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Urania - Racconti d'appendice
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LA COMETA DEL 2478 - Camille Flammarion
Titolo originale: La comete du 2478

La minaccia celeste

Le festose aeronavi, gli aeroplani, gli uccelli meccanici, gli elicotteri elettrici e a vapore, tutto, a poco a poco, si andava fermando. Gli aeroporti in cima alle torri e ai palazzi erano vuoti e silenziosi. Assiepata nel vastissimo spiazzo davanti alla nuova sede dell'Istituto, l'intera popolazione di Parigi attendeva sbigottita il risultato di un calcolo astronomico...
Da circa un mese tutte le operazioni commerciali erano paralizzate; l'agitazione aveva raggiunto il culmine e da quindici giorni il Comitato degli Amministratori (che sostituiva la Camera e il Senato di una volta) aveva sospeso le sedute. Anche la Borsa era chiusa da otto giorni, a Parigi come a Londra, a New York, a Chicago, a Melbourne, a Liberty, a Pekino.
Circa tre mesi prima del giorno in cui ci troviamo, il Direttore dell'Osservatorio del monte Gaorisankar aveva trasmesso telefonicamente ai principali Osservatori del mondo, e in particolare a quello di Parigi, un messaggio così concepito: "Una cometa telescopica è stata scoperta stanotte a 21h 16m 42s di ascensione retta e 49 53' 45'', dì inclinazione boreale. Movimento diurno debolissimo. La cometa è verdastra".
Poi, mentre gli astronomi discutevano sull'orbita della nuova cometa, l'Osservatorio dell'Himalaya aveva inviato un altro fonogramma: "La cometa sta diventando visibile a occhio nudo... si dirige verso la terra".
Nello stesso tempo, un fonogramma trasmesso da Monte Hamilton, in California, aveva allarmato chimici e fisici: "Le osservazioni spettroscopiche stabiliscono che la cometa è una massa molto densa, composta di vari gas, fra i quali predomina l'ossido di carbonio".
L'ossido di carbonio! Tutti sapevano che bastava respirarne una minima quantità per morire rapidamente.
Poi un nuovo messaggio telefonico dall'Osservatorio di Gaorisankar aveva confermato e aggravato la notizia di Monte Hamilton. Quest'ultimo messaggio diceva: "La Terra sarà completamente sommersa dalla testa della cometa, che è già trenta volte più larga dell'intero diametro del globo e che di giorno in giorno assume proporzioni maggiori".
In seguito, durante i tre mesi di cui stiamo riassumendo la storia, la cometa era emersa dalle profondità telescopiche divenendo visibile a occhio nudo: era ormai in prossimità della Terra e ogni notte si librava gigantesca davanti all'esercito delle stelle. Ogni notte diventava più grande. Era il Terrore stesso sospeso sul capo degli uomini, una tremenda spada che avanzava lentamente, grado per grado, inesorabilmente. Un ultimo tentativo era stato fatto, non per deviarla dal suo cammino - idea suggerita dalla categoria degli utopisti, fiduciosi a oltranza, i quali avevano addirittura immaginato che si potesse provocare un fortissimo vento elettrico per mezzo di batterie collocate sul lato del globo che la cometa avrebbe dovuto colpire - ma per esaminare ulteriormente il grave problema sotto tutti i suoi aspetti, e poter forse rincuorare gli animi e infondere speranza, scoprendo qualche errore nelle conclusioni, qualche lacuna nei calcoli o nei rilievi: forse l'urto non sarebbe stato così tragico come avevano pronosticato i pessimisti. Un ampio dibattito con un contraddittorio doveva aver luogo quel lunedì all'Istituto, quattro giorni prima della collisione. Questa era infatti prevista per il venerdì 13 luglio.
