Science Fiction Project
Urania - Racconti d'appendice
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TRASFERIMENTO DI PERSONALITÀ - Chad Oliver
Titolo originale: A stick for harry eddington

Le grandi fotografie sulle pareti a pannelli dell'ufficio erano di un anacronismo spaventoso: un esquimese rannicchiato su una distesa di ghiaccio azzurro, con un arpione in mano, guardava intento una scheggia d'osso conficcata nella gola di una foca, un africano con i denti limati a punta e i lobi delle orecchie allungati, si appoggiava a un bastone sotto la luce giallo-burro del sole, e sorvegliava una mandria di scheletriti animali gibbosi, un polinesiano con il corpo color bronzo bagnato di spruzzi manovrava una canoa a bilanciere in mezzo a onde che schiumavano alla luce dell'alba come bambagia liquida.
Harry Eddington distolse la sua attenzione dalle fotografie.
- Volete ripetere, prego? - disse.
L'uomo dietro la scrivania lucida, Richard Mavor, intrecciò le dita perfettamente curate e sorrise.
- Ciò che riguarda le condizioni finanziarie?
- Sì, il prezzo - disse Harry.
- La Exchange non concede sconti. Come vi ho detto, il nostro contratto è fisso.
- Al cliente il cui capitale supera il milione di dollari, e noi, signor Eddington, non accettiamo altra clientela, al cliente, dicevo, è concesso di conservare un terzo della sua ricchezza. Questo gli permette di provvedere alla moglie, ai figli, a soddisfare i suoi capricci. Il resto viene versato alla Exchange. Da parte sua, la Exchange garantisce di collocare il cliente nella forma, posizione, e situazione che verrà preventivamente concordata. Naturalmente non possono esserci rimborsi, perché quello che noi vi offriamo è per necessità un biglietto di sola andata. Possiamo mettervi dove volete andare, ma vi troverete, dopo, troppo povero per i nostri principi, e non vi potremmo riportare indietro a nostre spese. Mi sembra semplice, vero?
Harry Eddington dimenticò il consiglio del medico, e accese una sigaretta.
- Molto semplice. Io vi consegno circa un milione di dollari. E voi mi date una vita di povertà. È così?
- Centomila dollari più centomila meno - confermò Richard Mavor. - Naturalmente facciamo prima una verifica accurata.
- Non vi sembra un prezzo esorbitante? Mavor sorrise.
- Non potete portare il denaro con voi, signor Eddington. I casi sono due. Se vivete la vostra vita nelle circostanze presenti, ciò che vi resta dopo aver pagato le tasse non vi sarà utile nella bara. Se accettate i nostri servizi, noi dovremo insistere sulla rottura completa. È per il vostro bene, credetemi. Se il trasferimento è incompleto e sperimentale, voi sareste un semplice turista. Inoltre è illegale la conservazione di un fondo d'emergenza per il caso in cui uno volesse cambiare idea.
- Anche voi non potete portare il denaro con voi, eppure lo volete. Mavor cercò di assumere una espressione offesa.
- Io sto solo lavorando. Questo lo capite di certo. Io non intasco quei soldi.
- Ricevete una percentuale, vero?
- Questo, sì.
- Non sono nato ieri - disse Harry.
- In questo caso - disse Richard Mavor che non aveva nessuna intenzione di lasciarsi scappare quel particolare pesce dalla rete, - converrete che le nostre posizioni sono diverse. Voi, signor Eddington, siete, o siete stato, un uomo d'affari. Non potete aspettarvi di ricevere qualcosa per niente. Il nostro servizio è altamente specializzato.
- E costa. Siete venuto qui di vostra spontanea volontà. Non siamo stati noi a cercarvi.
- Mi avete mandato una lettera - disse Harry cocciuto.
- Via! Non facciamo pubblicità a caso. Quando abbiamo ragione di credere che un uomo sia nostro cliente potenziale, noi gli offriamo la possibilità di diventarlo. Il fatto che voi siate venuto a trovarci, dimostra il vostro interesse.
- D'accordo, mi interessa. E non mi aspetto di ricevere qualcosa per niente. D'altra parte non intendo ricevere niente per qualcosa. Una maledetta quantità di qualcosa. Ho lavorato sodo per arrivare alla mia posiziono attuale.
Mavor sorrise, e si preparò a sferrare il colpo di grazia.
