Science Fiction Project
Urania - Racconti d'appendice
* * Back * *

A CHE SERVE UN'INVENZIONE SE NON SERVE? - Leonard Tushnet
Titolo originale: A practical invention

Io sono un uomo pratico, cosa che a volte i miei figli (ma vivi e lascia vivere!) non sono, nonostante il loro cervello. Uno a testa. Se non fossero due, gemelli, e se i loro due cervelli fossero in una testa sola, questa testa saprebbe più cose di tutti gli scienziati del mondo messi insieme, ve lo dico io. Comunque sono in grande considerazione, e lavorano con incarichi di responsabilità per una grossa ditta di pellicole fotografiche. Non ne faccio il nome perché ai ragazzi potrebbe non far piacere. Non so come la pensino. Anche se dovrei saperlo. Li ho allevati personalmente, dato che hanno perso la madre quando avevano otto anni, e devo dire che non è stata un'impresa facile. Io non mi sono risposato, perciò ho dovuto pensare al lavoro, e contemporaneamente mandare avanti la casa. Comunque i ragazzi sono sempre stati bravi. Dio li benedica!
Larry ha la passione dei laser. È un sistema per proiettare la luce. Non so come funzioni esattamente perché non ho avuto la loro istruzione. Non ho fatto l'università. Leo, invece, è appassionato di magia. Ed è molto bravo, devo dire. I ragazzi hanno collaborato parecchio tra loro nel costruire trucchi e illusioni assai ingegnose. La cantina è piena di questi loro apparecchi. E vengo al punto.
Larry ha costruito un apparecchio per ottenere un'illusione ottica che serviva a Leo. Sapete, come quando si vede qualcosa che invece non c'è. Lo si può fare con gli specchi. Larry ha usato il laser, ed è arrivato a ottenere quelli che lui chiama ologrammi. Sembrano fotografie ma non lo sono. I negativi appaiono come un ammasso di punti e di macchie, ma quando sono proiettati sullo schermo si ha l'impressione di poter girare attorno all'immagine. È a tre dimensioni. Lo so che è difficile crederci se non lo si vede coi propri occhi. Una immagine normale è piatta, è una foto, insomma, e rimane identica da qualsiasi angolo la si guardi, ma l'immagine ottenuta con la proiezione di un ologramma è autentica, e se ci si sposta a destra o a sinistra si ha una visione diversa da quella che si ha guardando di fronte.
Dunque, come ho detto, Larry costruì questi ologrammi per Leo. E proiettò le immagini nell'aria, non su uno schermo. Con l'aiuto di specchi. Me le mostrarono. Incredibile! Vidi ondeggiare nell'aria una scatola, un cestino di frutta, un vaso di fiori, e altre cose. Anche un mucchio di penny. Furono i penny a darmi l'idea.
- Sembrano proprio autentici - dissi. È un peccato che non si possa conservare questa illusione in permanenza. Sarebbe bello poterli spruzzare di plastica trasparente, come si fa per conservare i fiori. - Alludevo a quelle cose che si espongono nelle vetrine. Ci sono anche monete, come i mezzi dollari di Kennedy incastrati in cubetti di plastica trasparente come il vetro.
I ragazzi scoppiarono a ridere. - Papà - dissero, insieme, perché parlano sempre insieme, - questa è soltanto un'illusione. In realtà non c'è niente.
- Realtà. Cos'è la realtà? Io li vedo, e voi li vedete - dissi. - Potremmo testimoniare davanti a un giudice, e giurare di avere visto un mucchio di penny volteggiare nell'aria. Vedere è convincersi, giusto? - Poi, per scherzo... ma non del tutto perché un hobby è un hobby ma quando si vede la possibilità di fare qualche soldo, perché no?... aggiunsi: - Voi ragazzi siete in gamba, quindi perché non cercate il modo di conservare l'illusione anche quando il laser è spento? Anche accontentandovi dei penny riuscireste a fare un sacco di soldi.
A questo punto loro cominciarono a spiegarmi che le onde luminose non hanno massa, e un sacco di altre cose che per me non avevano né capo né coda. Però una cosa l'afferrai. - Mi sembra che se le onde luminose non sono tangibili, come voi dite, e fanno sembrare che una cosa ci sia, voi, per fare che questa cosa ci sia realmente non dovete far altro che trovare il sistema di ricoprirla, magari con altre onde luminose di specie diversa, che la proteggano da tutto ciò che può disturbare l'immagine. E se quello che non c'è può essere ricoperto, allora deve esserci veramente. Chiaro?