Mai, a memoria d'uomo, l'immenso emiciclo costruito alla fine del ventesimo secolo era stato così gremito di folla. Non sarebbe stato possibile farci entrare ancora una sola persona. L'anfiteatro, le gallerie, le tribune, i palchi, i corridoi le scale, i vani delle porte, tutto, fino ai gradini della presidenza, era zeppo di uditori, in piedi o seduti. C'era il Presidente degli Stati Uniti d'Europa, che era anche il direttore della Repubblica francese; c'erano il Direttore della Repubblica italiana e quello della Repubblica spagnola, l'ambasciatore generale delle Indie, gli ambasciatori delle Repubbliche britannica, tedesca, ungherese e moscovita, il re del Congo, il presidente del Comitato degli amministratori, tutti i ministri, il prefetto della Borsa internazionale l'arcivescovo di Parigi, la Direttrice generale della Telefonoscopia il presidente del Consiglio delle aeronavi e delle linee di comunicazione elettriche, il Direttore dell'Ufficio internazionale della Previsione del tempo, i più illustri astronomi, chimici, fisici e medici di tutta la Francia, un gran numero di Amministratori degli Affari di Stato (quelli che un tempo erano chiamati deputati o senatori), parecchi scrittori e artisti celebri: in una parola, un raro complesso di rappresentanti della scienza, della politica, del commercio, dell'industria, di ogni ramo dell'attività umana...
La Presidenza dell'Istituto di Francia era al completo: presidente, vice presidente, segretari, oratori iscritti; ma nessuna era più bardato come una volta, con la giubba verde pappagallo, il gibus e lo spadino: vestivano tutti semplicemente in abito civile. Quanto alle decorazioni, se quelle europee erano state abolite già da due secoli, per i rappresentanti dell'Africa centrale erano molto sfarzose.
Le scimmie addomesticate, che da oltre mezzo secolo sostituivano la servitù divenuta introvabile, rimanevano davanti alle porte più per abitudine che per controllare gli inviti, giacché molto prima dell'ora fissata l'invasione era stata incontenibile.
Il Presidente si accingeva ad aprire la seduta, quando una giovane impiegata dell'amministrazione centrale dei telefoni, accompagnata da una scimmia domestica, arrivò come un fulmine davanti a lui per consegnargli personalmente una grande busta internazionale quadrata. Era un dispaccio inviato dall'Osservatorio di Gaorisankar e conteneva queste sole parole: "Abitanti Marte inviano messaggio fotofonico. Ci prepariamo ritrasmetterlo".
"Signori" disse allora il Presidente, dopo aver dato lettura del messaggio, "propongo che la seduta sia sospesa per dar modo all'Amministrazione delle comunicazioni elettriche di metterci in diretto rapporto telefonoscopico con l'osservatorio".
Un quarto d'ora più tardi, un grande schermo telefonoscopico era stato sospeso al centro della cupola dell'Istituto e, proveniente dall'alto, una voce diceva: "Gli astronomi della città equatoriale di Marte informano gli abitanti della Terra che la cometa arriverà direttamente su di loro con una velocità pari a circa il doppio della velocità orbitale di Marte. Movimento trasformato in calore e calore in elettricità. Tempesta magnetica intensa. Allontanarsi dall'Italia".
Poi la luce si spense e la sala si trovò immersa nell'oscurità, a eccezione di un grande quadro luminoso sul soffitto. La voce aggiunse quattro parole: "Ecco il messaggio marziano", e immediatamente apparvero sulla lastra del telefonoscopio i seguenti segni:
Poiché non era possibile esaminare il messaggio sul soffitto, se non stando in una posizione estremamente faticosa, il Presidente suonò un campanello e subito arrivò un usciere, il quale, con l'aiuto di un apparecchio di proiezione e di uno specchio, trasportò quei geroglifici sullo schermo situato dietro l'alto banco della Presidenza. In tal modo, tutti poterono vedere il messaggio celeste e decifrarlo comodamente.