- E dove siete, oggi, signor Eddington? Questo, mi sembra, è il punto. Voi avete cinquantuno anni, e non potete più lavorare a causa della legge sul collocamento a riposo. Non avete un altro interesse, oltre al lavoro, che ora vi viene impedito. I vostri figli sono sposati, e li vedete di rado. Vostra moglie è più giovane di voi, e ha... ecco... perso ogni interesse in voi. Il divorzio vi costerebbe una fortuna, e le probabilità di essere felice altrimenti non sono superiori a quelle che avete adesso. Vi siete costruita una fortuna, ve lo concedo. Se i vostri soldi vi potessero dare quello che volete, chiamiamolo felicità, dignità, soddisfazioni, qualsiasi cosa vogliate, allora sareste un pazzo a firmare il contratto con noi. D'altra parte, se in questa vostra situazione il denaro vi è inutile, perché cercare di conservarlo? Ricorderete certo la storia degli spagnoli a Tenochtitlan.
- Non mi sembra - disse Harry, pensando che l'uomo dietro quella scrivania sapeva veramente troppo di lui.
- Ecco, in breve, quando Cortez ha saccheggiato le città Azteche, alcuni suoi uomini si sono caricati di tesori, venendo poi a trovarsi in serie difficoltà. Infatti, quando sono arrivati a dover traversare a nuoto certi canali, sono affondati come pietre. Mi capite?
- Perfettamente.
- Ne ero certo, signor Eddington. Ora, mettiamo le nostre carte in tavola. C'è soltanto una cosa che dovete decidere. Quanto vale la vostra felicità? A voi la scelta... I vostri soldi ve ne danno la possibilità. Non pretendiamo che decidiate oggi. Vorremmo però darvi qualche nostro illustrativo da portare a casa. Ecco, per il momento queste quattro bobine possono bastare. Ascoltatele attentamente, e cercate di chiarirvi le idee. Se pensate che la nostra offerta sia conveniente per voi, allora tornate con il vostro avvocato. Naturalmente sarò sempre felicissimo di rispondere a qualsiasi vostra domanda.
Harry esitò un attimo.
- C'è una sola domanda, per ora. Questo è un autentico scambio, vero? Se io vado... ci sarà qualcuno che prende il mio posto?
Richard Mavor sfoderò il suo solito sorriso.
- La natura aborrisce il vuoto, signor Eddington.
- Sarebbe a dire?
- Ecco la signora Eddington non verrà lasciata sola. Questo ve lo posso garantire. Harry sogghignò.
- Questo vi offre delle possibilità, vero?
Richard Mavor lo guardò con occhi taglienti.
- La nostra esperienza ci insegna che il nostro metodo è di grande soddisfazione per tutte le parti interessate.
Harry si alzò, e mise le bobine in tasca.
- Vi farò sapere qualcosa.
Richard Mavor gli porse la mano sottile.
- Vi aspettiamo, signor Eddington.

Il mattino seguente, Harry Eddington si svegliò presto, come sempre. In tutta la sua vita si era sempre alzato all'alba per essere in ufficio prima delle otto. Ora non aveva più la necessità di alzarsi, ma non riusciva a prendere l'abitudine di dormire fino a tardi.
Si preparò ad affrontare la giornata con assoluta mancanza di entusiasmo. Guardò la porta della camera da letto di Emily. Era chiusa, e probabilmente anche a chiave.
Non andò a controllare. Si dilungò per un'ora in bagno, si vestì con cura elaborata ed eccessiva, e scese al pianterreno.
La grande casa sembrava vuota, e per una ragione eccellente: era vuota. I suoi passi risuonarono per le stanze, simili al rumore di un sasso che rotola in un barile di legno.
Si mise a sedere da solo al tavolo della sala da pranzo e schiacciò il pulsante della prima colazione. In otto secondi, non uno di più né uno di meno, il carrello di servizio uscì dalla cucina con due uova al burro, quattro fette di pancetta affumicata, pane, e caffè. Tutto sapeva di segatura, tranne il caffè. Il caffè aveva il sapore della sciacquatura di piatti.
Harry si alzò e prese a girovagare per la casa deserta. Aveva tutta una giornata a disposizione, e assolutamente niente da fare. Aveva fatto colazione. La cosa successiva che poteva esserci scritta sull'agenda era il pranzo. Poi ci sarebbe stata l'interminabile attesa della cena. E poi, Dio solo lo sapeva.
Entrò nella sala TV e guardò il grande schermo grigio che copriva tutta una parete.
Poi si disse che non era disperato al punto di starsene a guardare la televisione durante il giorno. Si mise a sedere, e prese il giornale del mattino. Era del tipo stampato, dato che Harry era un tradizionalista. Non aveva gran voglia di leggere, ma un uomo deve pur fare qualcosa.
