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Urania - Racconti d'appendice
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IL CASO KUGELMASS - Woody Allen
Titolo originale: The kugelmass episode

Kugelmass, professore di lettere al City College, era al suo secondo infelice matrimonio: Daphne Kugelmass era un'idiota. Poi aveva due bambini, un tantino ritardati, natigli dalla prima moglie, Flo, e affondava sino al collo tra pagamento degli alimenti e mantenimento dei figli.
- Come facevo a sapere che sarebbe finita così? - si lamentò un giorno Kugelmass con il suo psicanalista. - Daphne prometteva bene. Chi poteva sospettare che si sarebbe lasciata andare fino a gonfiarsi come un pallone da spiaggia? In più, aveva qualche soldo, il che non è di per sé la migliore delle ragioni per sposare una persona, ma non guasta, con tutti i guai in cui mi ritrovo. Afferrate il punto?
Kugelmass era calvo e peloso come un orso, ma aveva dello spirito.
- Ho bisogno di conoscere un'altra donna - continuò. - Ho bisogno di una relazione. Magari non sembrerò il tipo, ma sono uno che ha bisogno di sentimenti romantici. Voglio dolcezza, voglio carezze. Non sono più tanto giovane, e prima che sia troppo tardi voglio fare l'amore a Venezia, sospirare al chiaro di luna e scambiare sguardi teneri al lume di candela bevendo vino rosso in calici di cristallo. Capite cosa intendo?
Il dottor Mandel si mosse nella poltrona e disse: - Una relazione non risolverà niente. Non avete il senso della realtà. I vostri problemi nascono molto più in profondità.
- E poi questa relazione dev'essere discreta - continuò ancora Kugelmass. - Mica posso permettermi un secondo divorzio. Daphne mi spellerebbe vivo.
- Signor Kugelmass...
- Ma non può essere una del City College, perché anche Daphne lavora lì. Non che le insegnanti della facoltà siano delle gran bellezze, ma qualche studentessa...
- Signor Kugelmass...
- Aiutatemi. Stanotte ho fatto un sogno. Saltavo in un prato e avevo in mano un cestino da picnic, e sul cestino c'era scritto «Libera Scelta». E poi ho visto che il cestino aveva un buco.
- Signor Kugelmass, la cosa peggiore che possiate fare è perdere contatto con la realtà. Qui dovete semplicemente esprimere le vostre sensazioni, che analizzeremo assieme. È da un po' che siete in cura da me, e sapete bene che non esistono rimedi lampo. In fin dei conti io sono un analista, non un mago.
- Allora forse ho bisogno di un mago - disse Kugelmass, alzandosi. E con questo pose fine alla terapia.
Un paio di settimane dopo, una notte che Kugelmass e Daphne se ne stavano da soli in casa con una faccia talmente stracciata che sembravano due vecchi mobili, squillò il telefono.
- La prendo io - disse Kugelmass. - Pronto?
- Kugelmass? - disse una voce. - Kugelmass, sono Persky.
- Chi?
- Persky. O dovrei dire il Grande Persky?
- Prego?
- Ho sentito dire che state battendo la città per trovare un mago che dia un pizzico d'esotismo alla vostra vita. Sì o no?
- Sssh - sussurrò Kugelmass. - Non riattaccate. Da dove chiamate, Persky?
Il giorno dopo, di buon mattino, Kugelmass saliva tre rampe di scale di un decrepito palazzo di Bushwick, un quartiere di Brooklyn. Aguzzando gli occhi nell'oscurità del corridoio, trovò la porta che cercava e suonò il campanello. «Lo rimpiangerò» si disse.
Qualche istante più tardi gli aprì un tizio basso, magro, la faccia bianca come la cera.
- Voi siete Persky il Grande? - chiese Kugelmass.
- Il Grande Persky. Volete un tè?
- No, voglio romanticismo. Voglio musica. Voglio amore e bellezza.
- Ma niente tè, eh? Sorprendente. Bene, accomodatevi.
