Science Fiction Project
Urania - Racconti d'appendice
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VIDEOAGENTE STEVENS - Craig Strete
Titolo originale: Into every rain, a little life must fall

Premetti la tastiera dei comandi e mi collegai col computer centrale. La sala controllo era calda e confortevole, ma fuori era una notte spaventosa. I monitor riprendevano le strade del mio settore, e tutti rimandavano la stessa scena: immobilità totale.
Mi era andata bene con il turno di servizio. Ero riuscito a beccare quello del cimitero, il mio preferito. Quasi tutto succede di notte.
Era freddo e pioveva che dio la mandava. Era una di quelle notti che mi fanno sentire tutta la malinconia del mio mestiere.
Le strade del mio settore erano deserte. Deprimente. A me piace l'azione. Me ne stavo seduto davanti ai miei monitor, il casco audio calcato in testa, e mi sentivo come un giocatore di rugby che se ne sta a guardare in panchina.
Chiamai la Centrale per mettermi a rapporto. - Videoagente 345-45. Stevens, Roger Davis. Entrato in servizio, turno 2, console 0200, tutti i sistemi in funzione, niente da segnalare.
Era proprio una notte noiosa. Solo metà circa delle mie unità mobili erano fuori, per strada. L'intera città si era barricata in casa per via della pioggia. Col freddo che faceva, nessuna persona sana di mente sarebbe uscita, e forse neanche un pazzo.
Le mani mi prudevano per l'inazione, e giocherellavo con le leve d'accensione della mia batteria di laser tascabili.
La pioggia aveva ridotto di molto la visibilità, e i rilevatori erano tutti al massimo del grandangolo. Il campo visivo però restava limitato.
In notti così mi sento inutile. Mi piace scoprire un crimine, individuarlo, schedarlo e impedirlo. E, se sono fortunato, far fuori il criminale. Non potete immaginare la soddisfazione che provo quando riesco e far fuori un criminale. Mi piace il mio lavoro.
Ero al computer da quindici minuti, e ancora niente.
Poi, qualcosa. - Posizione - disse il computer. - Collegarsi col 27, monitor 7.
Cominciava ad andare meglio! Obbedii e, ragazzi, mi sentii rivivere!
L'audio rimandava solo il suono della pioggia che batteva forte sul marciapiedi. Lo aumentai al massimo, ma si senti lo stesso solo la pioggia.
Stessa storia sul video. La strada grigia era avvolta dalla pioggia, così fitta che la visibilità si riduceva a non più di tre metri. Mi collegai con l'unità mobile.
- 27-7, avvicinarsi al soggetto! - Il monitor si mosse velocemente lungo la strada.
Il computer comunicò: - Pedone, razza non identificata, sesso non identificato. Controllo imminente.
- Identificare! - gridai.
Il computer esitò, poi ripeté: - Pedone, razza non identificata, sesso non identificato. Controllo imminente.
- Avvicinarsi, dannazione!
- Ricevuto.
Toccai i grilletti, esasperato. Ma quanto ci voleva, un'eternità? Era come se fossi diventato paralitico.
Finalmente l'audio raccolse un rumore di passi, i passi di qualcuno che sguazzava in una pozzanghera. Una frazione di secondo dopo, sul video apparve una figura inzaccherata che si muoveva piano nella pioggia. I termorilevatori dovevano averne percepito la presenza da un pezzo.
- Identificare. - Gli analizzatori fermarono l'immagine, e la trasmisero in codice alla Centrale.
- Razza bianca, maschio. Informazioni assenti. Niente scheda di riconoscimento, niente registrazione, niente dati.
Un qualche pasticcio del computer, per forza. Poteva anche darsi che cinquant'anni prima fosse esistito qualcuno senza scheda di riconoscimento, ma adesso era impossibile. Qualcuno dei programmatori aveva sgarrato.
- Inseguire e controllare - ordinai, aspettando che la Centrale arrivasse con le informazioni corrette. Di più non potevo fare.
- Non computerizzato. Mancanza di dati - rispose la Centrale.
- Eseguire telefoto con zoom. Obiettivo: mani e dita. Controllo I.D. impronte - ordinai all'unità mobile, che subito girò intorno al soggetto eseguendo gli ordini. Trasmisi subito le informazioni.
- Informazioni ricevute - comunicò la Centrale. - Impronte non registrate. Le informazioni non sono computerizzate.