Controllò con occhi esperti la pagina finanziaria, e vide che durante la notte aveva guadagnato quasi cinquemila dollari. Guardo le strisce comiche. La piccola Annie era l'unica superstite dei giorni della sua fanciullezza, e lui fu felice di scoprire che era sempre senza pupille, e che non aveva sviluppato idee politiche progressiste. Passò alla pagina dello sport per vedere come andavano i Cards. Niente male, però non erano ancora riusciti a raggiungere i General Dynamics Giants. La squadra dei Giants, come venivano comunemente chiamati, si era appena accaparrata troppi ottimi giocatori e un buon numero di riserve.
Non c'erano molte novità nel notiziario. La colonia di Marte, composta interamente da uomini e donne sotto i vent'anni, annunciava che il prossimo anno sarebbe stata auto-sufficiente. Harry l'aveva già sentito dire altre volte. Il Presidente, un vecchio e maturo gentiluomo di venticinque anni, aveva tenuto un discorso per auspicare la fine del conflitto di interessi che ostacolava lo sviluppo dell'Antartico. A New York la comparsa dei Field Mice, un quartetto di folk singer di nove anni, aveva provocato una mezza rivolta. La critica aveva elogiato il gruppo per la «purezza di linea» e la «comprensione intuitiva» nell'interpretazione delle ballate tradizionali. Harry non si era mai occupato di musica leggera. Gli scienziati del National Institute annunciavano che era possibile ottenere a un prezzo ragionevole le branchie umane per la vita sottomarina, e che nutrivano altresì la speranza di poter «aumentare le relazioni sociali» tra i cittadini interessati e le balene. Harry non era interessato al problema.
Lesse le pubblicità con una sensazione che stava tra il disgusto e la disperazione. Harry non aveva niente contro la pubblicità, anzi, ma era il «tono» che lo seccava.
Tutti i modelli delle fotografie erano bambini dagli occhi lucenti, uomini incredibilmente virili e donne sui dieci anni. Gli anziani non esistevano. Una pubblicità mostrava due donne in seducenti camicie da notte distese una accanto all'altra su un letto con lenzuola di seta. «QUALE RAGAZZA È LA BISNONNA?» domandava l'intestazione. E sotto: «SOLO IL MEDICO DI FAMIGLIA PUÒ SAPERLO CON SICUREZZA!». Che vada all'inferno, pensò Harry. Poi lesse quello che c'era scritto sotto la foto. Sembrava che iniezioni regolari di cera d'api, polvere lunare, e succo d'albicocca, mantenessero la donna perpetuamente giovane e «attiva», perfettamente in forma fino al giorno in cui sarebbe morta per vecchiaia nel bel mezzo di un'orgia.
- Maledizione - disse Harry, e si accese una sigaretta.
Ai vecchi tempi era diverso. Harry se lo ricordava ancora. Suo padre non era diventato cittadino anziano all'età di cinquantuno anni, e non era stato estromesso in quel modo come un invalido di ottant'anni!
Ricordando i vecchi giorni si trovò a pensare a Nonno Eddington.
I figli di Harry lo chiamavano per nome quando si scomodavano a rivolgergli la parola. Lui aveva chiamato suo padre «papà». E suo padre aveva chiamato il genitore con la parola «padre», di solito facendola precedere dall'antiquato «signor».
Harry si ricordava di Nonno Eddington. Lo ricordava perfettamente. Ricordava le ormai lontane cene domenicali nella grande casa in cui aveva trascorso la sua fanciullezza. E ricordava del nonno tutto quello che gli aveva raccontato suo padre. Nonno Eddington era stato un uomo terribile, e aveva governato nella sua casa come un re.
Gli sembrava ancora di vederlo, quando nei pomeriggi di domenica si avviava a lunghi passi verso il parco per dare il becchime agli uccelli. Vestiva sempre di bianco.
Sembrava un militare di neve, con le folte sopracciglia e la massa di capelli bianchi.
Portava un bastone da passeggio. Era di legno lucido e intagliato, e il nonno lo faceva roteare. Una leggenda di famiglia narrava che Nonno Eddington, con quel bastone, aveva rotto la testa a un paio di persone che non si erano tolte abbastanza velocemente dal suo cammino.
Quando era piccolissimo, Harry, vestito con l'odiato abito blu e le scarpe della domenica, aveva avuto qualche volta il permesso di seguire il Nonno nelle sue passeggiate al parco. Aveva sempre ammirato quel bastone da passeggio. Più di qualsiasi altra cosa al mondo. Un giorno, aveva promesso a sé stesso che avrebbe avuto anche lui un bastone come quello. Sarebbe stato «qualcuno».