Persky scomparve nella stanza accanto, e Kugelmass lo sentì spostare scatole e mobili. Poi riapparve, spingendo davanti a sé uno scatolone montato su cigolanti rotelle da pattini. Tolse alcuni vecchi foulard di seta che lo ricoprivano e soffiò via un po' di polvere. Era un armadietto in stile cinese, da due soldi e mal laccato.
- Persky - chiese Kugelmass, - che scherzo è questo?
- Fate attenzione. È un numero molto bello. L'avevo preparato per una riunione dei Cavalieri di Pizia l'anno scorso, ma poi è andato tutto a monte. Entrate nell'armadio.
- Per farmi riempire di spade o roba del genere?
- Vedete qualche spada?
Con una smorfia Kugelmass s'infilò, grugnendo, nell'armadio. Non poté fare a meno di notare un paio di orribili diamanti artificiali incastrati nel legno, proprio davanti al suo naso. - Se è uno scherzo...
- Macché scherzo! Veniamo al dunque. Se assieme a voi butto nell'armadio un romanzo, chiudo gli sportelli e ci batto sopra tre colpi, voi vi troverete proiettato nel libro.
Kugelmass storse le labbra, incredulo.
- È proprio così - disse Persky. - Lo giuro davanti a Dio. E non solo romanzi. Posso buttarci anche racconti, commedie, poesie. Potrete incontrare tutte le donne create dai migliori scrittori di questo mondo, quelle che avete sempre sognato. Potrete farci tutto quello che volete. Quando ne avrete abbastanza, è sufficiente che mi facciate un urlo, e io vi tiro fuori in un secondo secco.
- Persky, non sarete mica un po' matto?
- Vi dico che funziona.
Kugelmass era ancora scettico. - Cosa mi state raccontando, che questo scatolone fatto in casa mi può portare nei posti che dite voi?
- Per un paio di biglietti da dieci.
Kugelmass tirò fuori il portafoglio. - Ci crederò quando lo vedrò coi miei occhi - disse.
Persky infilò i soldi nella tasca posteriore dei calzoni e si girò verso lo scaffale della libreria. - Allora, chi volete incontrare? Sorella Carrie? Hester Prynne? Ofelia? Magari una donna di Saul Bellow? Ehi, che ne dite di Temple Drake? Certo che sarebbe una bella botta, per uno della vostra età.
- Una francese. Voglio una relazione con una francese.
- Nanà?
- Non voglio essere costretto a pagare.
- Che ve ne sembra di Natascia di «Guerra e pace»?
- Ho detto francese. Ci sono! Che ne dite di Emma Bovary? Mi sembra perfetta.
- Ecco qua, Kugelmass. Fatemi un bell'urlo quando ne avete abbastanza. - Persky buttò dentro una copia (in edizione economica) del romanzo di Flaubert.
- Mi assicurate che è sicuro? - chiese Kugelmass mentre Persky stava per chiudere gli sportelli dell'armadio.
- Sicuro! C'è qualcosa di sicuro, in questo pazzo mondo? - Persky bussò tre volte sull'armadio, poi riaprì gli sportelli.
Kugeimass era scomparso. Nello stesso momento apparve nella camera da letto di Charles e Emma Bovary, a Yonville. Davanti a lui c'era una bella donna, sola, che gli girava la schiena piegando della biancheria. «Non posso crederci». pensò Kugelmass, mentre fissava la deliziosa moglie del medico. «È spaventoso. Sono davvero qui. È proprio lei».
Emma, sorpresa, si girò. - Per amor del cielo, mi avete spaventata - disse. - Chi siete? - Parlava con lo stesso inglese elegante della traduzione americana dell'edizione economica.
«È semplicemente micidiale» pensò lui. Poi, resosi conto che lei gli aveva fatto una domanda, rispose: - Scusatemi. Sono Sidney Kugelmass. Insegno al City College. Professore di lettere. Il City College di New York. Nei quartieri alti. Io... Oh, ragazzi!
