi fornisce una misura dei prezzi sul mercato e allo stesso tempo un mezzo di scambio, è utile alla nazione. Chi falsifica questa misura e questo mezzo è reo.
Una sana politica bancaria mira, e nel passato ha mirato come ha detto Lord Overstone, a «soddisfare i veri bisogni del commercio e a scontare tutte le cambiali che rappresentano affari legittimi». Ma, a un certo momento verso il principio di questo secolo, Brooks Adams fu mosso a scrivere: «Forse non è mai esistito un finanziere più capace di Samuele Loyd. Certo, egli ha capito come pochi, anche nelle generazioni seguenti, la macchina potente del «tallone unico». Egli comprese che, se i traffici aumentano, con una moneta non elastica, il valore dell'unità monetaria aumenterà. Egli vide che, con mezzi sufficienti, la sua classe potrebbe manovrare un rialzo quasi a piacer suo, e che, senza dubbio, potrebbe manipolarlo quando accade, valendosi dei cambi esteri.
Percepì inoltre, che una volta stabilita, una contrazione della circolazione la si potrebbe portare all'estremo e che, quando la moneta avesse raggiunto un prezzo fantastico, come nel 1825, i debitori si vedrebbero costretti a rilasciare la loro proprietà alle condizioni, quali si siano, dettate dai creditori». Ecco perché radio Londra, proclamando la liberazione dell'Europa, e dell'Italia in particolare, non risponde mai all'interrogativo: E la libertà di non indebitarsi, cosa ne dite? Ecco, anche perché il Brooks Adams ha scritto: dopo Waterloo nessuna potenza ha potuto resistere alla forza degli usurai. Ecco perché Mussolini fu condannato vent'anni fa dal comitato centrale dell'usurocrazia. Ecco perché si fanno le guerre, cioè si fanno le guerre per creare debiti che poi vengono pagati in una moneta rialzata, o in altri casi, non pagati affatto.

La guerra è il sabotaggio massimo

È la forma di sabotaggio più atroce. Gli usurai provocano le guerre per nascondere l'abbondanza, esistente o potenziale. Le fanno per creare carestia. È più difficile imporre un monopolio di materie abbondanti che di materie che scarseggiano. Gli usurai provocano guerre per imporre monopoli a loro vantaggio, e per poi strozzare il mondo. Gli usurai provocano guerre per creare debiti; per poi sfruttarne l'interesse, e per sfruttare i profitti risultanti dai cambiamenti nel valore delle unità monetarie. Se questo non è chiaro al lettore neofita, lascio che egli mediti le seguenti frasi dell'Hazard Circular dell'anno 1862: «Il grande debito che i nostri amici, i capitalisti dell'Europa, faranno in modo di far sortire da questa guerra, verrà adoperato per manipolare la circolazione. Noi non possiamo permettere che i biglietti statali circolino perché non possiamo regolarli».
Di fatto, dopo l'assassinio del Presidente Lincoln nessun tentativo serio contro l'usurocrazia venne fatto sino alla formazione dell'Asse Berlino-Roma. L'ambizione italiana di raggiungere una libertà economica, ovvero la libertà di non indebitarsi, fece scattare le sanzioni di bieca memoria. Le grandi case editrici d'Italia, complici più o meno coscienti della stampa infida italiana, non hanno pubblicato in Italia gli autori quali Brooks Adams e Kitson che svelano questi fatti. La stampa è stata infida, e le grandi case editrici ne sono state complici coscientemente o incoscientemente secondo la loro competenza. Contro la malafede non si può lottare colla pubblicazione dei fatti, ma contro l'ignoranza si potrebbe lottare.
Le case editrici hanno ricevuto le loro informazioni per tubature avvelenate, e hanno preso il loro tono dal Times Literary Supplement e dai volumi distribuiti per mezzo di Hachette, e di Smith and Son, o approvati dalla Nouvelle Revue Française. Nulla o quasi nulla arrivò in Italia senza essere selezionato dagli usurai internazionali e dai loro servi.
E il risultato si dimostrò negli snobismi, nell'ignoranza «creata». Il neo-malthusianesimo merita un esame. In Italia come altrove i libri gialli distrassero i loro lettori dal grande reato sottostante, cioè dal reato del sistema usurocratico stesso. Se agli uomini d'azione e della politica questo sembra senza importanza, è risultato nondimeno una vasta matassa di resistenza passiva proprio nei ceti detti «letterati» o «colti» che danno il colore alla materia stampata.
Essi leggono, e poi scrivono ed il pubblico ne riceve la spazzatura. E da questo processo di sciacquatura deriva quella credulità che rende gran parte del pubblico soggetto al mal inglese, cioè disposto a credere alle fandonie trasmesse da Londra e ridistribuite gratis dai creduloni indigeni. Ai liberali domandiamo: perché gli usurai sono tutti liberali? A coloro che chiedono la dittatura del proletariato domandiamo: il proletariato di un paese deve imporre la dittatura al proletariato di un altro? A coloro che si scagliano contro il concetto di autarchia dicendo: ma costa tanto; il grano va comperato dove si può comprarlo più a buon mercato; si può rammentare che proprio l'importazione del grano dall'Egitto a prezzo basso rovinò l'agricoltura italiana sotto l'antico impero.
Se questo fatto sembra troppo lontano dai tempi nostri si può anche notare che chiunque parla di quella specie di libero commercio, finisce col parlare dell'esportazione del «lavoro» cioè dell'esportazione della mano d'opera, l'esportazione di esseri umani in contraccambio di derrate. Molti cominciano a capire che l'Inghilterra, nel tentativo sadico di distruggere l'Italia, sta distruggendo se stessa, ma il pubblico non capisce ancora l'origine di questa furia distruggitrice.
Negate quanto volete che l'uomo puramente o esclusivamente economico esiste. L'analisi dei motivi economici giova alla comprensione dell'avarizia. La brama del monopolio è un male radicale. Si manifesta nell'errore del prezzo ingiusto, condannato dalla dottrina economica della Chiesa, durante tutta l'epoca del suo maggiore splendore. Bisogna capire che tutta la moda letteraria e tutto il sistema giornalistico controllato dall'usurocrazia mondiale è indirizzato a mantenere l'ignoranza pubblica del sistema usurocratico e dei suoi meccanismi. I dettagli del tradimento militare li conoscete, ma il tradimento intellettuale non è capito.
L'ignoranza di questo sistema e questi meccanismi non è prodotto naturale, fu creata. Il liberalismo e il bolscevismo si accordano intimamente nel loro disprezzo fondamentale della personalità umana. Stalin comanda 40 vagoni di materia umana per lavori su un canale. I liberali finiscono per parlare di esportazione di mano d'opera. Il liberalismo nasconde la sua economia nefasta sotto due pretesti: cioè la libertà della parola e la libertà della persona, protetta, in teoria, dal processo aperto, garantito con la formula «habeas corpus». Domandate in India e in Inghilterra come sono rispettati questi pretesti. Domandate ad un giornalista americano, qualsiasi, quanta libertà di espressione gli è lasciata dagli «advertisers».

Altri fatti utili a sapere:
1. Abbiamo bisogno di un mezzo di scambio e di un mezzo di risparmio, ma non è necessario che lo stesso mezzo serva ad ambedue questi scopi.
2. Lo Stato può prestare. La flotta che vinse a Salamina fu costruita con danari prestati dallo Stato di Atene agli armatori. Per la semplificazione dell'amministrazione statale e privata è preferibile un meccanismo che può funzionare allo sportello dell'ufficio sia statale, sia privato.