I ragazzi scoppiarono a ridere, però mi accorsi che il mio ragionamento li aveva impressionati. - Papà, avresti dovuto fare il filosofo - disse Leo.
- Avresti battuto il vescovo Berkeley sul suo stesso terreno!
(Più tardi guardai sull'enciclopedia chi fosse questo vescovo. Era stato un uomo in gamba, ovviamente, che aveva dato del filo da torcere a tutti quelli che gli avevano voluto dimostrare che si sbagliava.)
Poi i due ragazzi cominciarono a discutere tra loro sulla necessità di ottenere un rivestimento di una specifica lunghezza d'onda, e di altre faccende che non riuscivo a capire, così li lasciai soli.
Alcune settimane dopo i ragazzi mi invitarono a vedere quello che avevano fatto. Al loro congegno originale avevano aggiunto un apparecchio Rube Goldberg, che serviva per creare una specie di nebbia attorno all'immagine olografica dell'oggetto, in questo caso un quarto di dollaro. Poi regolarono qualcosa, la nebbia scomparve, e, credeteci o no, il quarto di dollaro cominciò a calare verso il pavimento. Lentissimamente, è vero, ma si abbassava.
- Visto, papà? - disse Leo. - L'ologramma ha un peso.
- Molto interessante - feci, non sapendo cos'altro dire. L'immagine del quarto di dollaro scomparve all'improvviso e sul pavimento cadde una goccia al mastice per modellini di plastica. - E allora? - chiesi. - Cosa avete ottenuto?
- Abbiamo risolto un problema, ma solo per trovarcene di fronte un altro - dissero i due -ragazzi, insieme. - Dobbiamo trovare il modo di indurire il rivestimento prima che l'ologramma cada. Se riusciamo a farlo, otteniamo una copia stampata dell'originale.
Io, come ho detto, sono un uomo pratico. Così dissi: - Non appena la nebbia scompare, e l'immagine comincia a scendere, voi fatela cadere in una plastica liquida che indurisca in meno di un secondo. Sarebbe un bel trucco poter stringere in mano la copia di una illusione.
Le mie parole li spinsero a ricordarmi di nuovo che l'ologramma esiste soltanto nel raggio di luce, e così via, poi, all'improvviso si guardarono in silenzio, e alla fine si fecero un cenno affermativo. Compresi subito che avevano avuto un'idea.
Dopo questo episodio io continuai a informarmi di tanto in tanto sugli sviluppi della loro nuova illusione olografica, e loro continuarono a darmi risposte evasive. Circa sei mesi più tardi, quando avevo quasi dimenticato tutta la faccenda, mi invitarono a una dimostrazione del loro ultimo prototipo.
In un angolo della cantina c'erano due barili. Mentre mi infilavo gli occhiali che loro mi avevano detto di mettere, diedi una sbirciata nei barili. Sembravano pieni di monete. Quarti di dollaro.
Il loro apparecchio era diverso dalla prima volta. C'era un tubo di cristallo trasparente, a forma di X. Il tubo era tutto chiuso, tranne che alla congiunzione della X, dove, nella parte inferiore, c'era un'apertura. Sotto, i ragazzi avevano steso un vecchio materasso che sembrava tutto bruciacchiato da sigarette. Leo proiettò l'ologramma del quarto di dollaro in una parte del tubo e lo sollevò sino a farlo coincidere con il centro esatto della X. Dall'altra estremità della stanza Larry mise in funzione un altro tipo di apparecchio, e dentro il tubo comparve l'immagine di una lunga e sottile striscia di nebbia. Larry regolò il suo apparecchio, e l'immagine della nebbia cominciò a muoversi lentamente, fino a incontrare il quarto di dollaro. - Via! - disse Leo. A questo punto fecero tutti e due qualcosa, e al centro della X comparve come una specie di luce. Nello stesso tempo il materasso sul pavimento cominciò a muoversi avanti e indietro e da destra a sinistra. Non riuscivo a credere agli occhi: dall'apertura del tubo cominciarono a cadere sul materasso dei quarti di dollaro, in fila perfetta. Quando il materasso fu coperto di monete, Leo e Larry fermarono i loro apparecchi.