Che potevo fare? Maledetti programmatori! Mi collegai ancora. - Controllare errore del programmatore!
La Centrale quasi mi prevenne. - Eliminata possibilità errore del programmatore. Niente scheda di riconoscimento. Niente nastri. Fermatelo e identificatelo. Violazione del Codice d'Identità, Sezione 348. Trattenerlo per interrogatorio. - Un intero pannello della mia console s'illuminò. Tutte le unità del mio computer inserite nella Centrale. Tutte impegnate a pieno ritmo in quella storia.
Ero videoagente da dieci anni, dieci anni, e non mi ero mai imbattuto in nessuno che non avesse la scheda di riconoscimento, che non avesse il suo nastro di riconoscimento alla banca dei dati. Non solo è illegale, ma è assolutamente impossibile!
Furono attivati altri due pannelli. Il computer stava diventando matto.
Tenevo gli occhi incollati sui miei monitor e osservai attentamente l'amico. Non era precisamente quello che si può definire una bellezza.
- Bloccatelo - comunicai all'unità mobile che l'aveva tallonato, e questa lo bloccò, ammanettandolo al cavo di detenzione. Nessuna resistenza, nessuna reazione. Pareva che il soggetto non si rendesse conto del monitor.
Era un vecchio. Soprabito consunto. Alto circa 1,63, pantaloni troppo grandi e sfilacciati. Barba lunga, il tipico aspetto dell'alcolizzato. In primissimo piano si vedevano bene gli occhi iniettati di sangue. Non sembrava affatto preoccupato, come se non gl'importasse di essere fermato. I guasti provocati dall'alcool nel soggetto erano evidenziati dalla totale mancanza di interesse, di risposte emotive.
- Chi siete? Fatevi riconoscere! - La mia voce usciva dagli altoparlanti dell'unità mobile. Tutti i miei pannelli erano illuminati, la mia console sembrava uno show di luci. La Centrale faceva faville per questa faccenda.
Il vecchio spaventapasseri guardò direttamente nel monitor. Era macilento, e aveva gli occhi infossati. Faccia mortalmente pallida. Avrei giurato che stavo parlando a un cadavere.
- Ripeto. Sono il videoagente Davis. Avete violato il Codice d'Identità, sezione 348. Fatevi riconoscere.
Il vecchio restò impassibile.
Intervenne la Centrale. - Qui Capo Sezione Hartmann. Cosa diavolo succede lì?
- Stiamo controllando, signore. C'è un uomo di cui non esistono registrazioni, signore.
- Impossibile! - La voce di Hartmann era furiosa.
- Fatevi riconoscere! - provai ancora. Cristo, questa sì ch'era roba da registrare!
- Attivate i monitor della macchina della verità! - ringhiò Hartmann.
- Sono già attivati, signore! Non riesco a ottenere nessuna reazione dal soggetto, signore. - Maledizione, mi sentivo quasi un idiota. Sapeva benissimo che non avevo ottenuto risposte, e l'ordine circa la macchina della verità serviva solo a fare pressione su di me per spingermi a ottenerne una. Tutte le sezioni della Centrale erano collegate, i pannelli della mia console lampeggiavano di mille collegamenti simultanei: tutti erano interessati alla faccenda.
Continuavo a fissare il monitor. Il vecchio distolse gli occhi dal monitor e si guardò al le spalle, come se cercasse qualcuno, o come se qualcuno lo seguisse.
- Piove - disse il vecchio. Si girò e guardò il monitor.
Andai al doppio schermo, girai verso di me la telecamera della console e misi la mia foto sul suo schermo, in basso. Procedura d'interrogatorio standard.
- Sono il videoagente Davis. Avete violato il...
L'uomo annui, mentre la pioggia gli gocciolava dal cappello sformato. - So chi siete.
- Fatevi riconoscere. - Lui mi vedeva nel suo monitor, vedeva le mie mani posate sul grilletto delle laser tascabili. Questo tipo di minaccia mi fornisce un vantaggio psicologico quando interrogo i sospetti, perché vedere il grilletto delle laser fa paura.
Ma il vecchio non ebbe alcuna reazione di paura. C'era qualcosa di così bizzarro in lui che mi accorsi di avere persino io la faccia un po' tirata, e scoprii che avevo le mani sudate.