Capitolo III

Il perno

Tutto il commercio passa attraverso alla moneta. Tutta l'industria passa attraverso alla moneta. La moneta è il perno. È il mezzo termine. Sta nel mezzo fra industria e operai. Può darsi che l'uomo puramente economico non esista, ma il fattore economico, nel problema della vita, esiste. Vivendo di frasi, e perdendo il senso delle parole, si perde «il ben dell'intelletto». Il commercio ha portato la prosperità della Liguria, l'usura le ha fatto perdere la Corsica. Perdendo il senso della differenza fra commercio e l'usura si perde il senso del processo storico.
Vagamente in questi mesi si è incominciato a parlare d'una forza internazionale, detta finanza, ma sarebbe meglio chiamare questa forza «usurocrazia» ovvero il dominio dei grandi usurai congregati e congiurati. Non i mercanti di cannoni ma i trafficanti del danaro stesso hanno creata questa guerra, hanno create le guerre a serie, da secoli, a piacer loro, per creare debiti, per poi sfruttarne l'interesse; per creare debiti in moneta a buon mercato, per poi domandarne il pagamento in danaro più caro. Finché la parola moneta non viene chiaramente definita, e finché questa definizione non sia conosciuta dai popoli, i popoli entreranno ciecamente in guerra, senza conoscerne il perché.
Questa guerra non fu un capriccio di Mussolini, e nemmeno di Hitler. Questa guerra è un capitolo della lunga tragedia sanguinaria che s'iniziò colla fondazione della Banca d'Inghilterra nel lontano anno 1694, coll'intenzione dichiarata nell'ormai famoso «prospectus» di Paterson, dove si legge: «il banco trae beneficio dall'interesse su tutta la moneta che crea dal niente». Per capire questa frase bisogna capire che cosa sia la moneta.
La moneta non è uno strumento semplice come una vanga. Contiene due elementi: quello che misura i prezzi sul mercato, e quello che dà, il potere di comprare la merce. Su questa duplicità gli usurai hanno giocato. Voi capite bene che un orologio contiene due principi, cioè quello della molla motrice, e quello della molla bilanciere, con un ingranaggio fra le due. Quando uno vi domanda cosa sia la moneta, voi non sapete cosa siano i biglietti da dieci lire e i pezzi di venti centesimi che avete in tasca. Sino al seicento prima del mille, quando un imperatore della dinastia T'ang emetteva i suoi biglietti di stato il mondo fu quasi costretto a adoperare come moneta una quantità determinata di qualche merce d'uso comune, sale o oro secondo il grado di sofisticazione dell'ambiente. Dall'anno 654 dopo Cristo, almeno, il metallo non era necessario agli scambi fra gente civile. Il biglietto statale dei T'ang dell'anno 856, che è ancora conservato, porta un'iscrizione quasi identica a quella che leggete sul vostro biglietto da dieci lire.
Il biglietto misura il prezzo, e non il valore; ovvero i prezzi vengono calcolati in unità monetarie. Chi vi fornisce questi biglietti? E su che direttive vengono messi in circolazione questi pezzi di carta? E, prima di questa guerra, chi controllava l'emissione della moneta mondiale? Se voi volete cercare le cause della guerra presente, cercate di conoscere chi controllava e come venne controllata la moneta mondiale. Per il momento vi ripeto una sola indicazione presa dalla storia degli Stati Uniti: il grande debito che i nostri amici creeranno con questa guerra, verrà adoperato per controllare la circolazione «Noi non possiamo permettere che i "greenbacks" circolino, perché non possiamo averne il dominio». Questo è dall'Hazard Circular dell'anno 1862.
Mi pare che una situazione analoga esistesse nell'anno 1939. Direi che l'Italia non volendo indebitarsi, abbia fatto rabbia ai grandi usurai. Pensateci sopra! E pensate anche alla natura della moneta stessa, e alla trascuratezza degli economisti in genere quando noi domandiamo cosa sia la moneta, il credito, l'interesse, l'usura. Prima di discutere una politica monetaria, una riforma monetaria, una rivoluzione monetaria, dobbiamo essere ben sicuri della natura della moneta.

Il nemico

Il nemico è l'ignoranza. Al principio dell'ottocento John Adams vedeva che i difetti ed errori del governo americano derivavano non tanto dalla corruzione del personale, quanto da un'ignoranza della moneta, del credito e della loro circolazione. Siamo allo stesso punto. Il soggetto è giudicato arido da coloro che non ne capiscono la portata. Per esempio, un banchiere, verso la fine di Dicembre scorso, mi vantò che ad una certa epoca da lui ricordata, la moneta carta italiana valeva più dell'oro. Io suppongo che a quell'epoca «dorata» i Rothschild volessero comprare l'oro a buon mercato, per poi rialzarne il prezzo «a cime vertiginose». Nello stesso modo i Sassoon e loro simili hanno approfittato del ribasso dell'argento.
L'argento difatti scese a 23 cents l'oncia, e fu poi comprato a 75 cents l'oncia, per far piacer ai loro padroni ebraici, e «per salvare l'India». dove col ritorno all'oro il Sig. Churchill, come già detto, ha fatto pagare dai contadini due staia di grano per soddisfare tasse ed interessi che un po' prima avevano soddisfatto con un sol staio. Per combattere queste manovre del mercato del metalli bisogna capire che cosa sia la moneta.
La moneta è oggi un disco di metallo o una striscia di carta che serve di misura ai prezzi e che conferisce, a chi la possegga, il diritto di ricevere in contraccambio qualsiasi merce offerta sul mercato sino al prezzo pari alla cifra indicata sul disco o sulla striscia, senza altra formalità che il trasferimento della moneta da mano in mano. Cioè la moneta è qualche cosa di diverso da uno scontrino speciale come un biglietto di ferrovia o di ingresso al teatro. Questa universalità conferisce alla moneta certi privilegi che lo scontrino speciale non può possedere. Su quei privilegi ritornerò un'altra volta.
Oltre a questa moneta tangibile, esiste una moneta intangibile, chiamata «moneta di conto», che serve nelle operazioni bancarie, e di contabilità Questa insostanzialità deve essere trattata in una discussione del credito piuttosto che in un trattato sulla moneta.
Nostro bisogno immediato è di chiarire le idee correnti a proposito della cosiddetta «moneta-lavoro» e di precisare che la moneta non può essere «simbolo di lavoro» senz'altra qualifica. Può essere «certificato di lavoro compiuto» a condizione che questo lavoro sia fatto dentro un sistema. La validità del certificato dipenderà dall'onestà del sistema, e dalla competenza di chi certifica, e bisogna che il certificato indichi un lavoro utile, o almeno piacevole, alla comunità. Un lavoro non già compiuto servirebbe piuttosto come componente del credito che come base ad una moneta propriamente intesa. In un senso metaforico si potrebbe chiamare il credito: «tempo futuro della moneta».
Tutta la perizia delle zecche è stata adoperata per garantire la quantità e qualità del metallo nelle monete metalliche; non minori precauzioni saranno necessarie per garantire, la quantità qualità e l'opportunità del lavoro che servirà come base alla moneta da chiamarsi moneta-lavoro. Le stesse frodi di contabilità adoperate dagli strozzini nel passato per frodare il pubblico nel sistema monetario metallico, saranno, naturalmente tentate dagli strozzini di domani contro la giustizia sociale, sotto qualsiasi sistema di moneta che verrà istituita, e con uguale probabilità di successo finché la natura e i modi di questi processi siano chiaramente compresi dal pubblico o almeno, da una minoranza sveglia ed efficiente.
Un solo pantano sarebbe asciugato colla creazione della moneta-lavoro. Voglio dire che i vantaggi del sistema aureo vantati dai banchieri sono vantaggi ai banchieri soli e, in verità, di una sola parte dei banchieri. La giustizia sociale domanda uguali vantaggi a tutti. Il vantaggio della moneta-lavoro deriva principalmente da un fatto solo. Il lavoro non è monopolizzabile. E da questo solo fatto deriva l'accanita opposizione; tutto il chiasso, naturale ed artificiale che emana dal campo degli strozzini, internazionali ed autoctono.
L'idea che il lavoro può servire di misura dei prezzi fu corrente già nel settecento, e fu chiaramente esposta da Benjamin Franklin. In quanto alla monopolizzabilità: nessuno è tanto scemo da lasciare il suo proprio conto di banca in balia altrui, ma nazioni, ed individui, ed industriali, «uomini d'affari» sono stati prontissimi e proclivi a lasciare il controllo delle monete nazionali, e della moneta internazionale nelle mani altrui, ivi compresi i padroni di Churchill e i Roosevelt-Baruchiani.

Il lavoro non è monopolizzabile

La funzione del lavoro come misura comincia ad essere capita. Il pubblico italiano ha avuto opportunità di leggere chiare esposizioni del processo, come per esempio quando «Il Regime Fascista» racconta che l'operaio russo deve pagare trecento ottanta ore lavoro per un soprabito che un operaio tedesco può comprare con solo ottanta ore.
Un scritto di Fernando Ritter su il «Fascio» di Milano, in data del 7 Gennaio corrente, parla della moneta non in terminologia astratta, e parole generiche come «Capitale e finanza» ma in termini di grano e concime. In quanto alla validità della moneta primitiva ovvero la cambiale scritta su cuoio, C. H. Douglas ha lasciato la frase lapidaria: era buona quando l'uomo che emetteva la cambiale promettendo un bue, possedeva il bue.
Il certificato di lavoro compiuto sarà ugualmente valido quando l'utilità del lavoro compiuto sia onestamente stimata da autorità competenti. È da ricordare che la terra non ha bisogno di ricompense monetarie per le ricchezze strappatele. La natura provvede con meravigliosa efficacia che la circolazione dei capitali e derivanti materiali si mantenga e che quello che dalla terra viene, alla terra ritorni, con aulico ritmo, malgrado ingerenze umane.