Le cose non erano andate esattamente così.

Non aveva avuto il bastone, e la gente lo avrebbe considerato poco serio se mai ne avesse comperato uno. In quei giorni nessuno andava più a piedi. La sua autorità in famiglia era pressoché zero. In quanto a essere l'uomo saggio il cui consiglio viene seguito da tutti, era una cosa da ridere. Tutti se ne infischiavano di quello che lui pensava a proposito di una qualsiasi cosa. I Field Mice? Lui pensava ancora che Benny Goodman era stato un eccellente jazzista. La colonia marziana? Lui non sapeva riconoscere un asteroide da un buco per terra, e non gliene importava niente. Il baseball?
Lui ricordava ancora i campioni della sua gioventù. Cosa poteva dire di un prima base di soli quindici anni? D'accordo, sapeva che con le moderne scuole di pre-addestramento i giocatori raggiungevano un grado di perfezione in età giovanissima, ma dopo tutto...
Doveva rendersene conto. Era «fuori», e questo era un fatto certo.
Si appoggiò allo schienale della poltrona, e si mise a sognare a occhi aperti.
Harry camminava velocemente lungo il marciapiede. Era vestito di bianco, e nella destra stringeva un solido bastone, che muoveva abilmente seguendo il ritmo del passo. «Buon giorno, signore» disse un uomo portandosi la mano al cappello. Harry rispose al saluto con un cenno distratto della testa. Doveva prendere una decisione riguardo il nuovo parco che avevano proposto. Potevano demolire la squallida zona tra Main e Fulmore, gettare un piccolo ponte rustico sul Clear Creek, popolarlo di pesci rossi...
- Harry!
Guardò in sù di scatto. Addio pesci rossi, purtroppo. Emily si era alzata.
- Harry, stai facendo cadere la cenere sul tappeto.
- Oh! Scusami, cara.
- Io esco - disse Emily.
Harry la guardò. Non si faceva nessuno sforzo a guardarla. La pelle era bianca e vellutata, i morbidi capelli biondi erano ondulati con mano esperta, e il giovane corpo fasciato in un vestito aderente era perfetto.
- Vai a trovare lo swami? - domandò Harry.
- Non è uno swami, e lo sai benissimo. È un riconosciuto interprete di Misticismo, ed è una persona molto a modo.
Ultimamente Emily si era data ai culti più diversi, e questo non era cosa da lei. I culti sembravano tutti propugnare l'astinenza dai piaceri della carne. Almeno, così diceva Emily. Anche l'astinenza non era certo cosa da Emily, e Harry lo sapeva.
- Porgi i miei saluti allo swami.
- Lo farò - disse lei con voce fredda e distratta. - Harry, cerca di non bere molto oggi pomeriggio. Questa sera dobbiamo uscire.
- Uscire?
- Al club. Dobbiamo giocare a Bingo.
Oh Dio, pensò Harry.
Emily scivolò via ancheggiando in modo provocante.

Maledizione, pensò Harry, lo faceva di proposito. Era stato costretto di tanto in tanto a cercare la compagnia di altre donne. Un paio d'anni d'astinenza sono lunghi, e Harry non era poi così vecchio. Quelle donne non erano però state di suo completo gradimento. In fondo, Harry era un tipo decisamente domestico.
Andò in sala a pranzare da solo, come al solito.
Poi tornò alla sua poltrona, schiacciò la combinazione di pulsanti per avere un bourbon con acqua, e prese le bobine che gli aveva dato Richard Mavor.
Harry Eddington aveva ormai quasi deciso.
Tuttavia non era l'uomo che si butta a capofitto nello cose. E non si fidava ciecamente di Richard Mavor.
Voleva essere ben sicuro di quello che stava facendo prima di mettere la sua firma su un qualsiasi contratto.
Le bobine, come aveva sospettato, erano noiose.
- Pensavo che con tutti i soldi che guadagnano - disse Harry a voeo alta - si potessero almeno permettere qualche scrittore decente.
Però ne prese attenta visione. E scoprì che le proiezioni, nonostante il linguaggio astruso, erano stranamente convincenti.
La prima era intitolata: «Le Concomitanti Socioculturali della Trasformazione di Stato e di Ruolo.» Tradotto in lingua corrente, diceva che ogni sistema sociale è contrassegnato da una serie di posizioni, gli stati, e che per ogni stato esiste un ruolo. Quest'ultimo è la parte che una persona dovrebbe rappresentare quando occupa un particolare stato.