- Avete visto un uomo, su questa strada? è passato di qui qualcuno stanotte? - chiese il vecchio.
Sbalordito, scossi automaticamente la testa.
- C'eravate voi qui, ieri notte? Non avete visto un uomo dopo il coprifuoco?
- Qui Hartmann - interruppe l'audio. - Continuate a collaborare con lui, a farlo parlare. Abbiamo immesso i fattori visivi e vocali, e stiamo ricontrollando tutto di nuovo. Ci dev'essere un errore, o un guasto al circuito.
- Ero di servizio ieri notte. Ho visto parecchi uomini, ma nessuno dopo il coprifuoco. C'era una donna dopo il coprifuoco, non un uomo - dissi, in risposta alla sollecitazione di Hartmann.
Lo sguardo del vecchio si illuminò. Anche se aveva l'aria di un cadavere, c'era qualcosa di fiero e selvaggio nei suoi occhi.
- Chi cercate? Forse potrei controllare tramite la Centrale e localizzare la persona che desiderate. Scosse la testa.
- Potrei spedire un'unità mobile alla ricerca del vostro uomo.
- Lo troverò prima io. Non ho bisogno che lo cerchiate. Lo troverò io e poi... - Lasciò la frase a metà.
- Questo vostro amico ha un nome? - chiesi, cercando di procedere per via indiretta. Se fossimo riusciti a individuare un suo amico, forse saremmo risaliti fino a lui.
- Non è affatto mio amico! - gridò il vecchio. - Ho un messaggio per lui.
C'era un che di minaccioso nei suoi modi, come l'enfasi messa nel dire "messaggio".
- Forse potremmo aiutarvi a consegnare questo messaggio - proposi.
- No! Non ancora. L'unico messaggio che ho per lui è sotto il mio cappotto.
Si toccò una tasca rigonfia.
Attraverso l'unità mobile lo esaminai ai raggi X e con un rivelatore di metalli. Dalla tasca che lui aveva coperto con la mano libera venne fuori la sagoma inconfondibile di un coltello.
Mi chiesi se fosse il caso di confiscarglielo subito, ma decisi di rimandare. Finché parlava ed era legato con le manette all'unità mobile, non aveva senso prendere provvedimenti troppo scoperti, che potevano indurlo a rifiutarsi di parlare. Nessuna costrizione insomma, solo collaborazione, nella speranza che fornisse informazioni utili.
La Centrale chiamò di nuovo. - Qui Hartmann. Non c'è nessuna registrazione, ripeto, nessuna di quest'uomo, da nessuna parte! - C'era una sfumatura di panico nella sua voce. Evidentemente era scosso, e non potevo biasimarlo. Una contraddizione come quella poteva disgregare l'intera nostra società.
Mi asciugai le mani sui braccioli della poltroncina. Sudavo come un bandito scoperto dal monitor! Almeno era chiaro che la nottata non sarebbe più stata noiosa.
Il vecchio si guardò ancora alle spalle.
Interrogai la Centrale. - Nessuna possibilità di un errore del programmatore?
Hartmann rispose subito. - Nessuna! Abbiamo controllato e ricontrollato! Abbiamo uno schedario per ogni individuo vivente! Ci sono tutti tranne lui! - Sullo sfondo del messaggio di Hartmann udii voci che discutevano animate.
- Chi siete? Fatevi riconoscere - chiesi ancora.
Con mia grande sorpresa, mi rispose.
- Mi chiamo Farris. Jonathan Farris. - Il vecchio si guardò ancora alle spalle e rabbrividì. Era infreddolito, bagnato fradicio, in condizioni pietose. Se non ci fosse stato qualcosa di strano in lui, di cattivo, credo sia questa la parola giusta, forse ne avrei avuto pietà. Ma c'era qualcosa che non andava, qualcosa di terribile, di sinistro, che mi impediva di provare pietà. E poi sono un videoagente. Non sono molto compassionevole.
- Devo arrestarlo? - chiesi alla Centrale.
Prima che mi rispondessero il vecchio parlò.
- Si chiama Bantam. Michael Bantam è l'uomo che cerco. È dietro di me, sono sicuro. Probabilmente gli sono passato davanti senza vederlo a causa della pioggia, ma dev'essere in questa strada.
- Controllare Bantam - dissi.