Emma Bovary sorrise con fare civettuolo e chiese: - Vi andrebbe di bere qualcosa? Un bicchiere di vino, magari?
«È bella» pensò Kugelmass.
Quale differenza con la troglodita che divideva il suo letto! D'improvviso provò l'impulso di prendere fra le braccia quella visione e dirle che lei era il tipo di donna che aveva sognato per tutta la vita.
- Sì, un po' di vino - le rispose, roco. - Bianco. No, rosso. No, bianco. Facciamo bianco.
- Oggi Charles è fuori - disse Emma, e nella voce le vibravano gioiosi sottintesi.
Dopo il vino, uscirono a fare un giretto nella deliziosa campagna francese. - Ho sempre sognato che un giorno mi sarebbe apparso un misterioso straniero che mi avrebbe liberata dalla monotonia di questa grossolana esistenza rurale. - Emma lo prese per mano. Oltrepassarono una chiesetta. - Mi piace quello che indossate - mormorò lei. - Non ho mai visto niente di uguale, qui. È così... così moderno.
- Si chiama completo sportivo - rispose lui, in tono romantico. - L'ho preso ai saldi. - All'improvviso, la baciò. Poi, per un'ora, restarono sdraiati sotto un albero e sussurrarono all'unisono e si dissero con con gli occhi cose piene di significato. Poi Kugelmass si rizzò a sedere: si era appena ricordato che doveva incontrarsi con Daphne da Bloomingdale.
- Devo andare - le disse. - Ma non temere, tornerò.
- Lo spero - disse Emma.
L'abbracciò appassionatamente, e mano nella mano tornarono a casa di lei. Ancora una volta tenne le guance di Emma fra le mani a coppa, la baciò, e gridò: - Dai, Persky! Devo essere da Bloomingdale alle tre e mezzo.
Ci fu uno schiocco deciso, e Kugelmass si ritrovò a Brooklyn.
- Allora? Dicevo balle? - chiese Persky, trionfante.
- Senti, Persky, sono già in ritardo con quel mostro che mi aspetta in Lexington Avenue, ma, dimmi, quando posso tornare? Domani?
- Il piacere è tutto mio. Ma portati dietro un biglietto da venti. E non fiatare con nessuno.
- Figurati! Adesso mi metto a telefonare al giornale.
Kugelmass prese un taxi e tornò in centro. Il cuore gli danzava sulle punte. «Sono innamorato» pensava, «sono il custode di un segreto meraviglioso». Quello che non poteva sapere era che, in quello stesso istante, gli studenti di varie scuole disseminate in tutto il paese stavano chiedendo agli insegnanti: - Chi è questo personaggio a pagina cento? Un ebreo calvo che bacia Madame Bovary? - Un insegnante di Sioux Falls, nel South Dakota, sospirò e pensò: «Gesù, questi ragazzi con la loro erba e il loro acido. Cosa gli passa mai per la testa!».
Quando Kugelmass, senza fiato, raggiunse la moglie, lei era già nel reparto accessori per bagno di Bloomingdale. - Dove sei stato? - abbaiò. - Sono le quattro e mezzo.
- C'era un ingorgo per strada - rispose Kugelmass.

Kugelmass tornò da Persky il giorno dopo, e in pochi minuti fu di nuovo sospinto, per magia, a Yonville. Emma non poté nascondere la sua eccitazione nel rivederlo. Passarono assieme parecchie ore, ridendo e parlando dei loro ambienti così diversi. Prima che Kugelmass se ne andasse, fecero l'amore. - Mio Dio, lo sto facendo con Madame Bovary! - sussurrò tra sé Kugelmass. - Io, che non sono mai riuscito a toccare una matricola inglese.
Col passare dei mesi Kugelmass andò da Persky molte volte e portò avanti un'intima, appassionata relazione con Emma Bovary. - Stai bene attento a infilarmi nel libro sempre prima di pagina centoventi - disse un giorno Kugelmass al mago. - Devo incontrarla prima che quel Rudolph l'agganci.