Tossicologia della moneta

La moneta non è prodotto della natura ma dell'uomo. È l'uomo che ne ha fatto uno strumento malefico, per mancanza di previdenza. Le nazioni hanno dimenticato le differenze fra animale, vegetale e minerale ovvero la finanza le ha fatto rappresentare tutte tre categorie naturali con un solo mezzo di scambio, negligendo di prendere in considerazione le conseguenze di tale atto.
Il metallo dura, ma non si riproduce. Seminando l'oro non si raccoglie oro moltiplicato. Il vegetale esiste quasi per sé ma la coltivazione ne aumenta la sua riproduzione naturale. L'animale fa il suo contraccambio col mondo vegetale, concime contro cibo. L'uomo ammirando il lustro d'un metallo ne ha fatto catene. Poi egli inventò una cosa anti-naturale, ovvero fece una rappresentazione falsa, una rappresentazione del mondo minerale che segue la legge dei mondi vegetale e animale.
L'ottocento, infame secolo dell'usura, andò oltre, creando una specie di messa nera della moneta. Marx e Mill, malgrado le loro differenze superficiali, sono d'accordo nell'attribuire alla moneta stessa proprietà quasi religiose. Si è perfino parlato dell'energia «concentrata nella moneta», come si parla della divinità nel pane benedetto. Il pezzo di cinquanta centesimi non ha mai creato la sigaretta o il pezzettino di cioccolato che usciva dalla macchina automatica.
La durabilità conferiva al metallo certi vantaggi commerciali, che le patate e i pomodori non posseggono. Chi possiede metallo può aspettare il momento buono per scambiarlo contro merce meno durevole. Quindi i primi strozzinaggi da parte dei detentori dei metalli, e specialmente dei metalli che scarseggiano e non sono soggetti alla ruggine. Oltre questa potenzialità di agire ingiustamente che la moneta metallica assorbiva dall'essere metallo, l'uomo ha inventato una carta munita di tagliandi per fornire un quadro più visibile dell'usura. E l'usura è un vizio o reato condannato da ogni religione e da ogni moralista antico. Per esempio, nel De Re Rustica di Catone troviamo questo frammento di dialogo. «E cosa pensate dell'usura?». «Cosa pensate, voi, dell'assassinio!», in Shakespeare: «Il tuo oro è forse pecore e montoni?».

No! La moneta non è radice del male

La radice è l'avarizia, la brama del monopolio. «Captans annonam, maledictus in plebe sit!» tuonò Sant'Ambrogio: monopolizzatori del raccolto, maledetti fra il popolo!. La possibilità d'agire con ingiustizia fu già conferita ai detentori d'oro all'alba della storia.
Ma quel che l'uomo ha creato, egli può disfare. Basta creare una moneta che non goda la potenzialità di aspettare nel forziere fino al momento che favorisce il detentore della detta moneta, e le possibilità di strozzare il popolo per mezzo della moneta, coniata o stampata, spariranno quasi da sé.

L'idea non è nuova

I vescovi del medioevo già emettevano una moneta che fu richiamata alla zecca per essere riconiata alla fine d'un periodo definito. Gesell, tedesco, ed Avigliano, italiano, quasi nello stesso tempo ideavano un mezzo ancora più interessante per arrivare ad una maggior giustizia economica. Essi proponevano una moneta carta sulla quale fu obbligo d'affiggere una marca del valore dell'un per cento del nominativo al principio di ogni mese. Il sistema ha dato risultati così lodevoli in zone ristrette che un popolo chiaroveggente ha il dovere di meditarci sopra.
Il mezzo è semplice. Non sorpassa le capacità intellettuali d'un contadino qualsiasi. Tutti sono capaci d'affiggere un francobollo alla busta d'una lettera, o una marca da bollo a un conto d'albergo. Un vantaggio di questa tassa su tutte le altre tasse è che non può incidere che sulle persone che hanno in tasca, al momento dell'incidenza, danaro d'un valore cento volte più grande della tassa stessa.
Un altro vantaggio è che non impedisce le operazioni di commercio, né di fabbricazione; cade solamente sulla moneta superflua, ovvero su la moneta che il detentore non è stato obbligato a spendere nel corso del mese precedente. Come rimedio dell'inflazione, i suoi vantaggi devono essere immediatamente comprensibili. L'inflazione consiste in una superfluità della moneta. Col sistema gesellista ogni emissione di biglietti si consuma in cento mesi, cioè in otto anni e quattro mesi, ovvero porta al fisco una somma uguale all'emissione originale della moneta. Le spese dei vari uffici adesso incaricati di strappare imposte al pubblico potrebbero ridursi al minimo e quasi sparire.
Gli impiegati non vanno in ufficio per divertirsi. Si potrebbe dare loro opportunità di andar a spasso, o ad alzare il livello culturale del loro ambiente, anche pagando i loro stipendi attuali senza diminuire la ricchezza materiale d'Italia d'un solo staio di grano, o d'un litro di vino. A chi non piace lo studio, sarebbe concesso il tempo di produrre qualche cosa d'utile.
Un grande errore dell'economia detta liberale è stato l'oblio della differenza fra cibo, e quel che non si può mangiare, né adoperare come vestito. Un realismo repubblicano richiamerebbe l'attenzione pubblica su certe realtà basilari. Philip Gibbs, scrivendo dell'Italia agli anglo-assassini, non capisce cosa si può fare con un prodotto che non si vende. L'idea d'adoperare il prodotto non entra nella psicologia bolscevico-liberale.

L'errore

L'errore è stato la danarolatria, cioè il fare della moneta un Dio. Questo fu dovuto alla snaturizzazione cioè all'aver fatto della nostra moneta una rappresentanza falsa, dandole poteri che non doveva possedere. L'oro dura, ma non si moltiplica da sé nemmeno se mettete insieme due pezzi d'oro uno in forma di gallina e l'altro in forma di gallo. È ridicolo di parlare di frutto o di frutta. L'oro non germoglia come il grano. Una rappresentazione d'oro che pretende che l'oro possiede queste facoltà è una rappresentazione falsa. È una falsificazione. E la descrizione «falsificazione della moneta» può derivarsene.
Ripeto: abbiamo bisogno d'un mezzo di scambio, e d'un mezzo di risparmio, ma non è necessario che lo stesso mezzo serva ad ambedue questi scopi. Non è necessario che il martello serva di lesina. La marca da bollo affissa al biglietto serve da bilanciere. Nel sistema usurocratico il mondo ha sofferto ondate alternanti d'inflazione e di deflazione; del troppo danaro e del troppo poco. Ognuno capisce la funzione del pendolo e del bilanciere. Bisogna portare questa capacità d'intendimento nel dominio monetario.
Quando la moneta avrà un potere né eccessivo né troppo piccolo, allora ci avvicineremo ad un sistema sano dell'economia. Si è persa la distinzione fra commercio e l'usura. Si è persa la distinzione fra debito e debito ad interesse. Già nel 1878 si è parlato del debito non ad interesse; magari di debito nazionale non ad interesse. L'interesse che voi avete fruito nel passato è stato in gran parte illusione; ha funzionato a breve scadenza lasciandovi con un cifra di moneta superiore a quella che avete «risparmiata» ma posseduta in una moneta di cui quasi ogni unità valeva meno.
Dexter Kimball facendo censimento dei buoni delle ferrovie americane durante un mezzo secolo ha fatto interessanti scoperte a proposito della quantità di queste obbligazioni che furono semplicemente annullate da cause contingenti. Se la memoria mi serve la cifra raggiungeva il 70%. Un interesse è dovuto, giustamente, da industrie ed impianti che servono ad aumentare la produzione. Il mondo ha perso la distinzione fra il produttivo e il corrosivo. Imperdonabile, perché questa distinzione fu nota nei primi anni della storia conosciuta.
Rappresentare un corrosivo come produttivo è falsificare. Ridurre la moneta ai giusti poteri, lasciarle una durata corrispondente alle durate esistenti nel mondo materiale, ed in più il suo proprio giusto vantaggio (cioè quello d'essere scambiabile contro qualsiasi merce in qualsiasi momento che la merce esiste) ma non dare alla moneta, oltre a questo vantaggio, poteri che non corrispondono né alla giustizia, ne alla natura delle merci rappresentate o corrisposte. Per questa via si potrebbe avvicinarsi alla giustizia sociale e alla sanità economica.

Valor militare

Il valor militare non può esistere in un clima di vigliaccheria intellettuale. Nessuno deve arrabbiarsi se la collettività rifiuta di accettare le proposte sue, ma è vigliaccheria intellettuale non osare formulare i propri concetti sociali. Specialmente in un'epoca pregna d'opportunità, propriamente una epoca che annuncia la formulazione d'un nuovo sistema di governo.
Ognuno che possiede una competenza storica ed una documentazione storica deve formulare i suoi concetti in relazione alla parte dell'organismo sociale che i suoi studi gli danno un diritto di giudicare. Per formare tale competenza nelle generazioni future, si deve cominciare nelle scuole coll'osservazione di oggetti particolari, per poi progredire alla conoscenza dei fatti particolari della storia. Non è necessario che l'individuo abbia conoscenza enciclopedica, ma è necessario che ognuno che agisce pubblicamente possieda una conoscenza dei fatti essenziali del problema ch'egli tenta di trattare.
Comincia col gioco degli oggetti esposti per un istante davanti al bambino, nella mano che viene poi subito chiusa. Il pensiero s'impernia sulla definizione delle parole. Testi: Confucio ed Aristotele. Terminerei gli studi obbligatori per ogni universitario con un confronto fra i due maggiori libri d'Aristotele, Etica Nicomachea e La Politica, e il tetrabiblon cinese. Per educazione pubblica ed extra-universitaria basterebbe il semplice regolamento delle librerie, cioè che ad ogni libraio fosse fatto obbligo di tenere in vendita ed, in alcuni casi importanti, di esporre in vetrina per qualche settimana dell'anno certi libri d'importanza capitale.
Chi conosce i capolavori, specialmente Aristotele, Confucio, Demostene, e il «Tacito» tradotto da Davanzati, non sarà abbindolato. Per la moneta basta che ognuno pensi per sé al principio del bilanciere, ovvero agli effetti nazionali e sociali che deriverebbero dalla semplice affissione d'una marca da bollo nel punto dovuto. Meglio sul biglietto che sulla nota d'albergo.
Si è parlato dei cavalieri di S. Giorgio senza identificarli con dovuta precisione. Il danaro può ledere, ma la conoscenza economica oggi è piuttosto rozza, come fu la scienza medica quando si sapeva che una gamba rotta fa male, ma non si riconoscevano gli effetti dei microbi. Non è tanto il danaro che compra una volta un Badoglio, ma l'effetto segreto dell'interesse che rode dovunque. Questo non è l'interesse pagato al privato sul suo conto di banca, ma l'interesse sul danaro che non esiste, ovvero sul miraggio della moneta, un interesse che equivale al 60% e di più in confronto alla moneta che rappresenta lavoro onesto, o prodotti utili all'umanità.
Ripeto: si sono perdute le distinzioni fra produttivo e corrosivo; fra la divisione dei frutti d'un lavoro fatto in collaborazione, e l'interesse corrosivo che non rappresenta un aumento qualsiasi di produzione utile e materiale. È, naturalmente, inutile far dell'antisemitismo, lasciando in piedi il sistema monetario ebraico, che è il loro strumento più tremendo di strozzinaggio. Ai Mazziniani domandiamo perché non leggono quelle pagine de «I doveri dell'Uomo» che trattano delle banche?