Fino a questo punto, tutto chiaro. Sembra che lo stato di un individuo venga determinato in una quantità di modi diversi, basandosi sulla cultura del gruppo in questione, ma che molti degli stessi dati vengono usati anche altrove per calcolare quel cosiddetto stato: età, sesso, nascita, ricchezza, caratteristiche individuali, e così via. Comunque il «valore» assegnato ai diversi fattori cambia da società a società. Alcuni sistemi assegnano uno stato altissimo ai vecchi, e certi altri ai giovani. In certe culture è un bene essere uomo, in altre conviene essere donna. Ad Harry cominciò a venire mal di testa. Inoltre, certi «tipi» di persone vengono maggiormente considerati in un sistema piuttosto che in un altro. Il guerriero è l'eroe degli Indiani delle Pianure, ma tra gli Hopi è meglio essere pacifici. C'erano anche molti altri esempi dello stesso tipo.
Harry afferrò l'idea generale senza grandi difficoltà. Sembrava poi che un ruolo legato a un particolare stato variasse in periodi e luoghi diversi. Il punto di partenza era abbastanza semplice. Il problema della felicità e della soddisfazione individuale era legata al problema di essere la persona adatta, nel posto giusto, e nel momento giusto.
In effetti, pensò Harry, il compito della Exchange era quello di accoppiare una data persona con la cultura più congeniale, e valutare ciò che quella particolare persona aveva da offrire.
Harry riuscì a seguire il ragionamento fino in fondo. Poi si fece servire un altro bourbon e prese la seconda bobina.
Anche questa aveva un titolo oscuro: «Analisi Tematica della Linea di Cultura Americana».
- Santo cielo! - borbottò Harry.
Questa volta venivano trattati problemi recenti e di scarso interesse. La bobina affermava che la cultura americana del 1995 veniva classificata come un sistema in evoluzione e attivo. Esattamente l'opposto del tipo di cultura stabile e passivo. Il sistema si basava su un certo numero di idee fondamentali che lo avevano caratterizzato per molti anni: l'enfasi di un rapidissimo cambiamento tecnologico e sociale, l'accentramento sulla gioventù, e l'isolamento dell'individuo come specie di atomo sociale. «Questo sono io» si disse Harry. L'idea della vecchia cultura americana, proseguiva la bobina, era l'uomo d'azione, d'affari, l'uomo pratico che faceva le cose da solo. Oggi, questo modo di pensare sopravviveva ancora. I vecchi, così venivano legalmente definiti quelli che avevano superato i cinquant'anni, si trovavano in una posizione difficile, dato che venivano ritenuti antiquati. Non avevano niente da offrire con la loro saggezza tradizionale perché la cultura li aveva letteralmente sorpassati.
La cultura era cambiata rapidamente, e quella in cui avevano vissuto loro, non esisteva più. Se avevano quattrini potevano funzionare come consumatori. «Non so» si disse Harry. Oltre a questo potevano soltanto sforzarsi di «pensare alla maniera dei giovani», e mascherarsi da giovani, purtroppo tenendosi la pancia a botte. Il passaggio di cultura aveva trasferito molto potere economico nelle mani delle donne. Il ruolo dell'uomo era diventato ambiguo...
Harry pensò che fosse anche peggio che ambiguo. Il suo mal di testa stava diventando insopportabile. Ascoltò le altre due bobine senza molta attenzione.
La prima trattava gli «Aspetti Etici e Legali del Cambiamento dell'Ego», ed era principalmente un sommario di sentenze del tribunale. Il punto chiave sembrava essere il fatto che i trasferimenti di personalità erano legali soltanto quando le due parti in causa avevano dato il loro consenso alla transazione. Sul piano etico, dopo molte dispute procedurali, le N. U. avevano dato il loro benestare con il «Manifesto Riguardo i Diritti dell'Individuo per la Libera Scelta Culturale».
L'ultima bobina era «Dinamiche Meccaniche del Transfer di Personalità», con una prefazione del vecchio direttore dell'American Medical Association. (Una nota informava che il celebre studioso era adesso uno stregone nella Terra del Fuoco). La proiezione era un seguito di diagrammi, e di oscuri simboli matematici. Autentico turco, per Harry.
Comunque, non aveva importanza.
Adesso Harry era pronto ad affrontare il signor Mavor.

- Noi vogliamo sentirci completamente soddisfatti - disse Mavor, il giorno dopo.
- Allora siamo in due.
- Avete detto di avere qualche domanda da fare, vero?
- Sì, qualcuna. Ammettiamo che io acconsenta al cambio. La Exchange mi può garantire la felicità futura?
Mavor si morse le labbra.
- Questo è pretendere troppo.