Questa decifrazione non presentava, del resto molta difficoltà, come il lettore potrà constatare osservando la nostra fedele riproduzione del messaggio. La freccia accanto alla cometa indica il movimento di quest'ultima verso un corpo celeste che, visto da Marte, si presenta a fasi, ma ha dei raggi come una stella: è la Terra, ed è naturale che gli abitanti di Marte la rappresentino sotto questo aspetto, giacché i loro occhi, abituati a un ambiente meno luminoso del nostro, sono un po' più sensibili e distinguono le fasi della Terra, tanto più che l'atmosfera di Marte è rarefatta e trasparente (per noi, invece, le fasi di Venere sono al limite della visibilità). Si osserva quindi il globo di Marte, visto dalla parte del Mare della Clessidra, il più caratteristico della geografia marziana, e la linea che lo attraversa indica che la velocità della cometa è pari a poco meno del doppio della velocità orbitale di Marte. Le fiamme significano la trasformazione del movimento in calore; l'aurora boreale e i lampi che la seguono, la trasformazione in elettricità e in forza magnetica. Infine, ecco la forma a stivale dell'Italia, visibile d'altronde da Marte, con l'indicazione del punto minacciato, secondo i loro calcoli, dal più pericoloso elemento del nucleo della cometa; mentre le quattro frecce irradiantisi verso i quattro punti cardinali sembrano consigliare di allontanarsi dal puntò minacciato.
Il Presidente suonò il campanello.
"Signori" incominciò, "è evidente che gli abitanti di Marte sono più avanti di noi nelle scienze, cosa del resto comprensibile poiché essi sono più antichi di noi e su Marte il progresso ha potuto svilupparsi attraverso innumerevoli secdoli. Constatiamo, in effetti, che i loro calcoli concordano coi nostri per quanto riguarda la collisione; ma essi sono più precisi, poiché il punto della Terra che sarà colpito più violentemente. Il consiglio di allontanarsi dall'Italia dovrà dunque essere seguito e io vado subito a telefonare al Papa, che in questo stesso momento riunisce tutti i vescovi della cristianità. La cometa sta ormai per scontrarsi con la Terra, e nessuno per ora è in grado di prevedere ciò che avverrà. Ma si può sperare che la perturbazione sarà parziale, e non provocherà la fine del mondo. Probabilmente l'ossido di carbonio non raggiungerà gli strati respirabili della nostra atmosfera. Ma si svilupperò un enorme calore..."

Il cataclisma

La parte anteriore della chioma cometaria era ormai al di qua dell'orbita lunare. Da un momento all'altro avrebbe raggiunto le zone più esterne dell'atmosfera terrestre, a 200 chilometri d'altezza...
La secchezza dell'aria diventò a un tratto intollerabile; un calore di forno soffiò dall'alto e un disgustoso odore di zolfo, causato dall'ozono elettrizzato al massimo, appestò l'atmosfera. Era la fine?
Un urlo altissimo dominò tutte le angosce.
La Terra brucia! La Terra brucia! Si sentiva gridare da ogni parte in un frastuono terribile...
Effettivamente, l'orizzonte ora sembrava illuminato da una corona di fiamme bluastre. Come era stato previsto, l'ossido di carbonio bruciava nell'aria producendo anidride carbonica. Probabilmente, anche, dell'idrogeno cometario vi si andava lentamente combinando... E ciascuno credette di vedere come un fuoco funebre intorno a un catafalco..
Improvvisamente, mentre l'umanità terrificata guardava fissamente, immobile, silenziosa, pietrificata dalla paura, la volta celeste sembrò squarciarsi dall'alto in basso, e dall'enorme apertura fu come se una gola smisurata vomitasse fasci di fiamme verdi, scoppiettanti; il bagliore fu così terribile, che quanti non s'erano ancora rifugiati nelle cantine, uomini, donne, vecchi, bambini, tutti insieme si precipitarono per le scale degli edifici e discesero come valanghe nel sottosuolo, già affollatissimo. Ci furono una quantità di morti, in primo luogo per schiacciamento, poi per apoplessie, aneurismi e pazzie improvvise degenerate in febbri cerebrali. La ragione dell'uomo sembrò improvvisamente annientata per lasciar posto a uno stupore folle, incosciente, rassegnato, muto.