Capitolo IV

L'economia ortologica, il problema centrale

In un precedente articolo si è accennato all'impossibilità di costituire, una scienza economica o di distinguere quella parte dell'economia che è prudenza, scaltrezza, perizia da quella parte che è o può essere scienza, senza prima definire chiaramente i termini basilari ed elementari e raggiungere l'accordo sulle definizioni stesse. Riassumiamo brevemente i principali risultati cui siamo giunti in questa parte, diremo terminologica, del nostro precedente articolo.
La moneta è un titolo o mandato quantitativamente prefissato, scambiabile contro qualsiasi merce o servizio senza altra formalità che la trasmissione da mano a mano e che non frutta interesse come i buoni del tesoro, ferroviari o altri. La moneta è sana o valida quando è emessa, da chi possiede una merce trasferibile o da chi ha la possibilità di eseguire un servizio, in corrispettivo della merce o del servizio, e quando la merce o il servizio stesso sono desiderati.
L'inflazione si ha quando la moneta è emessa in corrispettivo di una merce o di un servizio non trasferibile o non desiderato, o quando è emessa in eccesso della quantità desiderata o trasferibile o non eseguibile.
Il credito di un singolo o di una ditta corrisponde alla fiducia degli altri nella possibilità e intenzione di pagare del singolo o della ditta o eseguibile. Solamente in questi anni un pubblico eletto comincia a rendersi conto, principalmente nelle questioni degli scambi fra Stati, che questi pagamenti, in ultima analisi, vengono effettuati in merce.
Tentando di definire la merce, potremo chiamare così qualsiasi materia, prima o lavorata. Per entrare però nel campo economico occorre che qualcheduno la desideri. Per fare un secondo passo verso una scienza economica bisognerebbe definire il problema centrale dell'economia ed i suoi necessari componenti o fattori. Lo studio economico trae nome dalla parola oîkos = casa. Staccato da questa sua radice il termine diviene sofisma e teorica vuota poiché la sua ragione d'essere è appunto di far mangiare, vestire e vivere comodamente la gente, il che implica naturalmente l'avvicinamento della merce da dove si trova a chi ne ha bisogno o desiderio.

Gli elementi necessari del processo economico in qualsiasi società che abbia superato la fase primitiva sono quattro:
1. I prodotti della natura.
2. Il lavoro.
3. Il trasporto.
4) Il «Monetary carrier» termine che potremo tradurre in italiano con «mezzo di scambio», «strumento monetario».

Questo strumento è una misura, ma di carattere sui generis

Non è infatti una misura posseduta dal venditore e che il venditore trattenga dopo aver misurato la stoffa, il grano, il liquido venduto. È anzi portata dal compratore e da questi lasciata al venditore in corrispettivo della merce avuta.
Tutti questi elementi sono condizionati e governati dalla volontà. Dal desiderio, dalla fame, dal freddo, sorge la volontà di possedere. Dal senso etico umano sorge la volontà di regolare il processo economico in modo giusto. Qui sta tutto il problema; problema che non esiste in vacuo ma che deve essere situato dalla scienza nel mondo e nel clima dell'intelligenza umana qual è non in un clima intellettuale astratto. È precisamente in questo senso che noi uomini sparsi, indipendenti, di libero arbitrio possiamo servire a qualche cosa, nonostante i limiti della nostra capacità e sapienza. E qui bisogna ch'io elenchi vari fatti e piccolezze di diversa importanza, fortuiti e senza significato apparente se giudicati uno ad uno, ma che sono in complesso indici della natura del terreno cerebrale, e dell'orientamento intellettuale o anti-intelligente.
Bisogna che racconti anche fatti da me vissuti, non per intenzione autobiografica, ma solo perché bisogna riferire fatti concreti. Quattro anni fa io stampai una lista di otto quesiti per conoscere l'opinione su di essi degli uomini più intelligenti di mia conoscenza, o che sapevo interessati al problema. Fra questi uno rispose a proposito del quarto quesito: «Bisogna pensarci». Il quesito era: «Se la moneta viene considerata certificato di lavoro compiuto, le tasse non sono più necessarie». Con questo io non intendevo affermare una novità ma mi riferivo a speculazioni ed esperienze già provate.
Sui fogli di moneta cartacea emessa dell'Unterguggenberger a Wörgl si legge la parola «arbeitswert» cioè valore di lavoro. Tutto il poema senza metrica che è stampato sul verso di questa moneta merita l'attenzione dei più profondi pensatori. Si legge anzitutto: «Langsam umlaufendes Geld» il che rende chiara la realtà di questa moneta emessa in contatto diretto colle condizioni effettive di quella vallata dell'Inn, dove non c'è che terra e uomini, dove unica ricchezza sono i raccolti, che non si producono da sé. Questa moneta è circolata effettivamente. Si vede dallo stato dei biglietti, sgualciti e sbiaditi per il continuo passaggio da mano a mano.
La ricchezza della Vallata di Wörgl risulta direttamente dal lavoro. Ed il lavoro solo è posseduto in potenziale da tutti gli abitanti. Attenzione poi alla parola Geld sinonimo in tedesco di moneta, traccia delle invasioni teutoniche. Il francese dice argent. Lo spagnolo danaro perché «ubicunque lingua Romana, ibi Roma». La parola dotta e greca «numismatica» deriva dal fatto che la moneta non è prodotto della natura ma del costume, delle abitudini sociali. La parola nómos ha avuto poi anche un significato più antico: prato, posto dove pascolano le bestie; poi ha assunto il significato di cibo» e infine significati meno materiali: costume, abitudine. Tutti questi significati della parola non sono accennati da Aristotele nell'Etica Nicomathea. Eppure egli era un uomo riflessivo.
Non conosco le vicende morfologiche della parola greca prima di Aristotele, ma per la comprensione chiara dell'economia mi pare un gran peccato che la parola romana pecunia, titolo a una pecora, non abbia continuato a vivere nel suo primo significato e che il mondo sia caduto sotto il dominio del vitello dorato, idolo artificioso, che non ha mai partorito che stragi, paure ed avarizia. Può essere che questo che io dico sembri ai dotti professori e specialisti di una semplicità infantile; dovrei però rispondere che in 18 anni di curiosità economica ho trovato in alto loco una tale ignoranza dei più semplici ed elementari fatti e rapporti economici che sento necessariamente il bisogno di cominciare col chiarire delle cose che sembrano «quasi infantili» o col riferire brani lessigrafici, i più pedanteschi, per evitare guai e confusioni ulteriori.
Le tracce di tale ignoranza sono visibili nel linguaggio stesso e la mancanza di logica e di effettiva conoscenza domina il mondo d'oggi. A titolo d'esempio, e non per scherzare, ricordo un delegato ad una conferenza internazionale che aveva scritto un libro in cui non distingueva fra un aratro e un'ipoteca. Altro aneddoto: avendo il Douglas dichiarato che nel sistema commerciale dell'ottocento la produzione espressa in moneta si crea più velocemente di quel che la potenza d'acquisto venga distribuita, il notissimo professore X «confuta il Douglas» per i suoi buoni allievi perché a suo giudizio, il Douglas avrebbe trascurato l'elemento «velocità». In realtà egli cita il Douglas omettendo proprio le parole da questo dedicate a quel concetto.
È quindi giustificata la diffusa opinione che l'economia non sia una scienza? Io preferisco ammettere che il dotto prof. X non sia uno scienziato nel senso che questa parola si adopera per gli studiosi di chimica e di fisica.