- Non fa parte dcl vostro lavoro?
Mavor si protese in avanti, sulla scrivania, e scelse con cura le parole.
- Noi possiamo garantire due cose, certo. Anzitutto mettiamo voi, il voi essenziale, per intenderci, in un corpo che può... ecco, armonizzare con il nuovo ambiente che avrete scelto. In secondo luogo, vi immetteremo in una cultura che terrà in massimo conto i vostri attributi.
Harry ci pensò qualche secondo.
- Bene, questo mi va. Ma perché non potete mettermi in un corpo giovane? Mavor sembrò scosso.
- È impossibile. Noi non vendiamo l'immortalità, signor Eddington. Il transfer è possibile, meccanicamente e legalmente, soltanto tra due persone della stessa età psicologica. Possiamo concedere un margine di una settimana o due al massimo. Se avete studiato «Dinamiche Meccaniche del Transfer di Personalità»...
- Mi basta la vostra parola. Però, se questo transfer rappresenta per me un ottimo affare, come mai c'è qualcun altro che vuole prendere il mio posto?
Mavor indicò le fotografie appese alle pareti.
- La gente è strana, signor Eddington. L'uomo è fatto di carne.
- La spiegazione non può essere così semplice.
- Lo è, e non lo è. Pensate a questo. In questo mondo la situazione è la seguente: la maggior parte della gente, numericamente parlando, se non vi sembra eccessivo, vive in una identica cultura base. Una cultura urbana industrializzata, tecnologicamente sofisticata, in cui voi e io siamo cresciuti. Il resto della gente, piccola di numero, ma ricca di diversità, vive in quello che resta delle società primitive, o nelle comunità contadine. Nel vostro caso, è inutile spostarvi da un'area all'altra di identica cultura. Voi dovete andare lontano, in un mondo primitivo. Ora, per la maggior parte della gente primitiva, romantica, possiamo dire, l'idea di dare un'occhiata a questo nostro mondo è oltremodo allettante. Forse è deplorevole che un uomo simile non pensi in termini di semplici soddisfazioni e di delicato adattamento di personalità. Ma non ha mai avuto niente e vuole una macchina, un elicottero, una grande casa con bagno, la TV, denaro, potere. In breve, vuole ciò che voi avete conquistato. Il ricco deve vivere da povero e indifeso per potere apprezzare l'altra faccia della medaglia. E il povero deve vivere come da uomo ricco e solo, per capire i vantaggi dell'altro modo di vivere. Nessuno dei due può spiegare all'altro cosa sia, però sappiamo che tutti e due sono decisi a fare il cambio.
- Non costa niente all'altra parte?
- L'altro non ha ricchezze, intese nei nostri termini. Il prezzo deve essere pagato da questa parte. Harry fece lentamente un cenno affermativo. Era convinto di saper riconoscere un imbroglio a prima vista, e Mavor gli stava dando risposte soddisfacenti.
- Pensavo che questi... selvaggi fossero in via di estinzione. Cosa succede se non ci fosse più il posto dove voglio andare? Oppure, supponiamo che la cultura scompaia mentre sono ancora in vita.
Richard Mavor, che non aveva ancora quarant'anni, era uomo di grande esperienza. Aveva una grossa posta in gioco, ed era pronto a rispondere a domande molto più difficili di quelle che gli stava facendo Harry Eddington.
- È una faccenda molto strana, per la verità, ma rimarreste sorpreso nel sapere quante società primitive sono rimaste. Per non parlare delle comunità contadine. Noi siamo sempre propensi a credere che il mondo intero sia come noi. Che sia sempre stato così attraverso tutta la storia. Ma Dio solo sa quante culture ci sono su questo pianeta che non hanno mai sentito parlare dell'impero romano, per esempio. Anche oggi esistono culture completamente diverse dalla nostra, in Africa, in India, in Sud America, nella Nuova Guinea, e in molti altri posti. Il nostro compito è quello di sapere dove si trovano queste culture, e come sono. Noi impieghiamo più antropologi di quanti non ce ne siano nelle dieci principali università di questo paese messe insieme. E spendiamo capitali considerevoli per assicurarci che queste culture sopravvivano ancora un tempo ragionevole. Per essere sincero, signor Eddington, se cercate un'isola romantica, vergine, piena di bellezze e di gente felice, non ancora contaminata dai contatti con il mondo esterno, dimenticatela. Non esiste. Noi possiamo soltanto offrire gente reale e posti reali. Non abbiamo a disposizione macchine del tempo. Non vi possiamo collocare nell'Utopia. Comunque non sareste felice in una località del passato, credetemi. Si dovrebbero superare diversi problemi, e potreste non trovare il gusto di vivere. Ho reso l'idea, vero?