Solo alcune coppie abbracciate sembravano estranee al cataclisma, noncuranti del terrore generale, perdute com'erano in se stesse e nel loro amore. Mentre le ultime aeronavi fuggivano verso gli antipodi...
Gli astronomi, sulle terrazze o negli osservatori, erano rimasti ai loro posti e fotografavano incessantemente i mutamenti del cielo. Essi furono da quel momento gli unici testimoni dell'urto della cometa, a parte qualche rarissimo coraggioso, che osò continuare a guardare il cataclisma dietro i vetri delle alte finestre dei piani superiori.
Secondo i calcoli, la terra avrebbe traversato l'atmosfera cometaria a un quarto di distanza dal centro. Per cui, essendo il diametro della cometa circa sessantacinque volte quello terrestre, e la sua velocità di 173.000 km. all'ora, la traversata sarebbe durata quattro ore e mezzo...
Erano passati circa quaranta minuti dal primo contatto, quando il calore dell'incandescente fornace e il tremendo odore di zolfo aumentarono in modo da impedire a chiunque di restare all'aperto. Anche gli astronomi allora lasciarono gli osservatori, richiudendo ermeticamente le cupole dietro di sé, e discesero nei sotterranei. Solo una giovane astronoma, in tutta Parigi, restò ancora qualche secondo sulla terrazza, quanto bastò per assistere all'irruzione di un formidabile bolide, apparentemente quindici o venti volte più grande della Luna, che precipitò verso sud con la velocità del lampo. Ma mancavano le forze per poter fare qualsiasi rilievo. Non si respirava più. Al calore e alla secchezza, deleteri per le funzioni vitali, si aggiungeva l'avvelenamento dell'atmosfera per l'ossido di carbonio che incominciava a prodursi.
Le orecchie rintronavano come per colpi sonori di campana, i cuori acceleravano violentemente i loro battiti, e sempre quell'odore irrespirabile di zolfo! Contemporaneamente, una pioggia di fuoco precipitò dai cieli, una pioggia di stelle e di bolidi, di cui la maggior parte non arrivava al suolo; molti, tuttavia, scoppiarono come bombe e colpirono i tetti delle case provocando incendi.
Il cielo s'infiammò. Al fuoco del cielo si alternavano ora i fuochi della Terra, come se un esercito di lampi avesse improvvisamente acceso il mondo. Assordanti scoppi di tuono si succedevano senza interruzione, provocati in parte dall'esposizione dei bolidi e in parte da una violentissima tempesta, dove pareva che tutto il calore atmosferico si fosse trasformato in elettricità. Un incessante martellamento, che faceva pensare a un suono lontano di tamburi, riempiva le orecchie di un continuo, sordo ronzio, inframmezzato da terribili colpi e da sinistri sibili; e poi si udivano clamori selvaggi, come l'ululo di una immensa caldaia che bolle, violente esplosioni, cannoneggiamenti; e ancora, i gemiti del vento, scosse del suolo come se la Terra sprofondasse...
Tutti, allora, si rassegnarono a essere sepolti sotto le rovine dell'incendio universale... Un supremo abbraccio unì i corpi di color che non si erano lasciati e che non desideravano ormai altra consolazione che di morire insieme...

Il risveglio

Ma il grosso dell'esercito celeste era passato e nell'atmosfera si era prodotta una specie di rarefazione, un vuoto, forse a causa delle esplosioni meteoriche, giacché tutto a un tratto i vetri delle case andarono in frantumi, proiettati al di fuori, e le porte si spalancarono da sole. Si levò un vento terribile, che accelerò l'incendio e rianimò gli uomini, i quali riaprirono gli occhi alla vita e uscirono dall'incubo. Subito dopo si scatenò una pioggia torrenziale.
"... Chiedete Il XXV Secolo! Lo sprofondamento del Papa e di tutti i vescovi. La caduta della cometa su Roma. Il XXV Secolo!"