La mia generazione non fu educata nell'economia

Io presi ad interessarmene nel 1918 o 1919 quando la stampa inglese si mostrava tanto silenziosa nei riguardi del Douglas, e cominciai ad interrogare uomini pratici. Una delle ore più «vissute» della mia vita fu quella che passai in colloquio col Griffeths, fondatore del Sinn Fein, e promotore della più o meno raggiunta autarchia d'Irlanda.
Ci, trovavamo nella sua camera per sfuggire ai detectives che infestavano l'albergo. Era l'epoca dell'«armistizio» quando i delegati irlandesi furono invitati a Londra con garanzia di immunità. Ad un certo momento Griffeths disse: «Tutto quello che voi mi dite è vero. But I can't move them with a cold thing like economics», cioè io non posso sollevare questo popolo con una cosa fredda come l'economia.

Appresi molto in quel colloquio

La vita intima dell'uomo dipende dalla moneta. Quasi nessuno ne indaga la natura. Forse il Trollope fu il primo romanziere ad accorgersi di questa verità. Non si può scrivere l'Histoire morale contemporaine ignorando la motivazione economica. Si va in fondo o si rimane alle apparenze. Nondimeno le difficoltà per chiunque vuol fare un po' di luce sono enormi. L'incomprensione è enorme.
L'economia non è una cosa «fredda». È una cosa calda, cocente, come la fame, la sete. Entra nelle viscere. «Quia pauper amavi» lamenta Ovidio. I dilettanti di buona volontà, i fanatici, quelli che non hanno pratica degli affari, o della politica, o dell'amministrazione si prestano ad ogni attacco. La paura di un McKenna di tutto quel che, viene «dal di fuori», di tutto quel che è amateur, è quasi giustificata. O almeno io comprendo l'avversione d'un tale uomo per noi autodidatti, per chiunque non sia allenato alla precisione.
Ho citato errori dei tradizionalisti. Fra noi, cioè fra i miei amici riformatori, gli sbagli sono pure frequenti; sbagli di buona fede, provenienti dal non aver abitudine al metodo, o dal non comprendere la mentalità dei lettori o semplicemente dal fatto che il «terreno» è nuovo. Solamente nell'economia, fra tutte le scienze, esistono «nemici» in questo senso. L'errore deve servire ad un rischiaramento. Notare a proposito del significato materiale di nómos che il Monte dei Paschi trovò e mise in atto le basi valide del credito nella prima parte del seicento; e cioè:
1. L'abbondanza della natura.
2. La responsabilità di tutto il popolo.

La Chiesa o gli economisti cattolici nel millennio fra Sant'Ambrogio e Sant'Antonino da Firenze misero in luce altri rapporti veri, considerando l'interesse come componente nel problema del giusto prezzo. Così facendo evitavano i fanatismi di chi voleva totalmente abolire l'interesse.
La distinzione fra usura e partecipazione non fu nuova. Pur nei libri di Mosè si distingueva fra il frutto ed il corrosivo, neschek, il serpente che morde. Lo Stato, o chiunque fornisce una misura per gli scambi, lavora. In quanto questa misura è stabile o varia in modo sistematico, chiaro a tutti, lo Stato o l'emittente della moneta merita un compenso. Questa è la base etica per le marchette di Avigliano e di Gesell o per i demurrage charges sulla moneta. Senza parlare in particolare di questo o quel processo economico insisto che per una chiara comprensione della verità economica in genere tutte queste premesse devono essere comprese, messe in rapporto l'una con l'altra e con le loro basi etiche.
Nei tempi passati anche coloro che fornivano i dischi metallici avevano una loro funzione e attraverso mille anni di ricerche del giusto compenso l'idea del 5% si è fatta luce. Dire che quelli che fanno i calcoli, che tengono una contabilità sana non hanno diritto a niente, sarebbe un assurdo da fanatico. Su questo terreno i socialisti inglesi o alcuni fra loro combattono il Douglas, appunto perché egli cerca il prezzo giusto per tutti i servizi e per tutte le merci. Si deve comprendere che lo Stato emettendo moneta sana e valida serve ed ha diritto a un compenso, compenso che differisce da qualsiasi tassa o imposta. La differenza fra imposta e partecipazione data almeno dal sistema «dei nove campi» dei vecchi imperatori cinesi. È una distinzione cardinale per l'economia ortologica e volizionista.
Queste mie frasi sono disordinate? Sembrano confuse? È forse naturale che le comuni opinioni siano confuse: il caos non è mai stato abolito da nessuno.

Il codice di Napoleone non lo abolì

Del resto un'idea nuova, o magari una scienza, nasce dal caos. Bisogna poi considerare non solamente la confusione esistente nelle opinioni del pubblico ma anche le condizioni e le contingenze in cui si trova quel migliaio di persone più o meno qualificate e competenti a collaborare nella formazione di una cognizione vera. Il W., per esempio, non distingueva fra aratro e ipoteca. Il vecchio X che era consigliere della Banca d'Inghilterra e simultaneamente del Governo americano, tanto che dopo le sue dimissioni si sussurrava che tutti e due lo impiegavano più come informatore che come consigliere, sedeva nella vita privata su un ricco sofà e confessava: «Signora, le confesso, io non ci capisco».
Parole che rimano con quelle di un giovane e brillante professore di Cambridge: «Ma non capiscono!». Egli parlava dei suoi colleghi della facoltà economica di quella Università e ripeteva con voce sempre, più soffocata: «But they do... not... know. They do not know!». Abbiamo di fronte una incomprensione vera. Ed abbiamo inoltre da combattere i nostri propri difetti di metodo e di pervicacia ed i nostri personali limiti d'intelligenza.
Veniamo al concreto e al particolare. Douglas era ingegnere abituato a far i suoi disegni e a presentarli ai competenti. Diceva, da sé, che non era un capo di partito, che non poteva capeggiare un partito. Dopo la visita del Douglas agli Stati Uniti il senatore Cutting mi scriveva con amarezza che egli aveva dato un ricevimento in onore del Douglas, invitando quanti senatori e deputati credeva capaci di comprenderne le teorie. «Douglas hadn't sold the idea». Douglas. che non era al corrente delle abitudini americane, non aveva «esposto» le sue dottrine, si era insomma condotto come un qualsiasi europeo modesto che va ad un ricevimento ed aspetta che gli altri gli rivolgano delle domande.
La lista mandatami da Cutting dei senatori capaci di comprendere l'economia, è breve, da un certo punto di vista, tragicamente breve. Era distinta in due gruppi: di quelli competenti a comprendere il Social Credit, e di quelli aderenti ad altre dottrine «eretiche» ma interessati all'economia. La sua lista dei deputati era ancora più breve, ma egli scriveva che naturalmente conosceva meno i membri dell'altra Camera che quelli del Senato.
La morte di questo senatore in un incidente aviatorio ha certamente procrastinato la riforma monetaria nel mio paese. Si pensi alla posizione d'un altro senatore più vecchio che parlando al Cutting diceva: «lo non comprendo il Douglasismo, ma se Lei lo vuole io vi sosterrò». Evviva l'amicizia personale! Non si può certo definire però quest'attitudine precisamente scientifica.
Altro caso, il Brenton, conosciuto in privato con l'appellativo di «cane malaticcio» è un bravo ragioniere. Vive in un'atmosfera di nobile passione ed esasperazione. Per dieci anni ha battagliato quasi da solo, calcolando le percentuali del «A» e del «B» nell'algebra Douglasista. Disprezza il mondo e quasi tutti i suoi abitanti. È apprezzato altamente dal manipolo dei ben disposti che possono servirsi dei suoi calcoli. È arrivato fino ad attaccare un libro sul suo giornale senza averlo letto, solamente perché l'annuncio dell'editore faceva capire che in esso si trattava di altre idee economiche. La scienza si costruisce con calma. Non che io voglia negare il valore della passione. Passione e esasperazione aprono spesso la via a nuove idee, motivano e stimolano l'azione ecc.
Ma ora è questione di creare una scienza, un'economia ortologica e coerente. Nel 1919 Orage lamentava che Douglas «non sapesse scrivere». Io non capii queste parole. Gli scritti del Douglas mi parevano chiarissimi, ed il secondo volume dove collaborò Orage mi pareva anzi inferiore al primo. L'incomprensione e l'incomprensibilità non sono certo una cosa semplice ed uniforme. Un non specialista crede di comprendere dove un perito vede un mucchio d'ambiguità e dove il dilettante non ne vede nemmeno una. Questa è soprattutto la causa che tanto separa i lettori dagli scrittori. Non cerco perciò di riordinare queste mie pagine. Bisogna che il lettore serio si renda conto da solo
1. Della difficoltà della materia.
2. Della difficoltà di farsi comprendere in questa materia.

Comprensione che viene sabotata dai veri oppositori, monopolisti, privilegiati, che non vogliono che la luce si faccia. Vi paiono eccentriche le mie opinioni? Ebbene ricordate come prima della guerra abissina molti Italiani credevano eccentrica la mia opinione che la stampa inglese fosse bugiarda. Per un americano questa scoperta può anche essere una riscoperta. Jefferson scriveva ad un amico intimo: «The EngIish papers; their lies».

Evviva il buio pesto!

