Science Fiction Project
Urania - L'autore in appendice
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JAMES GRAHAM BALLARD - Deborah Bergamini

Il mito che circonda J. G. Ballard da trent'anni a questa parte non è venuto meno neppure negli ultimi tempi, da quando cioè il grande scrittore inglese ha lasciato la fantascienza per dedicarsi alla narrativa a sfondo autobiografico (che del resto aveva già anticipato in alcuni geniali racconti di fantascienza, come quelli contenuti nell'antologia Mitologie del futuro prossimo, apparsa su Urania alcuni anni fa). Ne sono prova il calore, l'affetto e addirittura l'entusiasmo che hanno circondato l'arrivo di Ballard in Italia durante l'ultima edizione della manifestazione viareggina Noir in Festival [giugno 1992], dove il celebre scrittore ha accettato di far parte della giuria internazionale.
Ballard, nato a Shanghai da genitori inglesi nel 1930, ha cominciato a pubblicare racconti fantastici negli anni Cinquanta. Il suo esordio è Prima Belladonna, un testo breve che appartiene al ciclo di Vermilion Sands e che fu pubblicato nel 1956 sulle pagine della rivista Science Fantasy. I romanzi degli anni Sessanta lo imposero come uno degli autori più visionari non solo all'interno della science fiction, ma di tutta la narrativa inglese. Pubblicati da Urania, questi titoli leggendari sono: Vento dal nulla (The Wind From Nowhere, 1962), Deserto d'acqua (The Drowned World, 1962), Terra Bruciata (The Drought, 1964). Solo Foresta di cristallo (The Crystal World, 1966) vide la luce presso un altro editore, ma in seguito è stato ristampato negli "Oscar". Ugualmente famose le sue antologie di racconti, uscite su Urania o in qualche caso in edizione da libreria (come Vermilion Sands, 1973, pubblicata da Fanucci).
Negli anni Settanta Ballard tentò in modo sempre più personale di allargare gli orizzonti della science fiction e di giungere a una sorta di narrativa iperreale di cui sono ottimi esempi i romanzi The Atrocity Exhibition (1970), Crash (1973), Concrete Island (1974) e High Rise, uscito su Urania come Condominium. I primi due sono stati tradotti recentemente da Rizzoli. Lo stesso editore ha pubblicato i tre romanzi autobiografici L'impero del sole, Il giorno della creazione e il recentissimo La gentilezza delle donne.
A Viareggio Deborah Bergamini ha incontrato per noi lo scrittore inglese e ha raccolto l'intervista che pubblichiamo con piacere qui di seguito. Come i lettori vedranno, Ballard non è tenero nei confronti della fantascienza attuale: ma le sue opinioni provocatorie contengono, pur nell'esiguità di un testo così breve, sufficienti spunti di riflessione per indurci tutti quanti a intervenire in una sorta di ideale dibattito. Chi vorrà farlo ci scriva presso la redazione (a macchina, per favore, a spazio due e su un sol lato del foglio); se ne verrà fuori qualcosa d'interessante lo pubblicheremo su queste pagine. Con la promessa di tradurre le opinioni più meditate in inglese e di spedirle a Ballard perché possa riflettere a sua volta. [Giuseppe Lippi]


Incontrare J. G. Ballard a Viareggio in occasione del Noir in Festival, chiacchierare con lui comodamente affondati nelle poltrone morbide e antiche del Grand Hotel Royal, colosso bianco un po' decrepito dal fascino retro quasi intatto, ci riporta con facilità alle atmosfere suggestive e surreali di Vermilion Sands o di Deserto d'acqua. Un grande albergo, il sole pallido e testardo, i ritmi blandi di una stagione estiva che si avvia faticosamente verso il suo culmine: cornice migliore non poteva davvero esistere per una "conversazione confidenziale" con l'autore inglese. E il signor Ballard, effettivamente, sembra del tutto a suo agio in questa dimensione un po' decadente. Sorprendono, a dire il vero, la disponibilità, il sorriso aperto e schietto, l'umorismo cameratesco, la curiosità un po' sorniona: caratteri inattesi in una persona che ha la fama di essere schiva e molto, molto riservata. Ballard, infatti, e lo dichiara lui stesso, ama circondarsi di cose familiari, di tranquillità.
«Soprattutto, non amo frequentare i miei colleghi, confrontarmi con loro, magari sullo sfondo di qualche prestigioso appuntamento letterario. Certo, ho alcuni amici scrittori. Ricordo con nostalgia, ad esempio, la compianta amica Angela Carter, la sua personalità inquieta, le sue scelte estreme. E tuttavia, preferisco dimenticarne la produzione artistica.»