- Perché? - chiese Persky. - Non puoi fargli la festa?
- Fargli la festa? È un signorotto di campagna. Quei tipi lì non hanno niente di meglio da fare che corteggiare le donne e correre a cavallo. Per me è solo una di quelle facce che si vedono su ogni rivista femminile, coi capelli alla Helmut Berger, ma per lei è roba di prima qualità.
- E suo marito non sospetta niente?
- Quello è fuori di testa. È un mediconzolo senza voglie che si è messo con una che va a ritmo di cancan. Alle dieci gli viene già sonno, e lei a quell'ora comincia a ballare. Oh, be', ci vediamo.
E ancora una volta Kugelmass entrò nell'armadio cinese e si trovò immediatamente a casa Bovary, a Yonville. - Come va, dolcezza mia? - chiese a Emma.
- Oh, Kugelmass. - Emma sospirò. - Cosa mi tocca sopportare! Ieri sera a cena, Mister Personalità si è addormentato a metà dessert. Io mi struggo di nostalgia per Maxim e per il balletto, e lui si mette a russare.
- È tutto a posto, cara, adesso ci sono io - la consolò Kugelmass, abbracciandola.
«Me lo sono meritato» pensò, inebriandosi al profumo francese di Emma e seppellendo il naso nei capelli di lei. «Ho sofferto a sufficienza. Ho pagato abbastanza psicanalisti. Ho cercato fino a essere stanco. Lei è giovane e nubile, e io sono qui, poche pagine dopo Leon e appena prima di Rudolph. Ho fatto la mia comparsa nei capitoli giusti e ho la situazione in pugno.»
Emma, senz'ombra di dubbio, era felice quanto Kugelmass. Aveva una disperata voglia di cose eccitanti, e i racconti di lui sulla vita notturna di Broadway, sulle macchine che correvano veloci, sulle stelle di Hollywood e della TV incantavano la giovane bellezza francese.
- Parlami ancora di O. J. Simpson - lo implorò lei quella sera, mentre passavano davanti alla chiesa dell'abate Bournisien.
- Cosa posso dirti? È grande. Ha battuto ogni record di velocità nella corsa. Vedessi come va! Distanzia tutti.
- E gli Academy Awards? - chiese Emma, piena di desiderio. - Darei tutto per vincere un premio Oscar per la miglior attrice.
- Prima dovresti entrare tra i finalisti.
- Lo so, me l'hai spiegato. Ma credo proprio di saper recitare. Naturalmente dovrei seguire un corso o due, magari con Strasberg. Poi, se avessi un buon agente...
- Vedremo, vedremo. Ne parlerò con Persky.
Quella sera, tornato sano e salvo nell'appartamento di Persky, Kugelmass buttò lì l'idea che Emma venisse a fargli una visitina nella metropoli.
- Lasciamici pensare - disse Persky. - Forse posso arrangiare la cosa. Ne sono successe anche di più strane. - Ovviamente, a nessuno dei due ne venne in mente qualcuna.

- Dove hai passato la sera? - abbaiò Daphne Kugelmass al marito che quel giorno rincasò molto tardi. - Hai una donnina nascosta da qualche parte?
- Sì, come no, sono proprio il tipo - rispose stancamente Kugelmass. - Sono stato con Leonard Popkin a discutere dell'agricoltura socialista in Polonia. Sai com'è Popkin: argomenti del genere lo scatenano.
- Sei diventato strano negli ultimi tempi. Distante. Comunque, non scordarti il compleanno di mio padre. Facciamo sabato?
- Oh, va bene, va bene - disse Kugelmass andando in bagno.
- Ci sarà tutta la famiglia. I gemelli e mio cugino Hamish. Dovresti essere più gentile con mio cugino Hamish: gli piaci.