In America oggi si possono comprare gli scritti di Lenin, Trotski, Marx, Stalin, in pratiche edizioni a 10 e 25 cents. Gli scritti dei padri della repubblica non si possono comperare: o non sono stati mai stampati o sono esauriti. Eppure dal I776 al 1860 gli Stati Uniti rappresentarono il più interessante «esperimento statale» del mondo e con l'andar degli anni l'interesse non è diminuito. Io ho 10 grandi volumi di Jefferson per caso. Il padre di T. S. Eliot era jeffersoniano, e ne diede un'edizione al figlio, il quale, non interessandosene molto la passò a me. Le lettere di John Adams le ho viste solamente alla Biblioteque National di Parigi, e da anni le cerco, per comperarle. Van Buren scrisse la sua autobiografia nel 1861 ma questa fu stampata solo nel 1920, non credo per macchiavellismo dei banchieri ma piuttosto perché la notte d'ignoranza era così fitta che gli stessi professori e storiografi non ne comprendevano l'importanza.
Tutta la battaglia fra lo Stato e le banche combattuta negli Stati Uniti dal 1830 al 1840 e vinta dallo Stato è quasi da tutti ignorata. Di tutto ciò non si parla nei libri di scuola. I nostri grandi presidenti John Adams, Jackson e Van Buren non fanno grande figura in questi libri. E solamente in questi ultimi anni si cerca di rendere un po' di giustizia a Andrew Johnson, che successe nell'alta carica dopo la morte del Lincoln. Il frutto della battaglia del 1830-1840 andò perso nella confusione della nostra guerra civile.

La nostra scienza non sorge nel vacuo

È più di ogni altra confusa e sabotata dagli interessi coscienti ed incoscienti. I monopolisti non sono solamente i fautori della emissione creditizia. Gli occupatori di poltrone, una volta dette cattedre, non tollerano serenamente di essere disturbati. Il professore Scott Nearing fu cacciato. Il Kitson mi scrive: «Tre professori che per primi adoperarono i miei libri in classe furono cacciati dai loro posti».
Esiste il sabotaggio industriale, gli inventori hanno sempre incontrato delle difficoltà; per esempio la storia del telefono automatico è interessante a questo proposito. Mi sorprende che il rapporto del Tweddel nel «Medical World» del gennaio 1931 sulla cura calcica della tubercolosi polmonare non abbia avuto maggiori ripercussioni. In tutti i casi, ad eccezione della questione monetaria, gli interessi sono speciali. I sabotatori costituiscono dei piccoli gruppi. Contro una vera scienza economica insorgono invece i più potenti dei monopolisti, con tutta la stampa che è padroneggiata dai grandi trust, banche, ecc. E, d'altro lato, sta il popolo indeciso. T. S. Eliot, ottimo giudice della psicologia inglese, mi scrive: «Tutto questo interesse popolare sparirà con l'aumento delle paghe dovute al riarmo e all'attività contingente».
La curiosità delle masse nelle grandi democrazie, anche quando per un quasi miracolo o per molte sofferenze viene sollevata, è destinata a venire meno mediante 10 o 15 scellini la settimana. Rimangono solamente i pochi studiosi o i grandi appassionati. E questi ultimi commettono errori. Hanno i difetti connessi alla loro qualità. Non osano dire: «Ho sbagliato». Qualche volta è difficile convincerli che devono dire: «Ho sbagliato». Hanno cariche, ecc. La loro autorità dipende... ecc. Un altissimo dignitario mi felicita della mia versatilità. Io non mi rallegro. E non vedo la versatilità. Un poema epico è un poema che contiene la storia. Chi non s'intende di economia non capisce affatto la storia. Senza andare in fondo del problema economico e di quello specifico della moneta, io farei una cosa superficiale e non un poema serio.
Il clima intellettuale del tempo nostro si ribella. Ammira Dante ma si rivolta contro le parole: «I guai che sopra Senna induce falseggiando la moneta», dove il Poeta condanna una svalutazione pre-Rooseveltiana. Dante occupandosi di valori etici per forza doveva considerare la moneta e lo staio. Omero considera il problema del vitto, dell'allevamento dei suini, della logistica e dei cibi per Ulisse e i suoi marinai. L'estetica borghese vuol non solamente che l'arte abbandoni il disegno per l'ornamento, ma vuol che anche la poesia si riduca a giochi di parole, a pura ornamentazione verbale, «splendore di frase» ecc.
Bisogna creare un laboratorio per l'economia, magari un laboratorio cerebrale, in piena coscienza delle condizioni che ne determinano il funzionamento come si fa per la chimica e la biologia. Io dico tutto quel che penso. La prima volta che scrissi per questa Rivista, il direttore non abituato ai miei difetti non mi fece correggere le bozze di stampa ed io non vidi le didascalie sotto i cliché della moneta carta. Per un numismatico si deve dire sotto il primo: «Dritto d'un biglietto emesso secondo il sistema di Gesell dal Gesellista Unterguggenberger. Grandezza originale 8 x 14 cm.». Per la terza riproduzione con le parole aggiunte e non mie «in magazzino» si apre un problema ben importante. Forse nessuno sa con precisione dove sia il limite fra l'emissione di moneta e l'emissione di credito.
Certo mio nonno non teneva la sua legna sotto un tetto. «Magazzino» era forse la foresta oppure forse gli ammassi di tronchi d'alberi già tagliati. La consegna era generalmente in forma di tavole segate. Non so dove si arrestasse la «moneta» nel senso nostro, e dove cominciasse il credito, cioè il complesso di fiducia fra lavoratori e padrone, la disponibilità della foresta vergine, ecc. Analogamente io ho sempre sostenuto che a un certo punto la lira era basata sulla parola del Duce. Per me una base molto più sicura dell'oro altrui. Voglio alludere all'oro vincolato, manipolato dagli irresponsabili, condizionato, sotto l'influsso dei R. o l'astro dei D. Non c'è economista ai nostri giorni che non abbia bisogno di confessare apertamente e di esaminare e riesaminare in sé stesso il limite della sua propria ambiguità, i punti dove egli sbaglia, se non grossolanamente come in W., per lo meno sempre in notevole misura, commettendo queste piccole confusioni e lasciando terreni coperti di nebbia.

I colpevoli sono quelli che non vogliono conoscere i fatti

Il prof. R., per esempio, che mi mandò tre cartoline umoristiche negando che un paese possa avere una specie di moneta per uso interno ed un'altra per gli scambi internazionali. Il W. che fece escludere le mie lettere da un grande quotidiano londinese, perché l'avevo chiamato in privato bugiardo pagato, e i gentlemen non parlano così. Lo stesso W. ammetteva poi in lettera privata a me che lo Stato può emettere moneta direttamente ma che egli non approvava tale procedimento. Nessuna altra scienza soffre come la scienza monetaria delle opinioni politiche di quelli che scrivono, intorno e a proposito di tali argomenti. Dico intorno e a proposito volendo distinguere quest'attività dall'analisi, dalla ricerca storica, dall'attività scientifica di coloro che indagano la natura della moneta, e i rapporti effettivi fra la scienza monetaria e il buon governo.

La scienza di questi rapporti esiste e può svilupparsi

Il Mencio tre secoli a. C. ricorda che fra il re Shun e il re Wan passavano mille anni e che quando la loro saggezza fu messa insieme pareva «due parti d'un sigillo». Bisogna che almeno qualche centinaio di persone smetta di parteggiare pro o contro per sorreggerci fra noi con un po' di comprensione. Non desidero che le mie definizioni siano discusse, ma vorrei piuttosto suggerimenti pratici e positivi. Come si può definire meglio la moneta, il credito ecc.? Esistono o non esistono altri componenti fondamentali del problema oltre la materia, il lavoro, il trasporto e lo strumento monetario, tutti e quattro governati dalla rettitudine. dalla directio votuntatis?

Capitolo V

Il dubbio circa la natura dell'economia cosiddetta «ortodossa», se dovesse considerarsi come tentativo sincero, può dirsi ormai superato da almeno 50 anni. Attualmente fra i seguaci dell'ortodossia non possono esserci che dei ciechi, o dei carrieristi in malafede. Chi indaga sinceramente non può tardare 15 anni a rendersi conto di fenomeni visibili e comuni. Dire che l'economia non è scienza sarebbe, d'altra parte, da disfattista e non farebbe che ingenerare confusione. Mezzo secolo fa l'aeronautica e la radiofonia non potevano ancora dirsi «scienze». Quello che uomini seri possono oggi fare è di distinguere tra quella parte dell'economia che è scienza, dominio della episteme, e quella che è tekhne o dominio della abilità, dominio del phronesis.
Si può dire che l'arte di condurre una nave non sia una vera scienza: eppure la scienza della navigazione esiste e si perfeziona: dalla bussola semplice si arriva alla giroscopica. È naturale purtroppo che nelle pubblicazioni economiche regni la confusione, dato che lo studio dell'economia attualmente viene fatto da empirici, da uomini che mancano di una seria preparazione terminologica. Vediamo per esempio nel mondo anglo-sassone quali sono gli scrittori onesti e seri che hanno costruito la scienza economica viva.
Soddy, premio Nobel per la fisica; Douglas, ingegnere, capo del Westinghouse in India; Larrañaga, ingegnere stradale; Orage, giornalista convertito da Douglas; Kitson, inventore della lampada Kitson; Gesell, commerciante; ecc. Tutti uomini pratici! E dire che hanno scoperto la luna non significa nulla, ché almeno hanno riscoperto la vera luna, mentre i professori continuano a baloccarsi infantilmente con una luna finta di teatro; illusionisti, capaci di aver presa sul pubblico solo all'interno della loro baracca.
Per rendersi conto della mentalità dei fondatori della cosiddetta economia ortodossa prendiamo, per esempio, una frase di Ricardo «No commodity which is not subject to require more or less labour for its production». Sembra che David Ricardo non fosse mai entrato in un pollaio e che l'uovo di gallina fosse escluso dal suo sistema economico. Eppure come misura di valore nutritivo l'uovo precedeva l'indice dei prezzi.
Osservando direttamente i fenomeni naturali l'uomo medio sbaglierà meno che dopo essersi infarcito la testa di logaritmi e di mitologie bancarie. Non ho nessuna intenzione di scherzare! Il valore dell'uovo cresce e diminuisce in rapporto al crescere e al diminuire della fame. Aristotele ci ha lasciato una parola di significato oscuro e complesso: kreía. Utilità, desiderabilità che il Rackham, naturalmente di Cambridge, traduce senz'altro «domanda». La scolastica non c'illumina. Aristotele «aveva ragione» ma intendeva dire che il valore di un'unità monetaria «is worth what you can get for it».