- Devo incontrarlo. Dove
te lasciarmi andare - disse il vecchio, scuotendo la mano imprigionata. - Farò tardi e invece non devo fare tardi. - Un'espressione ansiosa passò sulla faccia emaciata.
- Ma... - cominciai, attraverso l'altoparlante dell'unità mobile.
- Rilasciatelo immediatamente! - comandò la voce di Hartmann. - Seguitelo! Vogliamo registrazioni su chiunque incontri e su qualunque cosa faccia o dica!
Istintivamente le mie mani si ritrassero dall'orlo della console, contraendosi a pugno. Ero sbalordito da quell'ordine che contrastava con tutto quanto mi era stato insegnato. Non ho mai lasciato andare nessuno che avesse commesso un'infrazione. Mai in dieci anni!
- Maledizione, Davis! L' ordine è esecutivo.
Mi misi in azione e attivai il comando di rilascio. Mentre lo facevo, avvertii una spiacevole sensazione alla bocca dello stomaco. L'ordine contrastava con quello che rappresentavo e con quello in cui credevo.
Una volta liberato, il vecchio fece un cenno d'assenso, e si allontanò dall'unità mobile massaggiandosi il polso.
- Lasciate almeno che gli confischi l'arma illegale che tiene nascosta - dissi alla Centrale. - Non posso lasciare...
- Richiesta respinta. - La risposta fu immediata.
- Siete libero di andare - mi accorsi che stavo dicendo.
Mi tremavano le mani, e feci uno sforzo per non portarle al grilletto delle laser. Quanto mi sarebbe piaciuto sparare.
- Devo continuare a camminare. Lui verrà, e io devo trovarlo - disse il vecchio, toccandosi la tasca del cappotto. - Se lo vedete, ditegli che Jonathan Farris lo scoverà. Morirà, per quello che mi ha fatto.
- Che aspetto ha? Come posso riconoscerlo se lo vedo? - chiesi.
Dalla Centrale mi trasmisero su un monitor una serie di telefoto di Michael Bantam. In basso, sullo schermo, scorrevano le informazioni biografiche. I computer della Centrale erano davvero solleciti.
- Lo riconoscerete non appena lo vedrete - disse il vecchio con un sorriso che pareva più una smorfia. - È giovane, con i capelli rossi tagliati corti. Ha una cicatrice sopra l'occhio sinistro e la faccia pallida come carta da giornale sporca. Lo riconoscerete. Arriverà con il suo solito ghigno, mi deriderà, ma non per molto ancora. - Il vecchio fece ondeggiare la mano sulla tasca del cappotto.
- Se lo vedrò gli dirò che lo cercate - lo rassicurai. Guardai i monitor. Il vecchio aveva fornito una descrizione abbastanza accurata. Almeno avevamo una registrazione di Michael Bantam.
Ma perché diavolo lasciavo che se ne andasse? Cosa diavolo stava succedendo alla Centrale? Erano rimbecilliti, per caso? Picchiai un pugno sulla console. Ero fuori di me. Mi misi in contatto con la Centrale. Quell'uomo, che fosse o no nello schedario, era un criminale, e io avevo tutti i diritti di eliminarlo.
Cominciai a parlare, ma il vecchio mi interruppe, e io fui costretto ad ascoltarlo pazientemente, reprimendo la collera e la frustrazione.
- Non riuscirà mai a farla franca! Nessuno può farmi una cosa del genere e poi farla franca! Sarà morto prima dell'alba. - Era livido di furore.
Su tutti i pannelli lampeggiò la spia rossa che indicava emergenza, e capii che il computer stava rischiando un corto circuito.
- Perché non mi seguite? - disse ancora il vecchio, invitando con un cenno l'unità mobile ad andare con lui. - Giù per questa strada, poi a sinistra, un po' avanti lungo il vicolo. Sì, perché non mi seguite? - E si avviò.
Guardai la carta del mio settore. Il vicolo era una scorciatoia al termine della zona di mia competenza. Significa che era fuori dalla mia giurisdizione. Ne informai la Centrale e aspettai la risposta.
- Qui Hartmann. Ignorate i confini. Seguitelo senza restrizioni né limitazioni. Controllare col monitor.
Mi strinsi nelle spalle. Quella era la giornata delle infrazioni alle regole. Attivai l'unità mobile che si mise subito a seguire il vecchio. Si muovevano insieme lungo la strada in direzione del vicolo.
Mi preparai a segnalare di aver eseguito l'ordine.