- D'accordo, i gemelli - disse Kugelmass, poi chiuse la porta, lasciando fuori il suono della voce della moglie. Si appoggiò al battente e tirò un profondo sospiro. Si disse che entro poche ore sarebbe tornato a Yonville, dal suo amore. E questa volta, se tutto andava bene, avrebbe portato Emma indietro con sé.
Alle tre e un quarto del pomeriggio seguente Persky ripeté la solita magia. Kugelmass apparve davanti a Emma, tutto un sorriso di contentezza. Passarono qualche ora a Yonville con Binet, e poi risalirono sulla carrozza dei Bovary. Seguirono le istruzioni di Persky: si tennero stretti stretti, chiusero gli occhi e contarono fino a dieci. Quando li riaprirono, la carrozza si stava fermando davanti all'ingresso laterale dell'Hotel Plaza, dove la mattina Kugelmass, ottimista, aveva prenotato un appartamento.
- Lo adoro! È proprio come me lo sognavo! - Emma, raggiante di gioia, piroettava nella camera da letto, ammirando la città dalla finestra. - Ecco là il palazzo Schwarz della F. A. O., e il Central Park. E Sherry dov'è? Oh, eccolo, lo vedo. È tutto divino!
Sul letto c'erano alcuni scatoloni mandati da Halston e Saint Laurent. Emma ne aprì uno e si appoggiò contro il corpo perfetto un paio di pantaloni di velluto nero.
- Il pigiama palazzo è di Ralph Lauren - l'informò Kugelmass. - Mettilo, e sembrerai roba da miliardari. Avanti, tesoro, ringraziami con un bacio.
- Non sono mai stata tanto felice! - uggiolò Emma davanti allo specchio. - Usciamo, andiamo a fare un giro. Voglio vedere «Chorus Line» e il Guggenheim e quel Jack Nicholson di cui parli sempre. Danno qualche suo film?

- Proprio non riesco a capirlo - disse un professore di Stanford. - Prima salta fuori questo personaggio che si chiama Kugelmass, e adesso lei è scomparsa dal libro. Be', bisogna proprio dire che i classici più li leggi, più ci trovi qualcosa di nuovo.

I due innamorati trascorsero un week-end meraviglioso. Kugelmass aveva raccontato a Daphne che doveva assentarsi per un simposio a Boston, e che sarebbe tornato il lunedì. Assaporando ogni singolo momento, lui e Emma andarono al cinema, pranzarono a Chinatown, passarono due ore in una discoteca, andarono a letto col televisore che trasmetteva un film. La domenica dormirono fino a mezzogiorno, poi visitarono Soho, spiarono le celebrità da Elaine. La sera si fecero portare in camera caviale e champagne, e parlarono fino all'alba. La mattina dopo, sul tassi che li riportava a casa di Persky, Kugelmass pensava: «Un po' troppo movimento, ma ne valeva la pena. Non posso riportarla qui troppo spesso, ma di tanto in tanto sarà una affascinante alternativa a Yonville».
Da Persky Emma s'infilò nell'armadio, sistemò attorno a sé tutti gli scatoloni con i vestiti nuovi e baciò Kugelmass appassionatamente. - La prossima volta ci vediamo da me - disse e gli strizzò l'occhio. Persky bussò tre volte sull'armadio. Non successe niente.
- Mmmm - disse Persky, grattandosi la testa. Bussò di nuovo, ma niente magia. - Si vede che qualcosa non va - bofonchiò.
- Persky, stai scherzando! - gridò Kugelmass. - È possibile che non funzioni?
- Calma, calma. Sei sempre lì, Emma?
- Sì.
Persky bussò ancora, questa volta più forte.
- Sono sempre qui, Persky.
- Lo so, cara. Stai tranquilla.
- Persky, "dobbiamo" rimandarla indietro - mormorò Kugelmass. - Sono un uomo sposato, e fra tre ore devo fare lezione. In questa situazione non sono pronto ad accettare altro che una relazione estremamente discreta.
- Non riesco a capire - borbottò Persky. - È un giochetto talmente sicuro!