I ragazzi scoppiarono a ridere nel vedermi a bocca aperta.
- Raccoglili, papà - disse Leo. Lo feci. Erano veramente quarti di dollaro, ma ricoperti da una sottilissima pellicola di plastica trasparente. Poi erano molto leggeri. Non pesavano quasi niente.
- Tu ci hai dato l'idea, papà - disse Larry, - ma noi l'abbiamo modificata, migliorandola. Non si può rivestire una serie di lunghezze d'onda con qualcosa di materiale, però abbiamo pensato di poter prendere un'immagine olografa di una sospensione aerosol di una resina plastica trasparente a presa rapida e sovrimporla all'ologramma del quarto di dollaro.
- Spiegò che la luce non era soltanto una lunghezza d'onda, ma anche una particella, per cui, in teoria, la si poteva ricoprire. Mi spiegò il procedimento in tutti i particolari, ma io non finsi nemmeno di capire. - Ed eccoci al risultato! Si proietta il negativo dell'uno sul negativo dell'altro, e si ottiene il positivo. Questa non è più semplice matematica, ma anche filosofia. La negazione della negazione, avrebbe detto Hegel, ma il nuovo positivo è su un piano più alto dell'originale. È la spirale dialettica. - Molta gente istruita parla in questo modo incomprensibile.
Guardai i nuovi quarti di dollaro. A parte la sottile pellicola di copertura erano monete perfette. - E per cosa le volete usare? - chiesi.
I ragazzi si guardarono. - Noi non abbiamo mai pensato di usarle - dissero. - Per noi era solo un problema interessante da risolvere. - Probabilmente si accorsero della mia espressione, perché subito aggiunsero: - Le potremmo usare come souvenirs da distribuire dopo le dimostrazioni. - I due ragazzi mi sorrisero, aspettando la mia approvazione, perché sanno che io sono un uomo pratico.
Quello che ho raccontato vi può dare un'idea di quale sia il senso pratico dei miei figli. Inventano il sistema di duplicare le cose, e riescono soltanto a pensare che sia un gioco di prestigio per giovani dilettanti.
Scossi la testa. - No. Ho un'idea migliore. Dato che questi esperimenti non costano quasi niente, solo il prezzo della pellicola e dell'elettricità, io penso che si possano fare molte cose. - Loro sapevano cosa volevo dire, dato che io commercio in bigiotteria. - Si potrebbero fare collane indiane, oppure orecchini zingareschi.
- È impossibile, papà - dissero. Poi Larry aggiunse: - Guarda. - Prese uno dei quarti di dollaro e lo buttò contro la parete. Ci fu un breve lampo con i colori dell'arcobaleno, una iridescenza, e poi più niente. Niente del tutto. La moneta era scomparsa. - Visto? - disse Leo. - Una volta spezzata la struttura ritornano le lunghezze d'onda della luce che viaggiano alla velocità di trecentomila chilometri al secondo.
Aveva ragione. Presi un piccolo trapano dal banco di lavoro, e tentai di fare un buco in una moneta. Puf! Niente più moneta. E niente più plastica. Larry disse: - Papà, possono servire soltanto come souvenirs. Come curiosità del momento.
Poco pratici, tutti e due. - Allora fateli diventare più pesanti, dal momento che ci sono. Metteteli in un sottile strato di lucite. C'è sempre un mercato per cose del genere... lo fanno con le monetine di altri paesi, con i fiori, e anche con le mosche.
Be', ci tentarono, ma non funzionò. Le monete si materializzavano, certo, ma scomparivano non appena a contatto con la materia plastica calda. I ragazzi mi fecero assistere all'esperimento.
Se avessi la loro istruzione, sarei milionario! Non riescono a immaginare la cosa più semplice. - Dunque, ragazzi, sul vostro originale, sulla moneta, prima di scattare la foto, saldate un piccolo anello di metallo. Così ci si può far passare un filo, o quello che si vuole. - Devo dire che rimasero male per non averci pensato. E io volli incoraggiarli. Non è bello che un padre umili i propri figli. Così dissi: - Sentite, ragazzi, vi dico quello che avrei fatto io. Avrei preso una moneta d'oro da venti dollari e ci avrei saldato un anello sul bordo. Voi fatemi un numero sufficiente di duplicati, e io dirò a Tony - è il mio disegnatore - di studiare qualcosa di carino. E dividerò i profitti con voi.