All'improvviso, tutto si spense. Console, monitor, connessioni, circuiti attivanti. Tutto. Niente più energia né in entrata né in uscita. Un corto circuito del computer. Doveva succedere. L'esistenza del vecchio privo di schede e nastri di riconoscimento era un problema insolubile, una eventualità ritenuta impossibile.
Rimasi bloccato sulla poltroncina, perché i ganci di apertura che mi avrebbero liberato dalla sua dolce morsa non funzionavano per mancanza di energia. Stavo lì seduto al buio, come un animale di pezza in mano a un bambino.
Non mi ero mai sentito così inutile in vita mia. Cercai di forzare manualmente i ganci del sedile, ma era impossibile. Ero inchiodato lì, inerme, povera farfalla conficcata in bacheca con uno spillo.
Gridai tutta la mia frustrazione alla console muta davanti a me. Sfogo inutile, ma era tutto quello che potevo fare.
Non era un corto circuito da poco. Anzi, tutt'altro. Tutto il mio settore, dall'unità mobile al terminale principale del computer, si era bloccato. Chiunque fosse il responsabile della programmazione del computer, in questo caso avrebbe dovuto essere bruciato vivo. Era un errore di dimensioni incredibili, come il programmare un computer per trovare la radice quadrata di zero.
Il danno da riparare doveva essere enorme. Il mio cronometro da polso non funzionava. Tirando a indovinare, direi che rimasi lì seduto un'ora e più. Forse due ore.
L'energia tornò verso le 0418, o le 0419.
Strizzai gli occhi per abituarmi alle luci della console: la Centrale era in linea.
La voce del comandante Hartmann quasi mi forò i timpani. Sussultai, sentendolo, e abbassai l'audio.
- Cosa sta succedendo là? - chiedeva.
Mi strofinai gli occhi. Le immagini sul monitor non erano ancora chiare.
- Collegamento 27, monitor 7 - gridai. Sul monitor 7 non c'era ancora la giusta messa a fuoco. Quando l'immagine fu chiara, risultò che l'unità mobile, al momento del corto circuito, stava per girare l'angolo e infilare il vicolo. Con il ritorno dell'energia, l'unità finì di voltare l'angolo ed esaminò il vicolo con i rilevatori.
- Posizione - schioccò il computer. - Collegamento 27, monitor 7.
L'unità mobile continuò a procedere.
Sulla mia console lampeggiò una luce rossa. L'unità mobile attivò un pannello di emergenza. Altre unità di altri settori erano pronte a intervenire.
In mezzo al vicolo c'era un corpo. Spalancai la bocca per lo sbalordimento. Il computer cominciò freneticamente ad assimilare dati, e a dare l'allarme automatico a tutti i settori.
Quella faccia emaciata, quegli occhi infossati, quel vecchio cappotto... Nel petto del vecchio era conficcato un coltello. Non c'era dubbio.
Lo osservai in primissimo piano, poi in panoramica laterale.
L'etichetta in codice dei casi di omicidio era attaccata all'impugnatura del coltello. Ne ottenni un primo piano. Diceva che la vittima era stata assassinata, che l'omicidio non era stato ripreso dal monitor e che era stato scoperto dal primo turno del settore otto, che il corpo avrebbe già dovuto essere stato prelevato dal servizio d'igiene. C'era un cartellino azzurro all'estremità dell'etichetta, dove c'era scritto che il corpo andava conservato per l'autopsia e l'acquisizione di prove. Oh, Cristo!
Il computer comunicò: - Deceduto... Farris, Jonathan Franklin, maschio. Razza bianca. Età 57. Data di nascita 2053/03.09. Causa: ferita da coltello al ventricolo destro. Ora presunta del decesso: al momento della scoperta morto da 3 ore, 27 minuti, 55 secondi. Secondo questo rilevatore: morto da 6 ore, 19 minuti, 31 secondi. Morte istantanea. Conclusione: omicidio. Motivi: ignoti. Indiziati: ignoti. Omicidio non monitorizzato. Non sono disponibili ulteriori informazioni se non facendo richiesta attraverso gli opportuni canali del settore 8. Giurisdizione del caso: settore 8. Interruzione per mancanza d'informazioni. Propongo controllo al...
Spensi e mi collegai con la Centrale. Il comandante Hartmann apparve su un video alla mia destra.