Ma non poteva farci niente. - Ci vorrà un po' di tempo - disse a Kugelmass. - Dovrò smontare tutto. Ti richiamo.
Kugelmass infilò Emma in un tassì e la riportò al Plaza. Ce la fece appena a entrare in aula in tempo. Rimase attaccato al telefono tutto il giorno: chiamava alternativamente Persky e la sua amante. Il mago gli disse che forse sarebbero passati diversi giorni, prima di scoprire la causa del guaio.
- Com'è andato il simposio? - gli chiese Daphne quella sera.
- Ottimo, ottimo - rispose lui, accendendo una sigaretta dalla parte del filtro.
- Cosa c'è che non va? Sei nervoso come un gatto.
- Io? Ah, che ridere. Sono calmo come una notte d'estate. Esco a fare due passi. - Uscì, prese un tassì, volò al Plaza.
- Non va bene - gli disse Emma. - Charles sentirà la mia mancanza.
- Consolati con me, dolcezza. - Kugelmass era pallido e sudato. La baciò ancora, infilò l'ascensore, agguantò un telefono nell'atrio dell'hotel e tirò qualche maledizione a Persky.
Arrivò a casa appena prima di mezzanotte.
- A quanto dice Popkin, il prezzo dell'orzo a Cracovia non era più stato così stabile dal 1971 - disse a Daphne, e sorrise debolmente, coricandosi.

Trascorse così l'intera settimana. La sera di venerdì raccontò a Daphne che doveva prendere parte a un altro simposio, questa volta a Syracuse. Raggiunse in fretta il Plaza, ma il secondo week-end non fu nemmeno lontanamente paragonabile al primo. - O mi fai tornare nel romanzo o mi sposi - gli intimò Emma. - Nel frattempo o mi trovi un lavoro o mi mandi a scuola, perché continuare a guardare la televisione tutto il giorno è il fondo del baratro.
- Ottimo. Ci servono soldi - rispose Kugelmass. - Tu mangi due volte più di ogni persona normale, stando a quello che ti fai portare in camera.
- Ieri ho incontrato un produttore dell'Off Broadway, e mi ha detto che potrei andargli bene per qualcosa che sta mettendo in piedi.
- Chi è questo buffone? - chiese Kugelmass.
- Non è un buffone. È sensibile e gentile e intelligente. Si chiama Teff qualcosa d'altro, e sta cercando una donna di classe.
Quello stesso pomeriggio, più tardi, Kugelmass si presentò a Persky completamente ubriaco.
- Calmati - gli disse Persky. - Ti verrà un infarto.
- Calmarsi. Questo mi dice di calmarmi. Tengo chiusa in una camera d'hotel una donna che salta fuori da un romanzo, e per di più credo che mia moglie mi faccia seguire da un porco d'investigatore privato.
D'accordo, d'accordo. Sappiamo tutti che è un problema. - Persky s'infilò sotto l'armadio e prese a martellare qualcosa con una grossa chiave inglese.
- Mi sento una belva in gabbia - continuò Kugelmass. - Sto svicolando per tutta la città, e sia io sia Emma non ci sopportiamo più. Per non parlare del conto dell'albergo che pare il bilancio del ministero della difesa.
- E io cosa dovrei fare? Così va il mondo della magia - disse Persky. - Sono tutte sfumature.
- Sfumature dei miei stivali. Sto nutrendo il mio topolino a Dom Pérignon e a uova di caviale, e in più c'è il suo guardaroba, e adesso salta fuori che si è iscritta al «Neighborhood Playhouse» e d'improvviso ha bisogno di foto fatte da un professionista. E poi, Persky, il professor Fivish Kopkind, che insegna letteratura comparata e che è sempre stato geloso del sottoscritto, mi ha identificato come il personaggio che di tanto in tanto compare nel romanzo di Flaubert. Ha minacciato di andarlo a spifferare a Daphne. Prevedo la mia rovina, e la prigione per mancato pagamento di alimenti. Se mia moglie viene a sapere che ho commesso adulterio con Madame Bovary, mi riduce a un barbone.