Così si fece. E io ebbi un barile pieno di pezzi d'oro da venti dollari (di immagini solidificate, naturalmente). Non pesavano quasi niente. Tony li usò per farne collane, bracciali, orecchini, ciondoli, e io li smerciai alla stessa velocità con cui i lavoranti riuscivano a farli. Contrattai con grossi negozi di New York e di Dallas, nel Texas, e con negozi importanti di Madison Avenue e del Wilshire Boulevard di Los Angeles. Furono un successo. Sembravano fatti con le monete autentiche, e in un certo senso era vero, ma è un po' scomodo portare agli orecchi, alle braccia e al collo, oggetti che pesano tonnellate. Quelli invece erano leggeri come piume. Vendemmo a più non posso e incassammo un monte di quattrini.
Perché no? L'elettricità costa poco, l'apparecchio laser e quello olografico erano già pronti, e una moneta d'oro da venti dollari, in un qualsiasi negozio di numismatica, viene venduta a settantadue dollari. Potete quindi vedere quale margine fantastico ci fosse. Quindi, come ho detto, facemmo parecchi soldi.
Ma la moda è moda e una volta saturato il mercato dissi ai ragazzi di usare gli apparecchi per produrre qualche altra cosa.
Io feci un investimento. Comperai un diamante bianco di otto carati, tagliato a rosetta, perfetto, e lo feci montare in platino. Con un barile pieno di quei diamanti potevo fare veramente qualcosa. La luce non era bellissima come quella dell'originale, a causa della pellicola di rivestimento, ma era comunque notevole, credetemi. Ne feci soltanto un barile, per poter mantenere il prezzo sufficientemente elevato. Feci diademi, pendenti, orecchini, e un lavoro speciale... un vestito ricamato di pietre per la moglie di un magnate del petrolio, da mettere al matrimonio della figlia. Naturalmente non dissi che erano diamanti, come non avevo mai detto che le monete d'oro erano veramente d'oro. Erano cose di bigiotteria, ma bigiotteria di un tipo speciale. La mia ditta si fece un nome pari a quello di Tiffany. La nostra linea venne seguita da tutta l'industria, anche per i cristalli di Boemia e per la marcassite, dove c'è molta competizione.
Pensai che non ci fossero limiti a quello che si poteva riprodurre con gli ologrammi. Dissi ai ragazzi di smettere momentaneamente la produzione, fino a quando il sistema non fosse stato brevettato. Furono d'accordo. Sono dei bravi ragazzi, ma con la testa tra le nuvole. E cominciavano a stancarsi. Per loro guadagnare una fortuna non era sufficiente.
Rimasi occupato con le vendite natalizie, così fu dopo il capo d'anno che mi informai a che punto fosse il brevetto. Loro si guardarono e poi guardarono me. Alla fine sospirarono, insieme. - Non lo brevettiamo, papà.
Aha! Pensai. Altruisti. Vogliono pubblicare la notizia su qualche giornale scientifico e offrire la loro scoperta all'umanità. A questo punto ci sarà qualcuno più furbo di loro capace di apportare qualche modifica e otterrà il brevetto.
- Perché no? - chiesi, fingendomi calmo.
- È un'invenzione troppo pericolosa - dissero, insieme. Leo cominciò a parlare di conservazione di energia, Larry di bomba atomica e, alla fine, parlarono tutti e due così in fretta che quasi mi scoppiò la testa in mezzo a tutti i loro E uguale a MC al quadrato e gli effetti riverberanti delle onde sovrapposte nelle serie armoniche.
Li feci star zitti. - Non me ne importa niente della vostra scienza. Parlate in maniera comprensibile.
Leo disse: - Non è facile da spiegare. - E Larry: - Ti daremo una dimostrazione.
Avevamo appena avuto una forte nevicata e gli spalatori avevano fatto un grosso cumulo di neve ai margini della strada. Larry scese in cantina e tornò con un sacchetto di quarti di dollaro, quei pochi che erano rimasti in fondo a uno dei barili. Aveva preso anche una pistola BB. Mise un quarto di dollaro in cima al cumulo di neve. Poi, sul primo, ne mise un altro. Alla fine raccolse una piccola pietra e la lasciò cadere sulle monete. Ci fu il solito bagliore e i due quarti di dollaro scomparvero.