Restammo seduti, io da una parte e lui dall'altra, guardandoci in faccia, troppo scossi per poter parlare. Mi sentivo male, persino fisicamente.
- Quando uno muore, il suo nastro di registrazione viene tolto dallo schedario - disse il comandante Hartmann. Era pallidissimo. - Il computer è riuscito a identificare correttamente Farris...
- Ma... - dissi io.
- Ricorrendo alle informazioni schedate nel Registro Deceduti.
Sentii qualcosa di freddo alla bocca dello stomaco.
- State cercando di dirmi che non riuscivamo a identificarlo perché era già morto? Volete dire che era morto quando l'ho individuato nel mio settore? Che non trovavamo i nastri perché nel suo schedario risultava deceduto?
Il comandante Hartmann rabbrividì e guardò il ripiano della console. - Non ho spiegazioni da dare. E non sono nemmeno sicuro di volerne. Cristo, Cristo! - Una guancia gli si contrasse per un tic nervoso. Si stava sforzando di non perdere il contatto con la realtà.
Mi girai a guardare di nuovo il cadavere di Farris.
- Era già morto da tre ore quando ho cominciato il mio turno! Ma, ma... - Mi mancavano le parole. Non riuscivo a muovermi, né a pensare. Stavo seduto lì come paralizzato.
Sono soltanto un videoagente, un'estensione dei miei computer, il guidatore della macchina. Il mio lavoro consiste nel guidare, nel fare quello per cui sono stato addestrato, non tocca a me spiegare i meccanismi della macchina. Questo esula dai miei compiti. So soltanto quello che sanno i computer. Poi agisco. È il mio lavoro. Non voglio sapere altro.
Il comandante Hartmann era sull'orlo di una crisi isterica.
- Decisione operativa! - ordinò, con voce rotta.
Ero confuso. Ero terrorizzato, maledizione! Sapevo quale decisione si aspettava che prendessi. Rimasi lì annichilito. Avrei voluto far finta di non averlo sentito, far finta di non sapere di cosa diavolo stesse parlando.
- Ho detto decisione operativa! - ripetè Hartmann, urlando, la voce incrinata dall'emozione.
Premetti il codice di schedatura automatica, cercando di mantenermi calmo. Ma mentre premevo i tasti del quadro, mi tremavano le mani.
Era la cosa più difficile che avessi mai fatto, la decisione più difficile che avessi mai dovuto prendere.
La mia voce suonò distante, fredda, come se fosse di qualcun altro. Era l'unica decisione che potessi prendere: - Arrestare Michael Bantam per l'omicidio di Jonathan Farris. Cattura ed esecuzione a vista. Violazione del codice penale, sezione 81-4. Priorità assoluta...
L'ordine passò alla Centrale. Era la prima volta, e spero l'ultima, che non decidevo sulla base dei fatti nudi e crudi. Mi chiedo su cosa mai si basasse la mia decisione. Una testimonianza oculare sul delitto fatta dalla vittima? Nemmeno adesso ne sono sicuro.
Aspettai la risposta dalla Centrale. Avevano le stesse prove che avevo io. Il guaio era che le informazioni in base alle quali mi ero regolato non erano computerizzabili. Per una cosa del genere potevano anche destituirmi. Mi sentivo come un ammasso gelatinoso, un puro fascio di nervi. In attesa.
I secondi passarono lentissimi. Sentivo il sudore scorrere giù a inzuppare il cuscino dello schienale. Così coperto di sudore passai un'ora che mi parve un secolo.
Finalmente la Centrale chiamò. - Oggetto: decisione operativa del videoagente 345-45 Stevens, Roger Davis, caso numero 87-41 ia (settore 8, giurisdizione trasferita, approvato trasferimento decisione operativa a settore 7), omicidio, decisione di catturare e giustiziare Michael Bantam...
Ci fu una pausa. Oddio no!, pensai...
La Centrale proseguì: - Approvata. Michael Bantam catturato al settore 9. Giustiziato per violazione al Codice Penale, Sezione 81-4. Confermato. Menzione speciale al videoagente 345-45, Stevens, Roger Davis, per lodevole sforzo individuale in assenza di aiuto dal computer... Congratulazioni.
Cosa accadde realmente in quella notte piovosa? Non credo di volerlo sapere davvero. Come mi disse una volta un mio ottimo amico computer, il dato non è computerizzabile.

FINE