Era passata meno di mezz'ora dalla fine della tempesta celeste. La gente incominciava a risalire dalle cantine, rendendosi appena conto di esser viva; usciva inconsciamente dal sogno, senza ancora accorgersi degli incendi dilaganti malgrado la pioggia torrenziale, e già la voce acuta degli strilloni riempiva Parigi, Lione, Marsiglia, Bruxelles, Londra, Vienna, Torino, Madrid, tutte le città appena risvegliate; dappertutto si urlava la stessa notizia e, prima ancora di pensare a spegnere gli incendi, tutti comperavano il grande giornale popolare a un centesimo, ancora fresco di stampa.
"Il Sacro Collegio sterminato dalla cometa. L'impossibilità di eleggere un nuovo papa..."
Gli strilloni si alternavano. Tutti volevano sapere quanto c'era di vero in quella notizia, e tutti acquistavano il grande giornale "socialista popolare".
Ecco cos'era successo.
Un finanziere americano, proprietario del giornale mondiale Il XXV Secolo, aveva pensato di arricchire a modo suo le notizie sul cataclisma, in base al sacro principio che qualsiasi notizia va debitamente "gonfiata" a beneficio del pubblico e, naturalmente, della tiratura del giornale... Aveva dunque giudicato opportuno di starsene in permanenza al suo telefono, trasferito per la circostanza in un'ampia galleria sotterranea ermeticamente chiusa. Proprietario di speciali linee che collegavano Parigi alle principali città del mondo, egli era rimasto costantemente in contatto coi suoi reporter.
Il nucleo della cometa imprigionava, in una massa di gas incandescente, un certo numero di concrezioni uranolitiche, di cui alcune misuravano parecchi chilometri di diametro. Una di queste masse aveva raggiunto la Terra, non lontano da Roma, e i fonogrammi del corrispondente romano avevano annunciato quanto segue:
"Tutti i cardinali, tutti i prelati del Concilio erano riuniti nella cattedrale di San Pietro per attribuire ancora una volta al Papa il merito della salvezza di Roma, se Roma si fosse salvata... Circondato dalle sfavillanti luci del primo tempio della cristianità, fra le pie implorazioni levantisi dai canti delle confraternite, gli altari fumanti d'incenso e gli accordi cupi degli organi che si espandevano nella profondità dell'immensa cattedrale, il Papa, seduto sul suo trono d'oro, guardava, prosternata ai suoi piedi, la schiera dei fedeli, rappresentante l'intera cristianità delle cinque parti del mondo. Si era appena alzato per impartire la suprema benedizione, quando, cadendo dal cielo, un blocco di ferro massiccio, grande come la metà di tutta Roma, ha schiacciato, con la rapidità del fulmine, il Papa e la chiesa; facendo precipitare il tutto in una voragine di profondità inconcepibile, una vera caduta negli abissi dell'Inferno! Tutta l'Italia ha tremato e lo spaventoso rombo di un tuono era stato sentito fino a Marsiglia".
"Da tutte le città d'Italia s'è visto il bolide al centro dell'immensa pioggia di stelle e dell'incendio dell'atmosfera. Esso ha illuminato la penisola come un nuovo sole, di un rosso vivissimo, e un formidabile schianto è seguito alla sua caduta, come se veramente la volta celeste si fosse squarciata dall'alto in basso". (Si trattava del bolide che era stato oggetto dell'ultima osservazione della giovane astronoma dell'Osservatorio di Parigi, nel momento in cui, malgrado la sua buona volontà, la scienziata non aveva più potuto restare nell'atmosfera soffocante del cataclisma).
Lo speculatore americano, proprietario del XXV Secolo, man mano che riceveva i messaggi, emanava gli ordini dal suo studio e dettava le notizie sensazionali al suo giornale, stampato contemporaneamente a Parigi e nelle principali città del mondo. E così i comunicati da lui trasmessi apparvero, poco più tardi della fine del cataclisma, contemporaneamente a New York, a Pietroburgo, a Melbourne...
Mezz'ora dopo la prima edizione, ne uscì una seconda.