- Cosa vuoi che ti dica? Ci sto lavorando notte e giorno. E per quanto riguarda i tuoi guai personali, non posso farci niente. Io sono un mago, mica uno psicanalista.
Venne il pomeriggio di domenica. Emma si era chiusa a chiave nel bagno e rifiutava di rispondere alle invocazioni di Kugelmass. Kugelmass guardava fuori dalla finestra il Wollman Rink e meditava sull'idea del suicidio. "Peccato che siamo a un piano basso" pensava, "se no mi butterei subito. Forse, se scappassi in Europa e ricominciassi daccapo... Magari potrei vendere l'International Herald Tribune agli angoli della strada, come facevano quei ragazzini".
Squillò il telefono. Kugelmass, meccanicamente, portò il microfono all'orecchio.
- Portala qui - disse Persky. - Credo di aver neutralizzato il guaio.
Il cuore di Kugelmass ebbe un sussulto. - Stai parlando sul serio? L'hai riparato?
- Era qualcosa nella trasmissione. Chi se lo sarebbe immaginato.
- Persky, sei un genio. Saremo lì in un minuto. In meno di un minuto.
Di nuovo gli amanti corsero a casa del mago, e di nuovo Emma Bovary s'infilò nell'armadio cinese con gli scatoloni dei vestiti. Questa volta non ci furono baci. Persky chiuse gli sportelli, respirò a fondo, e bussò tre volte sull'armadio. Si sentì il solito, rassicurante schiocco, e quando Persky ci guardò dentro l'armadio era vuoto. Madame Bovary era tornata nel suo romanzo. Kugelmass si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo e strinse la mano al mago.
- È finita - disse. - Ho imparato la lezione. Non barerò più. Lo giuro. - Strinse ancora la mano di Persky e prese nota, mentalmente, di mandargli una cravatta in regalo.

Tre settimane più tardi, sul finire di un tiepido pomeriggio primaverile, Persky andò a rispondere al campanello della porta.
Era Kugelmass, lo sguardo timido e impacciato.
- Andiamo, Kugelmass - disse il mago. - Cosa c'è, questa volta?
- Solo per una volta - rispose Kugelmass. - Il tempo è tanto delizioso, e io continuo a non ringiovanire. Senti, hai letto «Lamento di Portnoy»? Ti ricordi la Scimmia?
- Adesso faccio pagare venticinque dollari per via che si è alzato il costo della vita, ma a te posso offrire un viaggetto gratis, considerati tutti i guai che ti ho procurato.
- Sei una brava persona - disse Kugelmass. Poi si aggiustò i pochi capelli che gli restavano e s'infilò nell'armadio. - Andrà tutto bene?
- Lo spero. Ma non è che l'ho usato molto, dopo quella volta alquanto spiacevole.
- Sesso e romanticismo - disse Kugelmass da dentro l'armadio.
- Cosa non ci tocca fare per un bel faccino.
Persky buttò dentro una copia di «Lamento di Portnoy» e bussò tre volte sul legno. Questa volta, al posto del solito schiocco, ci fu un'esplosione sorda, seguita da una serie di scricchiolii e da una spruzzata di scintille.
Persky stramazzò all'indietro, gli prese un attacco cardiaco e restò stecchito. L'armadio s'incendiò, e dopo un po' tutta la casa finì in fiamme.
Kugelmass era all'oscuro di questa catastrofe, ma aveva i suoi problemi. Non si era trovato dentro il «Lamento di Portnoy», né dentro un altro romanzo, a dire il vero. Era stato proiettato in un vecchio libro di testo, «Lo spagnolo per principianti», e adesso stava correndo come un disperato su un terreno arido e pietroso, mentre il verbo «tener» (avere), un verbo enorme, peloso e irregolare, lo inseguiva di gran corsa sulle gambe affusolate.

FINE