Domanda: Il cinema, invece, a quanto pare è un'altra cosa. Non è certo la prima volta che lei rende parte a un festival cinematografico. Questo fa supporre un interesse più che casuale...
Risposta: Effettivamente il mondo del cinema mi piace, e non posso che essere grato agli organizzatori del Noir in Festival per avermi dato l'opportunità di assistere alla proiezione di film non soltanto in veste di spettatore, ma anche in quella di una sorta di giurato incorruttibile.

D: Inevitabile, dunque, una domanda su Crash e sulla lungamente ventilata ipotesi che il celebre romanzo possa diventare un film, diretto nientemeno che da David Cronemberg. A che punto è il progetto?
R: Purtroppo, Crash, per il momento non sembra proprio destinato a diventare un film. Cronemberg è bloccato, il produttore Jeremy Thomas non intende finanziare un'altra iniziativa dall'avvenire incerto come Il Pasto Nudo, la cui resa cinematografica mi ha, tra l'altro, lasciato molto deluso.

D: La trasposizione di un suo romanzo in film non costituisce una novità per lei. Come giudica, a distanza di qualche anno, il lavoro compiuto da Spielberg con L'impero del sole?
R:
D: R: Mi rendo conto che potrà sembrare un'affermazione sconsiderata, ma da quello che posso vedere, la fantascienza è morta, non esiste più. Paradossalmente, essa non ha più futuro. Certo, rimane la forma letteraria per eccellenza del XX secolo - come vado affermando da sempre - ma ormai il suo ciclo è concluso, la sua missione, e cioè il cercare di far riflettere la gente sul proprio avvenire, è terminata. Nessuno in realtà ha più voglia di pensare a quel che sarà, nessuno. Se adesso io uscissi per la strada a chiedere alla gente che cosa ne pensa del proprio futuro, non otterrei alcuna risposta sensata, semplicemente perché nessuno ci pensa. E checché se ne dica, la fantascienza non può assolutamente prescindere dal futuro. Se si volesse spingersi oltre, si potrebbe dire che il futuro non esiste più, perché è assente dalla mente delle persone. Si vive di solo presente. L'hic et nunc ha delle propaggini così estese, è talmente scioccante, traboccante di suggestioni, da non lasciare spazio al concetto di futuro. Quello che mi interessa, adesso, è il presente.

D: E naturalmente il passato, come risulta evidente dal suo ultimo romanzo.
R: È vero. La gentilezza delle donne è un percorso sul filo della memoria che si propone di andare oltre il reale, di superarlo. I nodi di questo filo sono rappresentati dalle donne che sono state più importanti nella mia vita.

D: Già, le donne. Lei è stato più volte accusato di maschilismo. Certi critici hanno spesso identificato i personaggi femminili dell'universo ballardiano con dei puri e semplici stereotipi privi di vita, obbedienti a certi cliché letterari ormai storicamente superati. Come risponde a tutto questo?
R: Ebbene, non bisogna dimenticare che la fantascienza rientra nel filone del fantastico, e che quindi per sua stessa natura è popolata di personaggi che rappresentano più che altro dei precisi ruoli all'interno della narrazione. Ecco allora l'eroe senza macchia e senza paura, il buffone e la belle dame sans merci. Da sempre il fantastico si basa su queste figure, e in tal senso è al di fuori di qualsiasi sviluppo storico. La fantascienza, dunque, non può fare eccezione, e finché sono stato uno scrittore di fantascienza ho coscientemente rispettato questa regola.

D: Il suo giudizio sulla fantascienza è dunque senza possibilità di appello?
R: Temo proprio di sì. Certamente, ci sono ancora degli elementi vitali all'interno di essa, come ad esempio il Cyberpunk, e in particolare William Gibson, elementi che hanno in sé qualche cosa di epico e allo stesso tempo di innovativo. Si potrebbe fare, a questo proposito, un paragone con il cinema western. Sono stati realizzati film indimenticabili, bellissimi, ma adesso il western come genere non esiste più. Il che tuttavia non ha impedito la realizzazione di un film davvero buono come Balla coi lupi. In realtà, però, si tratta di eccezioni che, seppure dotate di un grande valore qualitativo, proprio per il fatto di costituire delle eccezioni non sono sufficienti a nutrire un genere inesorabilmente votato al declino.

D: Western e fantascienza uniti dunque da un destino affine. È l'ulteriore prova di un avvicinamento sempre più marcato tra letteratura e cinema?
R: Ma certo. E a questo proposito io stesso non escludo di potermi cimentare, in un futuro più o meno prossimo, nella realizzazione di un film. Il problema non sarà tanto quello di essere capace di fare della regia, ma piuttosto quello di trovare qualcuno disposto a finanziarmi!

D: Per ora, quindi, all'opera con un nuovo romanzo.
R: Sì, sto lavorando a qualcosa. Qualcosa di rigorosamente top secret, proprio come si addice a un vero gentleman dalla riservatezza a prova di bomba.

FINE