- E allora? - chiesi. - Sapevamo che la materia è molto fragile. Basta non vendere dichiarando cose false e siamo a posto.
- Guarda, papà - disse Leo, e m'indicò il punto in cui aveva appoggiato le due monete. Vidi che la neve era scomparsa per un raggio di tre centimetri e per altrettanti centimetri di profondità. Ma non vidi dove volevano arrivare.
I ragazzi mi fecero andare sul retro della casa. L'edificio aveva un tetto molto inclinato e, nel punto rivolto a nord, si accumulava sempre tanta neve da resistere per tutto l'inverno. In quel momento ce n'era già parecchia. Leo prese dieci quarti di dollaro, li mise uno sull'altro e li schiacciò delicatamente nella neve. Poi ci fece retrocedere di circa due metri e con la pistola BB sparò al quarto di dollaro che stava in cima alla pila. Ci fu il solito lampo e, dopo un attimo, quando il fumo scomparve, vidi che il cumulo di neve non c'era più e nell'aria aleggiava l'odore che si sente dopo i temporali.
Mi entusiasmai; Presi Leo per un braccio e lo scossi con forza. - È la più grande invenzione che sia mai stata fatta! Chi ha più bisogno di vendere bigiotteria? Pensa! Si possono pulire strade e autostrade in meno di un'ora!
I ragazzi scossero la testa.
- No, papà, tu sei un uomo tranquillo, e ci hai sempre insegnato a essere tranquilli e in. pace. Non capisci cosa può succedere? - Leo parlò, Larry parlò, e io rimasi ad ascoltarli.
- Questa può essere un'arma di sterminio, più pericolosa della stessa bomba all'idrogeno. Dieci pezzi da un quarto di dollaro hanno fatto quello che hai visto. Immagina cosa succederebbe se una persona ne prendesse trenta pezzi e li facesse detonare! E con una semplice pistola BB! O cinquanta? O cento? Una copia che scompare torna al suo campo fotoelettromagnetico generale, con effetti fisici troppo esigui per essere misurati. Due causano un disturbo, e sprigionano un calore, l'hai visto. Dieci causano un disturbo ancora più grande, un calore maggiore, e la ionizzazione dell'ossigeno nell'atmosfera. Ecco perché hai sentito odore di ozono. Abbiamo calcolato l'equazione fino a cento. E ci siamo spaventati, tanto da non andare più oltre. A ogni aumento di dieci oltre gli effetti esplosivi e di calore, gli effetti collaterali secondari diventano sempre più estesi ed intensi.
Tornammo in casa, e restammo seduti là per circa mezz'ora senza dire una parola. Io stavo pensando. I ragazzi avevano assolutamente ragione. C'erano già troppi guai nel mondo per aggiungerne altri. Alla fine dissi loro che ero d'accordo. I due ragazzi saltarono in piedi, e mi baciarono. Erano ragazzi cresciuti, e baciavano ancora il loro padre! Gli occhi di Leo erano lucenti come lampadine, e la faccia di Larry sembrava un sole in tutto il suo splendore. - Papà, sei grande! - dissero. Poi si calmarono, come se fossero afflitti per me che avevo visto tutti i miei sogni di fortuna volare via col vento.
- Non preoccupatevi, ragazzi - dissi. - A me basta avere voi. Non dovrò temere per la mia vecchiaia. - E ci mettemmo tutti a piangere... di gioia, non per tristezza.
Niente brevetto, naturalmente. E l'apparecchio venne smantellato. Non si parlò più dell'invenzione, tranne quando capitava una forte nevicata. Loro sorridevano, e io sorridevo quando i miei vicini mi guardavano con invidia per i marciapiedi e il vialetto puliti, senza mai vedermi spalare. Calcolammo che due quarti di dollaro erano pochi, e che dieci erano troppi, ma che tre potevano essere sufficienti a togliere oltre quindici centimetri di neve. Io mettevo i quarti di dollaro per terra, a intervalli regolari. E avevo anche imparato a sparare con una certa precisione con la pistola BB. A cosa serve un'invenzione se non se ne ricava niente, dico io? Bisogna essere pratici.

FINE