"Leggete l'incendio di Parigi e di quasi tutte le città d'Europa, la scomparsa definitiva della Chiesa cattolica. Roma in cenere... Chiedete Il XXV Secolo, seconda edizione".
E, in questa nuova edizione, si poteva già leggere una dissertazione molto concisa, scritta da un giornalista competente, sulle conseguenze della sparizione del Sacro Collegio. Il redattore faceva rilevare che, dopo i Concili del Laterano dell'anno 1179, di Lione del 1274, di Vienna del 1312 e in base ai decreti di Gregorio X e di Gregorio XIII, i sommi pontefici non potevano essere eletti che dal conclave dei cardinali. I concili e i decreti non avevano previsto il caso di morte collettiva di tutti i cardinali. Quindi, secondo la giurisdizione ecclesiastica, non poteva più essere eletto alcun papa. Per questo stesso motivo, la Chiesa non aveva più il capo e San Pietro non aveva altri successori. Era dunque la fine della Chiesa cattolica?
"Chiedete Il XXV Secolo, quarta edizione. La comparsa di un nuovo vulcano in Italia, una rivoluzione a Napoli. Acquistate il giornale".
Questa quarta edizione era seguita alla seconda senza preoccupazione della terza. Pubblicava che un bolide, del peso di centomila tonnellate o forse di più, era piombato, con la velocità più sopra riferita, sulla solfatara di Pozzuoli e aveva trapassato la sottile superficie dell'antica arena, che era sprofondata; le fiamme del sottosuolo si erano sprigionate, aggiungendo un nuovo vulcano al Vesuvio e illuminando di lampi i Campi Flegrei. I napoletano avevano interpretato il fenomeno come un segno del Cielo e la rivoluzione, che covava sotto il terrore, aveva incominciato a manifestarsi col saccheggio del Palazzo Reale.
"Chiedete il XXV Secolo, sesta edizione. La comparsa di una nuova isola nelMediterraneo, le conquiste dell'Inghilterra..."
Un frammento del nucleo della cometa si era conficcato nel Mediterraneo, a ovest di Roma, e aveva formato un'isola irregolare, emergente cinquanta metri dal livello del mare, lunga 1.500 metri e larga 700. Il mare aveva incominciato a ribollire tutto intorno ed enormi cavalloni avevano sommerso le spiagge. Ciò nonostante, proprio lì si era trovato un inglese, preoccupato solo di sbarcare in un'insenatura della nuova isola, scalare la roccia e andare a piantare la bandiera britannica sulla più altra sommità.
In ogni parte del mondo, durante quella notte dal 13 al 14 luglio, il giornale del famoso speculatore era stato diffuso a milioni di copie, redatte telefonicamente dall'ufficio dello stesso direttore, che aveva saputo monopolizzare tutte le notizie dello sconvolgimento. Dappertutto la gente si era precipitata avidamente su queste notizie, ancor prima di pensare a riunire la forza per spegnere gli incendi. La pioggia, in un primo momento, aveva portato un aiuto insperato, ma le distruzioni erano immense, sebbene quasi tutti gli edifici comportassero un'armatura di ferro. Le compagnie di assicurazione invocarono il caso di forza maggiore e si rifiutarono di pagare. Per contro, le assicurazioni contro l'asfissia avevano realizzato in otto giorni delle fortune colossali.
"Chiedete Il XXV Secolo, decima edizione. Il miracolo di Roma. Acquistate il giornale".
Quale miracolo? Ma no, una cosa molto semplice. Il XXV Secolo ammetteva, in questa nuova edizione, che la notizia da Roma non era poi risultata molto ben fondata, e che il bolide... non aveva schiacciato assolutamente nulla a Roma, ma era anzi caduto molto lontano dalla città. San Pietro e il Vaticano erano stati miracolosamente risparmiati. Il giornale, comunque, s'era venduto in tutti i paesi del mondo a centinaia di milioni di copie. Il che, naturalmente, è sempre quello che conta di più...

FINE