Harry sentì aumentare l'entusiasmo. Poteva esserci un tranello, ma non riusciva a vederlo. Quello che gli promettevano era una specie di paradiso, e nessuno era mai tornato a raccontare come fosse. Ma cosa aveva da perdere?
- Dove posso andare? - domandò. - Come sarà il posto?
Richard Mavor sorrise, soddisfatto. Sapeva esattamente dove Harry sarebbe andato. Aveva anche già preso gli accordi con l'uomo che Harry avrebbe sostituito. L'uomo si chiamava Wambua. Mavor era soddisfatto per un buon numero di motivi, non ultimo il fatto che sentiva una specie di legame con Harry. Naturalmente non doveva agire in modo precipitoso. Era necessaria grande attenzione.
- Vi dovremo sottoporre a una serie di esami e confrontarvi con le persone che abbiamo disponibili. Come vi ho detto, vogliamo sentirci completamente soddisfatti. Intanto voi potete firmare il contratto...
Harry si alzò. - Nell'altra stanza c'è il mio avvocato - disse. - Fatelo entrare.

Due settimane dopo, l'ultima sera che avrebbe vissuto come Harry Eddington, Harry andò al cinema con Emily. Programmavano un film moderno, girato con una tecnica di immagini rapide, come quelle di un film muto, che diffondeva profumi e sensazioni, e non aveva né un inizio né una fine, cioè né capo né coda. Harry però era distratto: pensava al giorno dopo.
Tornati a casa, sembravano tutti e due preoccupati. Emily gli sorrise, cosa del tutto insolita.
- Buona notte, Harry - gli disse. Poi andò nella sua camera da letto e chiuse la porta a chiave.
- Addio, Emily - disse Harry. Anche lui sorrise.

In aprile il sole africano dava poco calore. Nel Kenia era la stagione delle piogge, e le colline di Ngelani erano umide e fredde. Wambua wa Mathenge, l'uomo che una volta era stato Harry Eddington, si avvolse nella coperta a brandelli ed ebbe un brivido.
- Voglio altra birra - disse, porgendo la sua tazza.
- Ndambuki gliela versò dal «calabash» senza dire una parola. La tazza di Wambua era pulita, come sempre, ma negli ultimi tempi Wambua si era mostrato alquanto strano.
Wambua sorbì un sorso di birra e lo sputò a terra, per gli antenati. La birra, fatta con la rapida fermentazione della canna da zucchero, era molto diversa dalla «Budweiser».
Si guardò attorno. I campi, tutti delimitati da siepi di sisal, si allungavano desolati sui fianchi delle colline spoglie. Anche in quel momento le donne stavano lavorando al raccolto, secondo l'abitudine. Un gruppo di ragazzini spingeva una mandria di scheletriche mucche gibbose lungo un sentiero della valle. Wambua sorrise, mostrando la lunga fila di denti appuntiti. Gli piaceva guardare il bestiame. Gli animali erano ricchezza, e avrebbero pagato il prezzo delle mogli per i suoi figli quando Wambua avrebbe deciso di farli sposare.
Un reattore diretto a Nairobi sibilò nel cielo sopra i tetti di mattoni e di paglia bruciati dal sole. Il sorriso di Wambua scomparve. Quei maledetti turisti americani...
- Wambua!
Era Kioko che lo chiamava. Kioko dalla splendida barba.
- Tu stai sognando, «matumia». Hai forse dimenticato che dobbiamo discutere un caso prima della riunione del consiglio di domani?
Wambua provò una leggera gioia. Kioko lo aveva chiamato «matumia», anziano.
Lui era anziano, naturalmente, come lo erano tutti gli uomini che sedevano attorno al fuoco e che bevevano la birra contenuta nel «calabash» erano anziani.
Ed era logico che fosse così.
- Non l'ho dimenticato - disse Wambua. - Mi dai altra birra, Ndambuki? Ndambuki, l'anziano più giovane tra i presenti, tornò a versare.
Wambua aveva pensato al caso da discutere, ma non riusciva a concentrarsi. Era sicuro che le sue mucche fossero perseguitato da uno spirito. Nell'ultima settimana se n'erano azzoppate due. Era il momento di andare dal «mundu mue» e fargli lanciare le pietruzze. Naturalmente non si era dimenticato del suo dovere. La sua opinione era sempre stata tenuta in grande considerazione negli importanti casi legali. Se gli anziani non erano in grado di fare rispettare la legge e l'ordine, chi poteva farlo?