Assolutamente vero, ma non può dirsi questa terminologia scientifica

Lo studente può entrare in biblioteca e consultare anche 50 pretesi trattati d'economia senza trovarne uno che cominci euclidamente con un elenco chiaro di definizioni dei termini più comuni, fondamentali e necessari per discutere di questioni economiche. Cominciamo per esempio, con il termine «moneta» Aristotele lo definisce male, ovvero non lo definisce, ma ne parla senza veramente definirlo. E l'umanità è rimasta per venti secoli in questo stato di semi oscurità.
Io ardirò dare alcune definizioni, pur rendendomi conto che esse non potranno essere di grande utilità fino a che una qualche accademia o congresso o meglio ancora un gruppo di specialisti seri e autorevoli, non riconosca la validità di questo lavoro lessicografico. Per mio conto vorrei ben essere un lessicografo come Lorenzo Valla e potermi annoverare tra i seguaci di Claudio Salmasio, che a modo suo fu pure un lessicografo. Proponendoci di creare un linguaggio scientifico dobbiamo considerare anche il modo di. tradurre alcuni termini in lingua straniera. Qual è il preciso significato delle due parole italiane «denaro» e «moneta» e quale è meglio adoperare nelle definizioni economiche?
«Denaro» significa sia carta moneta che moneta metallica. Ho sentito un alto personaggio dire: «ma la vera moneta è l'oro». L'oro greggio non è moneta; lo scambio di monete d'oro con altra merce è in fondo una specie di baratto: baratto di una certa quantità di stoffa o di un certo, peso di merce, contro metallo, in precedenza pesato e misurato. La qualità essenziale della moneta è d'essere misurata e di poter servire come misura. Anche nel baratto di un disco di metallo prezioso con merce, ciò che determina nel primo la qualità di moneta è il conio dello stato. Un governo che dicesse: «non possiamo costruire strade perché non abbiamo denaro» sarebbe ridicolo come un governo che, dicesse: «non possiamo costruirne perché non abbiamo chilometri».
1. Proviamoci a definire che cos'è la moneta. «Money is measured claim» La moneta è un titolo o mandato misurato. «Money is a general claim». La moneta è un titolo non specifico ma generale. La moneta è inoltre scambiabile, ovvero si può trasferire senza formalità da uno all'altro, e non frutta interesse come un buono di stato, delle ferrovie o di una qualsiasi società anonima. Consideriamo ora i termini inglesi. «Money» è forse meglio tradurlo con «denaro» che con «moneta»; «coin» significa poi precisamente «moneta metallica» e per la «moneta cartacea» non si può usare l'espressione «paper coin» come pure potrebbe sembrare!
2. Passiamo al termine «credito». Si dice che un uomo ha credito quando si crede che sia capace di pagare in denaro e si ritiene che egli non cercherà di evitare o ritardare il pagamento. Il «debito» non è precisamente l'opposto del credito. Il «credito» infatti è sovente la possibilità di far debiti e non significa sempre necessariamente il corrispettivo di un debito già acceso. Siamo perciò di fronte a un termine ambiguo e mentre nella contabilità, in italiano, si parla con maggior chiarezza di «attivo e passivo», in inglese si deve dire «credit» e «debit» o, secondo gli scrittori teorici, «credit» e «debt».
3. Passiamo infine all'«inflazione,» Tra le mezze verità della pretesa ortodossia alcune si basano su fenomeni naturali e iterativi. La cosiddetta inflazione va anzitutto distinta dall'inflazione vera e questa si ha quanto si emette denaro «corrispondente» a merci o servizi che nessuno vuole o in eccesso della quantità desideratane. La moneta non ha valore quando è emessa «contra». Per esempio, emettere denaro o moneta «contra» un obice esploso nel 1917 sarebbe inflazione e la moneta stessa non avrebbe valore, poiché nessuno vuole quell'obice e nessuno può consegnarlo.

Una lista breve di definizioni valide può permettere all'uomo medio di sfuggire agli inganni, e alla perfidia assoluta e condannevole dei grandi usurai e monopolisti. Di fatto con una definizione ovvero con un concetto serio e giusto del denaro il Soddy, dopo la pubblicazione di una quantità di libri oscuri per i lettori, per quanto oltremodo ponderati e chiari per il prof. Soddy arriva nel Tomorrow's Money a scrivere «Just as it is unthinkable that private people should have the power to levy taxes so it is preposterous that the banks, in the teeth of all the constitutional safeguards against it, should by a mere trick usurp the function of Parliament and, without any authority whatever, make forced levies on the community's wealth», a sostenere cioè che è sbalorditivo che le banche, senza essere minimamente autorizzate a farlo, possano prelevare per loro uso privato la ricchezza del popolo.

Distinguiamo

Distinguiamo tra la situazione odierna italiana e quella dei paesi anglosassoni. Distinguiamo tra paesi dove la eccessiva disponibilità di beni crea crisi, e paesi che invece ne hanno grave penuria e torniamo un po' indietro per accennare in breve allo storia della «nuova economia che è poi in tanta parte vecchia sapienza o conoscenza. Quattro sono le correnti vive nel pensiero economico d'oggi: 1) il Douglasismo; 2) il Gesellismo; 3) l'economia canonista che trae origine da S. Ambrogio e si evolve con S. Antonino; 4) l'economia corporativa, con la sua politica di bonifica, la battaglia del grano, gli ammassi, gli assegni famigliari, i buoni viveri, i buoni del lavoro, il controllo statale ecc. Di quest'ultima non c'è bisogno ch'io parli in Italia né ch'io ne scriva in italiano dato che sono gli altri paesi che hanno bisogno di apprendere e di approfittarne.
L'economia ortologica che noi dobbiamo fondare deve contemplare alcuni fatti trascurati dai cosiddetti «ortodossi» La merce è di durata disuguale. Il marmo dura; i legumi si sciupano, fragole, spinaci e patate hanno una durata relativa; sedie, case, opere di Fidia, Prassitele o Botticelli hanno una durata notevole. L'uomo primitivo adopera uno strumento là dove l'uomo civile ne adopera una dozzina. Non è necessario seguire tutti i costumi e le abitudini del passato; non è necessario adoperare lo stesso mezzo per lo scambio e per il risparmio, solamente perché il Signor Nitti la intendeva così.