Bevve un sorso di birra.
- Ti voglio dire una cosa, Kioko. Quando hai bisogno nove uomini, Wathome è numero dieci.
Gli anziani raccolti attorno al «calabash» sogghignarono. Quello era un ottimo proverbio, e molto adatto.
- Una rana non può impedire a una mucca di bere - disse ancora Wambua. - Inoltre, un vicino fa la capanna puzzolente.
Ndambuki si diede una manata sulla gamba. Wambua poteva comportarsi in modo alquanto strano, ma non era certo uno stupido «Masai» quando doveva trattare i casi legali.
Wambua espose ampiamente la sua opinione sul caso. Era felice. Le donne dovevano lavorare nei campi e caricarsi sulla schiena la legna per il fuoco. Le discussioni erano un lavoro da uomini. Per farle ci voleva una vera abilità.
- Non si combatte una guerra con le dita - concluse solennemente.
La discussione durò tutto il pomeriggio. La birra dei «calabash» diminuì, finché ne rimasero solo poche gocce per le mosche. Il fuoco si spense, lasciando poche braci ardenti.
Wambua alzò lo sguardo, e vide Nuema, il figlio avuto dalla prima moglie, discendere lungo il sentiero. Nuema si fermò a rispettosa distanza dal cerchio degli anziani.
- Padre - disse - il tuo cibo è pronto, se lo vuoi mangiare.
Wambua borbottò. Era dovere del figlio assistere il padre, quando il padre era rimasto in lunga seduta davanti al «calabash». Ma Wambua si sentiva perfettamente in grado di cavarsela da solo. Comunque, gli sarebbe piaciuto camminare al fianco del figlio. Si alzò dando una controllata all'abbigliamento. Il ciuffo di criniera di leone e il piccolo corno di antilope erano a posto, e anche l'accendisigari e il pacchetto di sigarette con il filtro. Non si era ancora abituato a fiutare il tabacco.
- Vuoi che ti sorregga? - domandò Nuema.
- Posso camminare da solo - disse Wambua. Il ragazzo si era comportato in modo molto rispettoso. E gli conveniva, pensò Wambua. Altrimenti lui non gli avrebbe dato nessuna mucca, e questo sarebbe stato un disastro. Niente mucche, niente moglie.
Wambua raccolse il suo vecchio bastone. Era fatto di un legno duro e scuro, reso lucido dagli anni di uso. Era lungo due metri, e aveva una specie di piccola fiocina sulla punta. Solo gli anziani potevano portare un bastone simile.
Il figlio gli si mise alle spalle, e Wambua cominciò a risalire il ripido sentiero che portava al suo gruppo di capanne. Socchiuse gli occhi per proteggerli dalla pioggia sottile. Nella capanna avrebbe trovato il caldo e il profumo del cibo. Non aveva ancora deciso quale moglie favorire quella notte. Un uomo non deve fare favoritismi. Doveva essere il turno di Syomiti. C'erano troppi spiriti intorno per sfidare inutilmente la sorte. D'altra parte Mbinya era giovane e affascinante...
Strinse il bastone con forza e continuò a camminare canticchiando. Wambua non rimpiangeva la scelta fatta. Neanche per un attimo. Non avrebbe cambiato quel posto con nessun altro al mondo.

Emily andò a guardare fuori dalla finestra della sala TV, e torse il naso, seccata. Le maledette mucche erano ancora nel giardino e si muovevano pacificamente sotto i raggi della luna. Attraverso gli apparecchi di condizionamento d'aria, il loro puzzo arrivava fino in casa.
Ma, peggio ancora, lei sentiva il puzzo di Harry. Harry non era il tipo che si lava spesso.
Harry, per la verità, non era il tipo che facesse niente di niente. Trascorreva il tempo davanti allo schermo TV, o a svolazzare in elicottero per la città. Emily si era aspettata qualcosa di eccitante da un marito, ma, dopo tutto, era una specie di selvaggio. Aveva provato un forte disappunto, per dirlo in parole semplici. Harry trattava le sue mucche con molto più rispetto di quanto non trattasse lei.
Emily si staccò dalla finestra. Aveva indossato la sua vestaglia più bella e la camicia da notte più sexi.
- Io vado a letto, Harry - disse con dolcezza, guardandolo.
Harry Eddington, che una volta era stato un uomo chiamato Wambua wa Mathenge, continuò a guardare il western trasmesso dalla TV. C'erano moltissime mucche nello spettacolo. Non si curò nemmeno di girare lo sguardo verso Emily.
- Ti dirò io quando sei desiderata - disse Harry.

FINE