Un elenco degli uomini seri

Collaborano alla scienza economica, pur se sono degli empirici, pur se hanno una sola scoperta al loro attivo e non sono in grado di coordinarla con la storia o con le idee giuste e valide di altre scuole o di altri tempi o sette economiche. Riconosciamo facilmente che un tale osservò la capacità del vapore a sollevare il coperchio di una teiera. Questo vale anche se l'inventore non ha pubblicato una enciclopedia o un voluminoso trattato di fisica.
Riconosciamo che C. H. Douglas ha scoperto da sé l'insufficienza del potere d'acquisto distribuito da sistema industriale dell'800 e del principio del secolo XX. La sua fabbrica distribuiva potere d'acquisto più lentamente di quel che creava i «prezzi», cioè la merce buttata sul mercato. Creava quindi una quantità di prezzi in un mese superiore alla capacità d'acquisto distribuita. I monopolisti, che vivono della fame altrui, vorrebbero tagliare l'uomo secondo la misura della giacchetta. Douglas vedeva invece la possibilità di emettere capacità di acquisto corrispondente alla quantità della merce consegnabile e desiderata dal popolo. In ciò c'era poco di nuovo e molto di onesto. David D. Hume aveva già visto che la prosperità non dipendeva dalla quantità di moneta di una data Nazione ma dal fatto che questa quantità fosse in aumento. Il Cairoli accenna che lo «Denar merce» di Carlo Magno non aveva sempre lo stesso valore. Il denar grano «conteneva» meno grano nell'anno 808 che nell'anno 796.
L'uomo morale e di buona volontà può studiare questo fatto e il concetto del prezzo giusto nel Giusto prezzo medievale del sacerdote L. P. Cairoli (Merato, Tipografia Pessina, 1913), libro equo e sano che raggiunge quasi una bellezza stilistica e un valore letterario per la candida sincerità dell'autore. Fra gli scrittori utili nominiamo MacNair Wilson, che ha bene educato il suo pubblico a riconoscere che le banche non prestano denaro ma solamente promesse di pagamento (cfr. The Promise to Pay, Londra, Routledge). Il Gesell, pur uscendo dall'angolo visuale libero scambista, rievoca dei vescovi medievali. Con le sue «demurrage charge» queste marchette alla moda di Avigliano che si devono attaccare al biglietto ogni mese per mantenerne il valore dichiarato, egli intendeva stimolare la velocità della circolazione della moneta, e il borgomastro Unterguggenberger a Wörgl dimostrò l'efficacia di questo sistema. Il Gesell demolì la parte morta di Marx con la frase lapidaria: «Marx never questioned money» cioè Marx non interrogò mai la natura del denaro, non l'analizzò.
I vantaggi del sistema di Gesell sono almeno i seguenti:
1. Nei paesi pseudo-democratici può liberare la nazione, cioè il governo e il popolo dal dominio dei banchieri e degli usurai. Benché nessun gesellista puro sangue abbia mai considerato la moneta prescrittibile dal punto di vista statale e corporativo.
2. Con un bollo proporzionale dell'1% del valore del biglietto da aggiungersi mensilmente, una circolazione di 12 miliardi, darebbe allo stato una rendita di 1 miliardo l'anno, quasi senza spese per la riscossione, che sarebbe -automatica e pressoché libera da ingerenze burocratiche.
3. Invece di ammucchiare debiti coi National Bonds al modo di Roosevelt, ogni debito statale, ogni titolo alla ricchezza della nazione, invece di raddoppiarsi si estinguerebbe in 100 mesi cioè in otto anni e quattro mesi.
4. I buoni del tesoro potrebbero pur continuare ad esistere in mani private, come mezzo di risparmio per chi vuol provvedere alla vecchiaia e alla famiglia, ma sarebbero considerati come un dividendo di Stato a una classe meritevole di cittadini non come una necessità ineluttabile per un governo che voglia usare del suo credito.

Lo Stato non ha affatto bisogno di pagare un «noleggio»

Il suo credito non ha bisogno cioè di prenderlo a prestito dai grandi usurai di professione come si fa quasi in ogni paese non consapevole e troppo legato a preconcetti dannosi, per esempio nella mia disgraziatissima patria, in Francia nella sua grave crisi morale odierna, in Inghilterra per dominio di tradizioni accettate senza intelligenza dei fatti nuovi del mondo.
La seconda generazione dei Social Creditors, dopo gli empirici e gli inventori, ha dato il Butchart, che, stimolato da A. R. Orage, ha pubblicato il primo libro di economia ortologica, Money, the views of three centuries. Over 200 Extracts from 170 writers from 1641-1935 (Nott, Londra, I935). Col secondo volume, Tomorrow's Money, il B. è stato meno felice; ha raccolto infatti sette scrittori di opinioni diverse, tutti meritevoli, ma non è riuscito a fare che i singoli autori leggessero reciprocamente i capitoli da loro redatti. Il libro vale tuttavia per la ristampa di alcuni scritti del Douglas e per una pagina del Soddy già citata in questo articolo.
Tra i volgarizzatori si devono nominare Irving Fisher e Christopher Hollis. Si deve distinguere: Fisher è un giornalista che scrive bene. Quaranta pagine del suo «Stamp Scrip» meritano l'attenzione di ogni uomo anche se professore di cattedra. Fisher non s'impegna a fondo battaglia. Forse è ottimista e cerca di persuadere i grandi usurai americani ad accontentarsi di mezzo chilo di carne umana invece di «shylockare» fino all'ultimo etto e grammo. Christopher Hollis ha scritto un libro di grandissimo valore The Two Nations (Routledge, Londra I935) ed ha continuato, poi, a lottare in diversi libri per il gran pubblico, dove ben può dirsi abbia mano felice; egli infatti è fra i pochi economisti che riescono a trattare la scienza monetaria e i problemi veri dell'usura in modo che i loro libri si vendano e giungano alla terza edizione. Questa fase appartiene all'educazione popolare, assai necessaria nei paesi dove persistono i governi di cosiddetta maggioranza.
Wyndham Lewis chiama il governo inglese: Fake antique, finto antico. Pur essendo letterato e satirico ha contribuito recentemente con un libro di altissimo valore sociologico, riservato al pubblico eletto, Count your Dead, They are Alive (Preparation for another Great War about nothing). Non lo cito come economista ma per indicare il ritmo con cui questi problemi penetrano le opere di scrittori viventi e di prim'ordine.
I quattro migliori poeti americani d'oggi si occupano di problemi monetari come, di fatto se ne sono occupati i grandi scrittori quali Dante, Shakespeare, Aristotele, Hume, Berkeley, Montesquieu, ecc. Un'altra corrente ideale che si orienta su queste idee, si manifesta negli scritti di coloro che si rifanno ai fondatori della repubblica americana, cioè di Jefferson, Jackson, Van Buren (v. il mio Jefferson and or Mussolini, pag. 114-119, i libri di W. E. Woodward, A New American History, gli articoli del padre Coughlin e di Buck o più specificamente la parte più efficace del libro del Coughlin che è intitolata semplicemente Money, pag. 211-213).
Sarebbe difficile dire quali riviste inglesi e americane uno straniero dovrebbe leggere per il fatto che la vita intellettuale in questi paesi si manifesta in pubblicazioni effimere che durano due o tre anni (o meno e quindi cessano di esistere subitaneamente o decadono in una specie di burocraticismo letterario o ideologico, assumono un «protective colouring» e si adagiano nelle idee fatte.
Dobbiamo pur dire che i fascisti inglesi hanno da un anno iniziato la pubblicazione di periodici economico-sociali di ben altra vitalità e cioè del «Fascist Quarterly» (1936) e del «British Union Quarterly» (1937). Questa è la sola rivista inglese nella quale io abbia potuto leggere scritti degli altri collaboratori fra i quali il generale Fuller, Salazar (Portogallo), Wyndham Lewis, A. K. Chesterton, W. Joyce, Jenks.
Potrei citare altre benemerenze della stampa periodica di partiti politici. Hugo Fack che ha il grande merito di aver pubblicato The Natural Ecogomic Order di Gesell nel Texas a spese sue, mentre i grandi editori non ritenevano che tale pubblicazione fosse un affare, impronta tuttora il suo giornaletto «The Way Out» alle idee circa la Scarcity Economics o economia della mancanza, nonostante la pubblicazione della Chart of Plenty di Kolb (vedi recensione di Odon Por in «Rivista del lavoro» marzo I936).

La libertà di parola non esiste fra queste sette di razza liberale

Né le pubblicazioni dei gesellisti né quelle ufficiali del douglasismo permettono la discussione aperta delle idee economiche. Sembrano ipnotizzati e irrigiditi come musulmani decadenti. Si azzuffano fra loro. Douglas considera le marchette della moneta prescrittibile come una tassa noiosa, inutile e perpetua, per quanto più comprensibile della «cancellazione» del credito douglasista e dei suoi sconti e cioè dei mezzi d'annullamento di credito emesso. I gesellisti s'infuriano quasi sadicamente al pensiero che la razza intera può approfittare del lavoro di coloro che sono già morti, e delle scoperte della scienza. Il «Fig Tree» non accenna ai progressi dei non douglasisti, sia dei gesellisti sia del sistema corporativo. Il settimanale «Social Credit» presenta interesse solo nel suo campo speciale. Il «New English Weekly» s'affonda nel temperamento dei sobborghi inglesi e va quindi intonandosi al colore di quella vita sbiadita più che a una ideologia specifica e ben definita. Il «New Democracy» di New York è stato utile ma ha cessato di esistere. Coughlin fa un lavoro di educazione popolare attraverso un settimanale per il gran pubblico, non per gli iniziati, «Social justice». Però nel mese di giugno anno XV, trovo nel suo giornale notizie che non vengono stampate altrove o che altrove sono ridotte a poche righe soffocate tra colonne di scandali e camouflage.
Dai signori direttori della stampa periodica a carattere generale ricevo spesso questo invito: «Can't you write about anything except economics?». Domando scusa ai lettori seri se ho parlato di cose troppo diverse tra loro.

Ho brevissimamente accennato a certi lavori frammentari ma sinceri di un manipolo di scrittori sparsi, che non sono ma che potrebbero essere coordinati se si trovasse un nucleo coerente di tecnici pronti ad assumersi una responsabilità lessicografica. Diciamo energicamente che senza un'etica salda non si farà economia né sana né scientifica.
Considerare soltanto il puro dinamismo senza tener conto dello «scopo» di una politica monetaria, condurrebbe a caos. La direzione della volontà è una componente da studiare nella scienza dell'economia. Badoglio dicendo «il nostro oro è la volontà e le braccia dei nostri soldati» è ben più economista di tutti i professori di Londra.

FINE